tampone grande 1

È ormai evidentissimo che discutere della liceità, dell’opportunità, dell’efficacia delle regole rivolte a imporre il green pass non si può, e che l’inibitoria non riguarda gli argomenti adoperati e nemmeno i toni con cui essi provano a manifestarsi: non si può punto e basta. Può esserci anche una specie di buona fede a motivare questa indubbia censura, cioè l’idea di non dare spazio a nessuna impostazione capace di compromettere l’attuazione delle politiche sanitarie, lo sviluppo pieno dell’azione pubblica che, per il bene comune, ha necessità di imporsi indisturbatamente.

Ma il frutto di quella buona fede è un dibattito pubblico in cui l’impostazione contraria - si ripete, a prescindere dagli argomenti che la sorreggono - o è vietata o è rappresentata come espressione di rimbecillimento, quando non di più o meno formulata intenzione sovversiva. Si neghi - e voglio vedere come - questo fatto inoppugnabile: “no green pass”, nella rappresentazione corrente, rinvia in modo automatico ed esclusivo al profilo del filosofo rincoglionito o a quello del delinquente che assalta una sezione sindacale. Il tutto, con il puntuale corollario (è l’altra faccia della specie di buona fede di cui sopra: ed è pura mala fede) secondo cui quelle ruminazioni accademiche finiscono a produrre, se non proprio a giustificare, le violenze di quegli altri.

I sostenitori della bontà delle scelte impositive - comprese quelle che spiegano ai padroni (si dice ancora?) cosa fare quando “sorprendono” un lavoratore senza green pass - dovrebbero dimostrare di saper tenere la posizione senza mettere ai margini della società civile quella contraria. Che è invece ciò che puntualmente accade, perché il presupposto è difendere quelle scelte costi quel che costi, facendo le mostre che ad opporvisi possa essere soltanto un forsennato o un mascalzone.

E così, se provi a dire cose semplicemente discutibili, ma che fino a prova contraria sarebbe ancora legittimo poter dire - per esempio che l’obbligatorietà del green pass presenta qualche dubbio di compatibilità costituzionale, tanto più se pretende di attuarsi in un dépliant di “linee guida” allegato a un Dpcm di un rigo - allora passi per quello che dice cose indiscutibilmente inenarrabili: cose che appunto non si possono dire se non da parte del pazzo o del portatore di un interesse infame. A quando una ben intenzionata legge che in nome della salute pubblica e in difesa della memoria dei centotrentamila morti punisce chi “denigra” i valori del green pass?