Zelenskyi grande

Gli April fools in russo Aprelskimi durakami, ossia i pesci di aprile, sono una tradizione molto in voga a Odessa, città ucraina di lingua russa famosa, oltre che per la scalinata Potemkin, immortalata nel celebre film di Eiseinstein La corazzata Potemkin, per lo spirito cosmopolita e goliardico della propria popolazione, la più scanzonata dell’intero Paese.

Lunedì 1° aprile 2019 in Ucraina si è diffusa la notizia che a Odessa un comico televisivo era stato votato presidente dal 41% dei suoi abitanti. Alcuni hanno pensato inizialmente all’ennesimo pesce d’aprile dei soliti odessiti burloni, altri, sono andati a visitare il sito web della commissione elettorale e hanno scoperto che il protagonista della serie tv  “Sluha Naroda”  (servo del popolo) Volodymyr Zelenskyi, già in testa secondo i primi exit poll, aveva effettivamente vinto il primo turno delle elezioni presidenziali ucraine con il 30% dei consensi, con punte oltre il 40% proprio a Odessa.

Il successo di Zelenskyi, che ha nettamente distanziato sia l’attuale Presidente Petro Poroshenko (16%) – i due si sfideranno al ballottaggio domenica 21 aprile – sia l’ex premier arancione Yuliya Tymoshenko (13%), candidata per la terza volta nonostante la luna di miele con gli elettori ucraini sia finita da almeno un lustro, è stato rubricato da molti osservatori di politica internazionale come l’ennesimo trionfo del populismo. Un’analisi sicuramente corretta, ma che merita di essere approfondita e contestualizzata dal momento che il populismo assume forme diverse a seconda dei Paesi e che l’ampia gamma di politici populisti ucraini in lizza annoverava, oltre al quarantenne di Kryvyi Rih, almeno altri tre candidati: Tymoshenko, Boyko e Lyashko.

Prima di analizzare come Zelenskyi declini il suo populismo e quali siano le ragioni del suo trionfo – i paragoni con Grillo come ho già spiegato in un precedente articolo su Strade rischiano di essere fuorvianti – ritengo utile qualche considerazione preliminare basata sui numeri del voto di domenica 31 marzo.

La prima considerazione da fare, osservando cifre e percentuali, è che la rimonta di Poroshenko al secondo turno appare difficile, non solo per lo scarto percentuale che lo separa da Zelenskyi, un 14% equivalente a circa 2 milioni e mezzo di voti, ma perché sia Tymoshenko (13%) sia Boyko (11%) chiederanno ai propri elettori di votare il ‘Servo del Popolo’ o al massimo di astenersi.  Entrambi hanno a cuore la sconfitta di Poroshenko, reo di aver orientato il Paese verso UE e NATO ponendo fine alla scellerate politiche multivettoriali che sono state la principale rovina dell’Ucraina degli ultimi 27 anni.

L’unica differenza tra Boyko e Tymoshenko è che, mentre il primo non fa mistero del suo orientamento filorusso, dimostrando paradossalmente una certa “onestà intellettuale”, pur essendo cresciuto nel Donbas malavitoso di Yanukovych, Tymoshenko, da consumata demagoga, continua ancora ad accreditarsi come europeista presso una certa parte del suo elettorato.    

Poroshenko, che proverà a stringere alleanze con alcuni dei candidati sconfitti al primo turno, si è già rivolto al Paese chiedendo di sostenerlo per un secondo mandato affinché possa consolidare la sua svolta europeista e proseguire la sua opera riformatrice.    

Nelle prossime settimane continuerà a rivendicare quanto realizzato in questi cinque anni (firma dell’Accordo di Associazione con la UE, stabilizzazione dell’economia, regime di liberalizzazione dei visti, riforme nel settore energetico, bancario e sanitario, introduzione del sistema di e-procurement ProZorro, formazione di un esercito efficiente e professionale, concessione dell’Autocefalia alla Chiesa Ortodossa Ucraina) ed enfatizzerà i gravi rischi a cui andrebbe incontro l’Ucraina, tuttora in guerra con Mosca, se alla sua guida si insediasse un comico senza alcuna esperienza politica.

Tornando ai numeri del voto appare evidente come l’effetto Zelenskyi abbia interessato l’intero Paese, con la parziale eccezione delle regioni occidentali di Leopoli e Ternopil, le uniche due conquistate da Poroshenko e quella di Ivano-Frankivsk in cui la maggioranza degli elettori ha scelto Tymoshenko, probabilmente credendo di votare un candidato europeista e non un progetto di Mosca.    

Zelenskyi è risultato vincente in ben 16 oblast, 8 a Nord-Ovest e 8 a Sud-Est. In ben 3 di esse (Dnipropetrovsk, Odessa, Mykolayiv) le percentuali superano addirittura il 40%. Il ‘Servo del Popolo’ ha fatto il pieno di voti anche a Kyiv (27% in città, 30% nell’oblast) e nella regione di Kharkiv (36%), storica roccaforte del Partito delle Regioni di Yanukovych, dove ha sconfitto nettamente l’ex “regionale” Yuriy Boyko fermatosi al 26%.

Alcuni analisti sostengono che il risultato di Kharkiv sancisce la sconfitta definitiva del sovietismo e del filo-russismo anche nell’Ucraina orientale. Personalmente ritengo questa lettura infondata per diverse ragioni. Per prima cosa sovietismo e filo-russismo sono due fenomeni distinti.

Se è vero che a partire dall’epoca di Brezhnev la sovietizzazione dell’Ucraina è andata di pari passo con la russificazione e la russificazione è stata lo strumento principe della sovietizzazione seguita al “disgelo” di Petro Shelest (Primo segretario del Partito in Ucraina dal 1963 al 1972), accusato di nazionalismo e deviazionismo borghese dai vertici del Partito a Mosca, è altrettanto vero che la sovietizzazione in Ucraina, seppure in forme e modalità diverse, ha interessato il Paese per 70 anni.

Venendo a Zelenskyi è evidente come il suo progetto politico-mediatico presenti tutte le caratteristiche, sia dal punto di vista contenutistico sia da quello degli strumenti utilizzati per veicolare il contenuto, del Rusky Myr putiniano.

Al momento non sappiamo se dietro Zelenskyi ci sia direttamente il Cremlino, ma questo è finanche irrilevante. Ciò che rileva è altresì la positiva accoglienza riservata al candidato “Servo del popolo” da tutti i media russi e l’opera di demonizzazione effettuata daglii stessi nei confronti di Poroshenko definito nazista, guerrafondaio e alcolizzato.

La trasformazione del comico Zelenskyi in candidato presidenziale, che servirà onestamente il popolo meglio degli attuali politici ucraini, facendosi dettare il programma di governo dal popolo stesso, come Vasyl Holoborodko, il personaggio da lui interpretato in tivù (un insegnante di storia diventato presidente ucraino per caso), è tipica dell’odierna drammaturgia russa.

Nel capitolo Verità e Menzogne de La Paura e La Ragione lo storico Timothy Snyder descrive e analizza le modalità attraverso le quali la televisione russa ha trasformato la guerra in Ucraina in un reality show.

L’occupazione della Crimea da parte degli omini verdi – nella realtà truppe russe senza mostrine sulle uniformi – è stata raccontata dalle tv russe come una fiction in cui gli omini verdi sono eroici abitanti della Crimea che “adottano misure straordinarie per contrastare la titanica potenza americana”. L’operazione di fiction politica di Zelenskyi presenta le stesse identiche caratteristiche. Lo scrittore Peter Pomerantsev ha definito le narrazioni del Rusky Myr putiniano quelle di un mondo in cui “niente è vero, tutto è possibile”

Se niente è vero, tutto è possibile, se il confine tra politica reale e la fiction politica è talmente labile da scomparire, allora un comico, sostenuto da un ricco oligarca acerrimo nemico di Poroshenko, come Ihor Kolomoyskyi, può salire alla Bankova grazie a una campagna elettorale priva di contenuti e basata essenzialmente su narrazioni mediatiche da drammaturgia russa.

Zelenskyi, pessimo oratore e incapace di esprimersi in ucraino, ha sempre evitato confronti diretti con gli altri avversari, usando solo tv e social media.È interessante notare come il giorno prima del voto, giorno teoricamente di silenzio elettorale, il canale televisivo 1+1 di Kolomoyskyi abbia trasmesso sette ore di spettacoli di Zelenskyi più un documentario sull’ex presidente americano Ronald Reagan doppiato in russo dall’attore.

A parere di chi scrive il successo di Zelenskyi nell’oblast Kharkiv e gli ottimi risultati in quelli di Donetsk e Luhansk, testimoniano, tra le altre cose, come la legacy nefasta dell’homo sovieticus, lungi dall’essere scomparsa, assuma oggi nuove forme. La rete e i social, infettate dal proliferare di fake news, hanno favorito la repressione della conoscenza e creato una nuova forma di sovok, il Sovok 2.0.

La campagna elettorale di Zelenskyi, gestita da spin doctor abili che hanno saputo ampliare il bacino elettorale del comico includendo oltre ai giovani sotto i trentacinque anni, anche persone più mature e anziane – questo video diventato virale ne è un chiaro esempio– si è dimostrata davvero indovinata. Zelenskyi non sfonda solo nel voto degli ucraini all’estero dove si ferma al 26%,  nettamente battuto da Poroshenko (39%).

Il dato italiano, in linea con quello degli ucraini all’estero – vince Poroshenko con ampio margine e Zelenskyi arriva addirittura quinto superato da Koshulynskyi, Smeshko e Hrytsenko –, è però caratterizzato da una scarsa partecipazione al voto. Votano solo 5312 ucraini a fronte di una diaspora di 237.000 persone, di cui circa 190.000 aventi diritto al voto. Anche questo un aspetto su cui riflettere.