Alla Germania con odio e dalla Russia con amore
Istituzioni ed economia
Negli stessi giorni in cui la Germania è tornata nel mirino di una propaganda “antinazista” che ha i caratteri psicologici e ideologici dell’antifascismo stalinista, la Russia è stata gloriosamente alloggiata dal nostro Governo nel Pantheon dei salvatori della Patria malata. Il ministro Di Maio ha accolto negli scorsi giorni a Pratica di Mare una missione - sobriamente denominata "Dalla Russia con amore" - di ufficiali dell’esercito e dei servizi di Mosca, in un’orgia di baci, abbracci e strette di mano incuranti di igieniche misure di distanziamento sociale e politico.
Da quel che si è capito questi rispettabili esperti di guerra batteriologica, con competenze sperimentate in ogni dove e ultimamente nella “Siria chimica” di Assad, avrebbero dovuto assistere la Protezione Civile nelle attività di sanificazione e disinfezione delle strutture sanitarie. Il quotidiano La Stampa ha fatto una meritoria inchiesta, da cui emerge che il loro lavoro è molto più indeterminato e sospetto, e coerente con il loro mestiere di militari e agenti di intelligence.
Per tutta risposta i giornalisti de La Stampa hanno incassato prima una reprimenda da parte dell’Ambasciatore russo in Italia, poi un avvertimento mafioso del Portavoce del Ministero degli esteri russo, che si conclude con la minaccia esplicita “di imparare” che “Qui fodit foveam, incidet in eam (chi scava una fossa al prossimo ci finirà prima)”. Per chi vuole approfondire tutta la vicenda, con i link più significativi, segnalo questa sintesi de Il Post.
Molto significativa è stata la, chiamiamola così, reazione del nostro esecutivo che in un’anonima nota congiunta dei Ministeri di esteri e difesa ha dichiarato di “non potere non biasimare il tono inopportuno di certe espressioni utilizzate”. Reazione fermissima, come usa dire.
Negli stessi giorni, la polemica contro l’assenza di solidarietà europea è culminata in una vera campagna di odio e di disprezzo contro la Germania, che è da anni la sputacchiera dei professionisti della frustrazione populista e per questo è assurta a simbolo della protervia europea. Non è una vicenda nuova, i paralleli impliciti e espliciti tra la Germania merkeliana e quella nazista sono una costante della narrazione forza-fascio-leghista da almeno un decennio e il successo della Germania post euro, messo in parallelo con il declino economico e civile dell’Italia, ha scatenato ogni sorta di recriminazione.
Se questo però si può comprendere sul piano della psicologia sociale, non può essere autorizzato sul piano della polemica politica. In realtà la paranoia anti-tedesca è il corrispondente “democratico” della retorica contro la Perfida Albione del regime fascista. Un'espressione di risentimento e di vittimismo, figlio di un irrimediabile complesso di inferiorità e ribaltato in un comodissimo esercizio di cattiva coscienza.
Della Germania gli italiani disprezzano non le colpe, ma i meriti e invidiano non la “fortuna”, ma la capacità di propiziarla con le stesse regole – quelle dell’eurozona e del mercato comune – su cui l’Italia nell’ultimo ventennio si è accomodata e addormentata con la superbia della nobile decaduta. Se la Germania in meno di trent’anni è riuscita a riunificare, tra mille problemi, due Germanie divise e antropologicamente programmate per odiarsi, l’Italia nello stesso periodo è riuscita a disintegrare ulteriormente un’unità mai perfezionatasi in un secolo e mezzo di tentativi.
Non è neppure escluso che nel sentimento prevalente degli italiani “brava gente” ci sia anche una sorta di invidia morale per un Paese che ha elaborato radicalmente la questione della colpa nazista, come un monito perenne inscritto nella sua storia passata e futura, a fronte di un’Italia che ha liquidato il ventennio fascista come una parentesi o un’infezione esterna o addirittura come un commendevole progetto scappato di mano, proprio per colpa tedesca, ai disegni del Cavaliere Mussolini.
Peraltro, la solidarietà pretesa dai tedeschi si fonda su un presupposto del tutto falso, come se l’epidemia riguardasse noi e non anche loro, come se sul piatto ci fosse il peso morale dei nostri morti e non dei loro, come se l’insufficienza delle nostre terapie intensive e l’insopportabile abbondanza delle loro fosse il prodotto di un destino cinico e baro. Come se alla fine i malati in fila negli ospedali esplosi della Lombardia leghista non finissero, già oggi, proprio in Germania.
Fare di tutto questo una questione politica nel senso puramente istituzionale del termine sarebbe riduttivo. Il partito unico della “cattiva Germania” e “buona Russia” unisce governo giallorosso e opposizione neroverde. Ma unisce soprattutto l’Italia profonda che in questo governo e in questa opposizione quasi totalitariamente si specchia, unita da una menzogna che i più hanno il disperato bisogno di credere vera.