mattarella

Come era largamente previsto, il parere della Commissione UE sul Documento Programmatico di Bilancio (DPB) dell’Italia è stato negativo. La Commissione ha altresì richiesto al nostro Governo di presentare un DPB riveduto. 

Naturalmente, la notizia della (scontata) bocciatura ha scatenato il solito vespaio di polemiche, alimentando il permanente clima di rissa tra fazioni alla quale volentieri non partecipiamo. L’occasione però è propizia per riflettere sull’orizzonte costituzionale nel quale si collocano le prossime mosse della vicenda.

Infatti, come è noto, l’ordinamento costituzionale italiano, a seguito della revisione del Titolo V della nostra Costituzione, ha posto come limite materiale alla legislazione nazionale il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (art. 117, 1° co., Cost.)

Ciò ha comportato l’avvio di un orientamento della giurisprudenza costituzionale che ha esteso il consolidato meccanismo del parametro interposto per l’accertamento dell’illegittimità costituzionale, per violazione del citato art. 117, 1° co., Cost., delle eventuali norme legislative in contrasto con gli obblighi internazionali (mentre per quelle in contrasto con i vincoli europei si continua a fare ricorso al meccanismo della c.d. “disapplicazione normativa”, con diretta applicazione della norma comunitaria violata da parte del giudice comune, senza necessità di sollevare l’incidente di costituzionalità).

In questo contesto concettuale, sembra che un’eventuale approvazione della legge di bilancio in assenza di una previa revisione del DPB, come richiesto dalla Commissione, possa rappresentare un problematico caso di dubbia violazione della citata norma costituzionale che pone delicate questioni per il Presidente della Repubblica.

In particolare, il DPB non è conforme agli obblighi internazionali e comunitari previsti in materia di disciplina di bilancio e di governance della zona euro. Tale affermazione è avvalorata dallo stesso Governo italiano, il quale nella nota lettera di risposta del Ministro Tria alla richiesta di chiarimenti della Commissione riconosce che: “per quanto riguarda il sentiero del saldo strutturale, il Governo italiano è cosciente di aver scelto un'impostazione della politica di bilancio non in linea con le norme applicative del Patto di Stabilità e Crescita”.

Tale intreccio indissolubile di obblighi internazionali (Fiscal compact) e vincoli comunitari (Patto di Stabilità e Crescita) rende obiettivamente complicato il compito del Presidente della Repubblica nell’ipotesi di una legge di bilancio approvata dal Parlamento sulla base del DPB bocciato, cioè in aperto contrasto con le indicazioni fornite dalla Commissione.

Infatti, da un lato, avremmo di fronte una legge da promulgare che potremmo definire a illegittimità costituzionale certificata, in virtù dell’articolato parere della Commissione UE, dall’altro lato, l’ipotesi di un rinvio della legge di bilancio ai sensi dell’art. 74 Cost. sembra difficilmente configurabile per le pesanti conseguenze (l’esercizio provvisorio) che ne deriverebbero.

Eppure sembra esservi una soluzione a questo dilemma insolubile. Ci si riferisce alla facoltà prevista dall’art. 87, 2° co., Cost., di inviare un messaggio alle Camere, al fine di esortare (o ammonire) il Parlamento ad approvare una legge di bilancio che tenga conto dei rilievi evidenziati dalla Commissione (e non solo) per l’esatto adempimento degli obblighi nazionali in materia. Peraltro, ciò potrebbe consentire alle forze di governo molto verosimilmente di uscire dall’angolo in cui sembrano essersi poste: esse rischiano di non potere politicamente tornare sui loro passi, per il timore di uscire perdenti dallo scontro che hanno tanto voluto con le istituzioni comunitarie.

Al riguardo, tra le molte dichiarazioni bellicose dei principali esponenti del governo, ce ne è stata infatti una del Ministro Salvini («l’unico organismo che può migliorare la manovra italiana è il Parlamento italiano») apparentemente battagliera, ma che, in realtà, apre uno spiraglio.
Proprio per questo un messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica in tal senso potrebbe favorire (e incoraggiare) le forze parlamentari a trovare una soluzione di equilibrio tra l’attuazione del contratto di governo e lo sviluppo sostenibile della finanza pubblica.

È vero che il Capo dello Stato ha già prontamente esternato la sua esortazione al rispetto dell’equilibrio di bilancio, che non è un concetto astratto ma una concreta misura di tutela dei soggetti più deboli, ma questo è un momento grave ed è, forse, doveroso utilizzare gli strumenti e i poteri che la Costituzione gli attribuisce, al fine di responsabilizzare le forze di governo e togliere loro l’alibi della contrapposizione frontale tra l’interesse nazionale e quello ostile dell’Europa.