La Grande Patrimoniale è già tra noi. L'Imu, la nuova Trise, l'aumento della tassazione delle rendite finanziarie, l'Iva più salata, le accise maggiorate, le imposte sul lusso: negli ultimi anni lo Stato ha spremuto gli italiani tassando pesantemente il loro patrimonio o il loro consumo, riducendo ulteriormente l'accumulazione di risparmio. Ricordate quando il ministro dell'Economia del governo Berlusconi - Giulio Tremonti - ricordava come l'Italia avesse sì un elevato debito pubblico, ma anche un "enorme stock finanziario attivo, il risparmio privato"? Ebbene, pochi commentatori furono espliciti nel decodificare il messaggio tremontiano: per tenere in piedi le sgangherate casse dello Stato italiano, evitare il default e continuare a rispettare il parametro comunitario del 3% deficit/Pil, si sarebbe potuto attingere ai forzieri delle famiglie italiane. Sta accadendo, è già accaduto.

Accade però che nel frattempo l'economia italiana scivola ulteriormente verso il basso, vittima delle debolezze strutturali e della stessa stretta fiscale. Siamo in pieno avvitamento, non ne usciremo con tagliuzzamenti e semplice manutenzione dell'esistente: nel suo contributo Mario Seminerio, autore del blog Phastidio.net e membro della redazione di Strade, invita a non illudersi di poter agganciare passivamente una fantomatica "ripresa".Questa rivista - che ha iniziato le sue pubblicazioni quotidiane il 10 ottobre e che oggi presenta ai suoi venticinque lettori il numero zero del suo mensile - nasce in un periodo buio. Il dissesto finanziario dello Stato italiano è ormai conclamato e si accompagna tristemente al decadimento culturale e morale della società e delle istituzioni repubblicane. L'emigrazione è una opzione della quotidianità per milioni di giovani: Internet e le reti sociali hanno contribuito a renderla meno traumatica del passato, ma l'emorragia di capitale umano dal Paese è drammatica.

Debuttare nel mondo delle opinioni in questa fase storica è forse una scelta azzardata, ma se permettete è anche un piccolo atto d'amore per l'Italia. Se stacchiamo gli occhi dalla contingenza, non possiamo che ritrovare un senso storico e razionale dell'ottimismo. Antonio Pascale scrive che la vita dell'uomo sul pianeta è migliorata nel corso del tempo, può continuare a migliorare se ci affidiamo alle armi della scienza, della tecnologia e dell'innovazione. L'Italia del 2013 è un letamaio, con una classe dirigente ancora saldamente a guida sessantottina (leggete Riccardo Puglisi a riguardo), ma dal letame possono nascere i fiori. Stiamo imparando, scrive ad esempio Marco Valerio Lo Prete, che la spesa pubblica non è una variabile indipendente.

Ultima annotazione. Il sistema politico sembra aver espulso o emarginato gli afflati riformatori più genuini e radicali: se in Germania i liberali non hanno superato lo sbarramento del 5% (nel numero, troverete un'intervista all'ex deputato FDP Frank Schaeffler), in Italia la cultura della libertà e della responsabilità individuale oggi fatica a trovare qualsivoglia forma di partecipazione politica, fuori e dentro dal Parlamento. Quelli che volevano "fermare il declino" - il movimento omonimo animato da Oscar Giannino, ma anche Scelta Civica di Mario Monti - hanno subito un brusco ridimensionamento rispetto alle aspettative e alle ambizioni pre-elettorali. Il campo berlusconiano fa un uso solo retorico del concetto di libertà, distorcendolo nella teoria e nella pratica. Matteo Renzi appare ambiguamente tentato di una svolta “a sinistra”, per conquistare la leadership di un partito che è di sinistra. Ciò non rende le ricette della libertà meno urgenti e auspicabili (anzi, lo sono più di ieri), ma impone il ripensamento del linguaggio, degli strumenti e del posizionamento politico. Il cammino del riformatorismo liberale è lungo, non può essere sacrificato sull'altare delle piccole ambizioni personali o vanificato illudendosi di poter appaltare all'esterno le proprie idee, magari all'ennesimo tecnico della Provvidenza. Come potranno ritrovare centralità i Whig italiani? È questo un dibattito al quale Strade vuole offrire spazio e contenuti. Pur se indebolito dall'affermazione del M5S, lo schema bipolare centrodestra-centrosinistra non è morto, perché è assolutamente viva la dinamica bipolare della competizione. Con questa evidenza si dovrà fare i conti, nel bene e nel male.

In bocca al lupo a noi.

@piercamillo

 

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