Il pessimista ha ragione quando dice che il mondo non può continuare così, ma il fatto è che sta già cambiando. Il pericolo non è nel cambiamento, ma nella sua eccessiva lentezza

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Lo storico dell’economia (e premio nobel), Robert Fogel ha elaborato un singolare diagramma. Illustra la crescita della popolazione in relazione all'innovazione tecnologica. Sull’asse verticale la popolazione, su quello orizzontale l’innovazione tecnologica (in senso lato). Passa il tempo, ne passa tanto, millenni come uno schiocco di dita e nonostante alcune significative scoperte (irrigazione, stampa, metallurgia) non accade nulla, la popolazione sembra procedere lungo una noiosa linea retta, quasi parallela all’asse orizzontale. Poi dopo la rivoluzione industriale la curva comincia a muoversi, disegna un gobba, pare  alzare la testa. Ma è solo di recente, ai primi del novecento, che cambia tutto, cresce il tasso di innovazione tecnologica (motore elettrico, telegrafo, automobile, penicillina, la scoperta del DNA) e di conseguenza la popolazione. La curva si impenna violentemente verso l’alto, come una sequoia. La cifre sono impressionanti: Quando sono nato, nel 1966, c'erano tre miliardi di persone al mondo. Nel 1974 quattro miliardi, nel 1987, cinque miliardi. Nel 1999 sei miliardi, a ottobre  2010 sette miliardi.  Incredibile, nel giro di 40 anni la popolazione è raddoppiata.

Questo diagramma apre il primo capitolo del libro di Fogel: fuga dalla fame e dalle malattie (edizioni Vita e pensiero). Il capitolo si intitola: perché il XX secolo è stato così meraviglioso. Che detta così fa impressione. Il XX secolo... due guerre, un genocidio. Robert Fogel però insiste: il ventesimo secolo è stato meraviglioso perché abbiamo sconfitto la fame e la malattia. In effetti, durante questo secolo cambiano un sacco di indicatori, tutti associati al benessere fisico e intellettuale. Cresce l'altezza media, il peso,la massa toracica, il QI, decresce la mortalità infantile, sale l'aspettativa di vita. Come abbiamo fatto? Abbiamo sconfitto la fame. Un corpo ben nutrito è un corpo più forte, più resistente alla malattie. In sostanza, con un corpo più forte siamo stati capaci di accogliere l'innovazione tecnologica.  

Sì, abbiamo sconfitto la fame: oggi, in effetti, parliamo tanto del cibo, in versione fast e slow. I programmi televisivi di successo sono quelli culinari. I libri di ricette vendono molte migliaia di copie. Questo vuol dire solo una cosa: il cibo ce l’abbiamo. Solo 100 fa non era così. E l’abbiamo dimenticato. Ma basterebbe leggere Pinocchio di Collodi nella sua interezza per accorgersi che parla solo della fame. Più prosaicamente si potrebbe raccontare senza farsi suggestionare dai lirismi la vita dei nostri nonni. Prendete mio nonno Antonio: contadino, vissuto ai primi del novecento, proprio lì, prima che la curva si alzasse. Contadino  biologico. Non aveva agrofarmaci, né concimi, né miglioramento genetico, né macchine agricole. Risultato: fame. Mio nonno non era sottonutrito, ma mal nutrito. La dieta era povera e la maggior parte delle calorie venivano dall’alcol.

I nostri nonni. Gli ultimi rappresentanti di un certo modo di fare agricoltura, durato millenni - e che a guardarlo ora, è commovente. Fame sconfitta dunque e innovazione tecnologica che comincia a cavalcare. C’è da essere ottimisti? Matt Ridley pensa di sì. Aggettiva anche l’ottimismo: razionale. Appunto, un ottimista razionale (codice edizioni). Invita a guardare  i dati empirici: meno soggettività, più analisi. Sono cambiate tante cose, ci dice nell’introduzione. Soprattutto il modo di produrre. Oggi come non mai, le idee fanno sesso. Intende dire – ed è la tesi centrale e portante del suo libro – che gli scambi tra gli uomini, dunque le idee, si sono negli ultimi cent’anni moltiplicati in maniera esponenziale. Tutto quello che usiamo nasce da una collaborazione globale, possibile solo in funzione della rivoluzione tecnologica. E’ solo per colpa del nostro cervello - di alcuni errori valutativi, bias -  ancora molto abituato a pensare per piccoli gruppi – un retaggio dell’evoluzione- se non ci accorgiamo del cambiamento.

Più scambi, più reddito, più libertà, dunque più tempo libero, più scelte – sono le tesi che a cascata discendono da quella principale. Spesso Ridley, da buon saggista anglosassone, inserisce degli esempi pratici, d’uso comune: prendete il Re Sole, ci dice. Sappiamo che allora ogni giorno più di 400 persone lavoravano per lui. Facile l'equazione: il re era il re, perché c'erano tanti poveri. La produzione si concentrava ad uso e consumo dei potenti. Ma ora? Per esempio, quante persone lavorano per me? Ogni giorno. Quante persone lavorano per me per produrre, per esempio, un cellulare? Il cellulare nasce dall'idea della plastica, dei transistor e del design. La plastica deriva dal petrolio. Quanti geologi hanno trovato la vena petrolifera? Quanti ingegneri hanno costruito la piattaforma petrolifera? Quanti camionisti hanno portato il petrolio in raffineria....e pensate ai microchip. Un chip è un circuito elettronico stampato su un cm2 di silicio. Un centimetro quadrato, un pezzo piccolissimo, eppure viene disegnato da tante ditte informatiche, prima di essere assemblato, cioè fisicamente montato - e tra l’altro spesso se ne occupano, materialmente, più ditte. 

E il design? Insomma, sono più di 400, forse migliaia di migliaia, non ne conosciamo nemmeno uno e non c’è più una persona capace di progettare e realizzare il cellulare intero: ognuno ne fa un pezzo. Le idee dunque sono messe in comune e lo scambio – insiste Ridley – la collaborazione altruistica, ci ha portato, certo con grande fatica e inciampi, fin qui. Senza scambi, senza mercato, sulla base di principi autarchici non avanziamo, arretriamo. Ridley è un saggista eclettico, un biologo che spazia con sicurezza tra antropologia, economia, psicologia cognitiva. Cerca, riuscendoci, di portare la nostra attenzione su una questione: se questo non è il migliore dei mondi possibile, figuriamoci gli altri. Figuriamoci se lo era il passato. Ci invita ad affiancare alle nostre conoscenze intuitive quelle valutative comparative. Se analizziamo i dati, se liberiamo la nostra valutazione da disturbi, quali la retrospezione rosea (la tendenza a credere che il passato sia migliore del presente) possiamo tirare un po’ il fiato, il mondo è migliorato e potrebbe tendere ancora al meglio – dipende, si capisce, da noi.

E per grandi numeri com’è il mondo oggi? Eravamo tre miliardi solo 50 anni fa, divisi tra un miliardo di benestanti – che potevano permettersi la macchina-  e due miliardi di poveri – potevano acquistare al massimo le scarpe. Ora? Due miliardi sono ancora poveri (800 milioni sotto la soglia di 1 dollaro e mezzo al giorno) e possono permettersi solo le scarpe. Quel miliardo di benestanti si è spostato in avanti, ora possono permettersi l'aereo (solo per intenderci, nel 1960, 300 milioni di persone prendevano l'aereo ogni anno, oggi sono 3 miliardi di persone). E gli altri 4 miliardi? tre miliardi possono permettersi la moto – le economie in via di sviluppo - e un miliardo è dove eravamo noi 40 anni fa: possono permettersi la macchina.

Migliorato o peggiorato? Cominciamo dalle cattive notizie. La distanza tra i ricchi e i poveri è aumentata. Poche persone posseggono tanto reddito. E’ difficile sentirsi parte di una democrazia globale se la ricchezza è concentrata nelle mani di pochi. Seconda cattiva notizia: le risorse si stanno esaurendo. Bisogna trovarne altre - e più sostenibili. E Ridley ci dice – con un enorme mole di esempi e dati - che solo lo sviluppo tecnologico può risolvere il problema.  Buone notizie? Anche se può sembrare strano, il tasso di violenza sta scendendo. La mortalità infantile è in calo in tutto il mondo, e i poveri al di sotto la soglia di un dollaro e mezzo stanno diminuendo. L'aspettativa di vita cresce, la mortalità per parto in calo. I diritti civili in aumento. Cosa bisognerebbe fare per continuare con l’ottimismo? Fare uscire le persone dalla povertà, è una priorità. Più poveri più figli. Più ricchezza meno figli. Quei due miliardi di poveri hanno un alto indice di fertilità. Ma se prima su 6 figli 4 ne morivano, ora, per fortuna, su 6, 4 sopravvivono. Dunque, se queste persone non usciranno dalla povertà, il tasso demografico raddoppierà in una generazione.

Sono problemi che non possiamo ignorare, e per farlo è necessario pensare in grande, guardare lontano. Sostituire l’io con il noi e collaborare su vasta scala, scambiandoci idee “per il bene comune”. E' difficile ma bisogna provarci e per darci forza guardiamo razionalmente i dati, ci dice Ridley. C’è da essere ottimisti ma senza razionalità e analisi e valutazioni serie, senza tutto questo non è detto che il mondo migliorerà: il pessimista ha ragione quando dice che il mondo non può continuare così, ma il fatto è che sta già cambiando. Il pericolo non è nel cambiamento, ma nella sua eccessiva lentezza.