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“...a prescindere dal corso delle indagini e dalle iniziative ad esse conseguenti". Questa proposizione, sospesa fra l’allusivo e il burocratico, e forse, perché intenda chi deve, burocraticamente allusiva o allusivamente burocratica, si legge in una nota, redatta martedì dalla “Giunta Esecutiva dell’Associazione Nazionale Magistrati”.  “Organo”, a sua volta, di debordante sussiego nomenclatorio, liminare alla vanità.

Si riferiva, la nota, alle “dettagliate notizie di stampa pubblicate ieri, riguardanti il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione”, dott. Riccardo Fuzio. Per chiedere, sulla scorta delle superiori “dettagliate notizie”, che l’alto magistrato compisse, e senz’altro compia, “un gesto di responsabilità, capace di separare la vicenda personale, ed il corso delle indagini, dalle istituzioni, onde preservarle da ulteriori effetti devastanti rispetto a quelli che già si sono prodotti".

​Fuzio che, in quanto titolare dell’azione disciplinare, aveva incolpato il dottor Palamara, per parte sua, pure sottoposto a indagine dalla Procura di Perugia, nondimeno, lo avrebbe ragguagliato sulle indagini medesime, con ciò, da indagatore di colpe “disciplinari”, incorrendo egli stesso in sue nuove colpe e, perciò, violando la legge, già violata.

E fermiamoci qui, per usare alla Patria quella carità che, a dire il vero, essa assai angustamente ha preso a frequentare da quando impazza l’impostura gialloverde.

​Ma torniamo al nerotogato. ​Per chiederci come possa, la “Giunta Esecutiva”, invitare ad un “gesto di responsabilità”, sulla scorta di “dettagliate notizie”, candidamente sorvolando sulla patente illiceità che di quelle stesse “notizie” ha permesso la formazione e la pubblicazione. Francamente, nessuna riposta plausibile sappiamo dare, se non che si tratta di quelle mosse a cui la nostra Magistratura ci ha così ineffabilmente abituato, da sconfortare senza ormai più stupire.

E tuttavia, consideriamo, per un attimo, le suddette “notizie” come fossero fatti, e fatti già provati: e sarebbe peggio del peggio. Perchè rimarremmo altro che devastati dall’apprendere che tanto giro di frasi, tanto paludamento, intenderebbero preservare l’Associazione Nazionale Magistrati medesima sì, ma in quanto “Istituzione”.

​Questo è, infatti, “il senso fatto palese dal significato proprio delle parole e secondo la connessione di esse”, come la povera Legge raccomanda (non potendo più imporre granchè, per palese diserzione dei suoi custodi). Al dott. Fuzio è rivolto invito perchè si dimetta da Procuratore Generale, non da magistrato; e il perimetro di rilevanza “istituzionale” è segnato dalla appartenenza associativa, non dal pubblico magistero; come conferma la chiusa, congruamente compunta: “E propone al Comitato Direttivo Centrale il deferimento del dr Fuzio al collegio dei probiviri dell’ANM".

Ora, scuseranno le Signorie Loro, ma una delle due: o le “dettagliate notizie” vanno davvero considerate come portatrici di una conoscenza certa, e su fatti di tale gravità da produrre “devastanti effetti” per le ”Istituzioni”; e allora, le predette Istituzioni, cosi malamente colpite, non possono essere che quelle vere, le uniche a giustificare simile prosa, vale a dire: l’Ordine Giudiziario. Con l’ulteriore conseguenza che da esso dovrebbero essere rassegnate le dimissioni, e non da un’associazione privata o, da un “Ufficio”, per quanto alto o altissimo, rimanendo però ben al coperto del comune Edificio. Tanto più se, in concorde afflato, ad esigerle sarebbero “la Magistratura, le Istituzioni repubblicane e i cittadini”.

Oppure, se la faccenda deve rimanere circoscritta ad una questione di natura corporativa, senza offesa, non è il caso di comunicazioni urbi et orbi. Né di largheggiare in volute impressionistiche, a base di “effetti devastanti” e “condotte ancor più gravi”. Meno che meno se la proclamata virtù emendativa, dovrebbe addirittura “prescindere dal corso delle indagini e dalle iniziative ad esse conseguenti”; e spingersi fino all’estremo limite plastico del “separare la vicenda personale”, dal rimanente Corpo Mistico e Puro.

A meno che. A meno che non si voglia proclamare altro. D’altra parte, il giudizio di maggiore gravità delle “condotte”, motivato dall’essere, Fuzio, “titolare di un Ufficio che ha, tra le proprie prerogative, anche l’esercizio del potere disciplinare”, pare proprio tradire una filigrana in cui l’appannaggio, il corteggio, col pretesto di una tutela volta al dovere “pubblico e aperto”, in realtà, muniscono un Potere “chiuso e dominicale”, elevandolo a Sommo Bene.

E dunque, eccolo il quia, per stare all’estetismo scolastico della “Giunta Esecutiva”: che l’infeduamento, cioè, lo sgoverno privatistico della funzione giudiziaria, è ormai così scontato, così potentemente ”irrefragabile”, da potersene permettere una riconferma sontuosa di retorica, quanto è povera di Costituzione. E proprio mentre vane e copiose parole si librano sul “correntismo”, su “questa piaga, signora mia, sapesse, quanto non se ne può più!”. Certo. Come no.