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Lo sciopero finisce dunque tra le cose - le ormai tantissime - che l’emergenza italiana in via di sempiternità mette ai margini del democraticamente ammissibile. Temo che non si tratti, come invece ha ipotizzato qualcuno (sobrio, ritengo), del ripudio neo autoritario per il conflitto di classe e della premiazione della regola del profitto assunta a esclusiva degli intendimenti di governo.

Né so giudicare se il fondamento dell’agitazione risieda invece - come altri ha vagheggiato - in una inedita e temibile immutazione populista dell’iniziativa sindacale. Convincente l’una o l’altra analisi, resta tuttavia vero - e a me, sommessamente, pare questo il problema - che pressoché generalmente non si contestava “quello” sciopero, né la motivazione per cui esso era organizzato, ma il fatto che fosse organizzato.

Non quel che si dice il contenuto della rivendicazione, quindi, né il fine, né la premessa, né il modo, né il titolare: ma il diritto di farla. Il diritto di scioperare, appunto. Il quale era in discussione - non mi pare di reperire argomenti più raffinati - perché, signora mia, c’è il Covid. Vale a dire la cosa che, se rendeva irresponsabile il runner solitario tra i filari di pannocchie o il vecchietto che pisciava il cane oltre i duecento metri da casa, identicamente e anzi a maggior ragione consegna all’inammissibilità l’esercizio di quest’altro diritto costituzionale che è scioperare. Perché, e anche questa volta l’interlocutrice è la signora mia, siamo in unità nazionale, quella che per mesi ha mandato in cantina il sistema rappresentativo sostituendolo con il decreto personale del capo del governo che via Facebook ci spiegava la virtù pedagogico-penitenziale di quell’ordinamento, con la promessa che ne saremmo usciti migliori.

Magari - magari! - fosse stata l’occasione per discutere del posizionamento e della funzione del sindacato italiano in un quadro economico e sociale cambiato ben prima che intervenisse il Covid, e per ragioni sistematiche un filino più complesse e durature. No, invece: se ne discute perché anche tutto questo, anche l’intervento sindacale, anche il diritto di sciopero, anche il normale disbrigo dell’ordinario democratico, deve essere recessivo a petto dell’emergenza nazionale.

@iurimariaprado