Il trasferimento di conoscenza e di competenze è un fattore critico per la crescita economica e l’autonomia dei paesi in via di sviluppo. Eppure proprio quelle realtà che avrebbero più bisogno di formazione continua sono piagate dalla sistematica carenza di fondi, di personale e di supporto logistico, che rendono di fatto impossibile organizzare corsi in presenza che abbiano un impatto diffuso e duraturo. Quali sono le possibili soluzioni a questa impasse?

Ballero 2

Delle opportunità offerte dall’e-Learning discutiamo con la Dottoressa Wendy Craig, leader del gruppo per la biosicurezza presso il Centro Internazionale per l’Ingegneria Genetica e le Biotecnologie (ICGEB), e Lia Nikolakis, Instructional Designer presso Simulware S.r.l., società provider di servizi per la formazione online. ICGEB e Simulware, le cui sedi si trovano entrambe in AREA Science Park di Padriciano (Trieste), hanno lavorato insieme con lo scopo di sviluppare risorse digitali sulla biosicurezza rivolto alle università africane ed elaborato in modalità e-Learning.

 

Come è nato il rapporto tra ICGEB e Simulware?

W.C. Il nostro progetto è parte di un programma preesistente più ampio, finanziato dalla Bill & Melinda Gates Foundation, che mira a potenziare le competenze in termini di regolamentazione dell’agricoltura OGM in Africa. Le università africane sono molto competenti in materia di tecnologia OGM, ma manca loro una preparazione di livello accademico sull’aspetto normativo; perciò, mentre da un lato collaboravamo all’istituzione di uffici regolatori, ci si è presentata la questione fondamentale della formazione del personale, cosa che inizialmente abbiamo affrontato fornendo una serie di workshop in situ su vari aspetti della regolamentazione degli OGM. Ma divenne presto ovvio che l’idea dei workshop aveva dei forti limiti. Si possono istruire solo le persone presenti ed eventualmente fare affidamento su di loro per addestrarne altre; ma un workshop di una settimana non può fornire gli strumenti per trasferire questo tipo di conoscenze. E ovviamente l’idea di pagare dei tutor esteri che passassero alcuni mesi in Africa per formare il personale e gli studenti era troppo onerosa dal punto di vista economico. Abbiamo dunque cominciato a cercare una soluzione che ci aiutasse a raggiungere più partecipanti e a supportare le università africane nell’adozione di contenuti con i quali, fino a quel momento, avevano poca dimestichezza. L’idea di rivolgerci a Simulware venne da un mio collega che stava collaborando con loro per un altro progetto. Fino a quel momento non sapevo quasi nulla di e-Learning, ma a partire dai primi incontri fu abbastanza chiaro che avrebbe potuto rappresentare una soluzione al nostro problema.

L.N. Nemmeno noi avevamo alcuna preparazione in materia di OGM e biosicurezza, dato che fino ad allora la nostra offerta era rivolta soprattutto alle imprese italiane sui temi finanziari, gestionali, previdenziali, di marketing e comunicazione, oltre che sulla formazione obbligatoria in tema di sicurezza sul lavoro. Il progetto dell’ICGEB ci ha dato l’opportunità di misurarci non solo con un nuovo insieme di argomenti, ma con un progetto di respiro internazionale e con le sfide che si possono incontrare al di fuori dell’Italia e dell’Europa. Per quanto ci riguarda, abbiamo messo a frutto la nostra esperienza nello sviluppo di materiali che riescono a coniugare un’interfaccia utente molto semplice da usare con la completezza e la qualità dei contenuti offerti.

 

Quali sono i destinatari del vostro curriculum in e-Learning?

W.C. La nostra prima priorità era quella di formare un sottoinsieme di studenti universitari che in seguito sarebbero andati a lavorare per gli enti regolatori dell’agricoltura OGM. Tuttavia vi è un numero molto limitato di posizioni disponibili. Per questo motivo abbiamo allargato il curriculum includendo diversi argomenti che hanno a che vedere con la biosicurezza in generale: dal regolamento delle biotecnologie ai pesticidi, dall’agricoltura sostenibile alla sicurezza alimentare. Questo tipo di formazione ampliata permette agli studenti di accedere a un maggior numero di sbocchi professionali. Abbiamo iniziato sviluppando tre moduli: contenimento e confinamento, analisi del rischio, struttura normativa in tema di biosicurezza. Molto presto se ne sono aggiunti altri tre, uno dei quali non era inizialmente presente nel curriculum. Al momento, questi moduli sono rivolti unicamente agli studenti dei corsi di specializzazione in biosicurezza offerti dalle università africane, che saranno erogati a partire dalla fine di quest’anno. Stiamo discutendo con alcune università in altri paesi per valutare la possibilità di trasformare i moduli (che sono unità autoconsistenti) in uno o più corsi stand-alone, che si concentrino solo su alcuni aspetti della biosicurezza e possano fornire crediti formativi. Tuttavia, il finanziamento ricevuto copre esclusivamente lo sviluppo del curriculum e l’accesso per due anni da parte delle istituzioni partner, che si trovano nei paesi in via di sviluppo. Per svincolare il curriculum da questo contesto avremmo bisogno di investimenti da parte di altri donatori.

 

Qual è il valore aggiunto del vostro curriculum in e-Learning?

W.C. In molte istituzioni, l’e-Learning è visto come sinonimo di videolezione o di podcast, ma si tratta di un approccio diverso dal semplice apprendimento online. La struttura di un modulo in e-Learning deve rispondere all’esigenza di mantenere lo studente coinvolto e motivato, di monitorare i suoi progressi e di valutarlo tramite attività di vario tipo. Chi si approccia per la prima volta a un corso in e-Learning può rimanerne inizialmente sconcertato e dubitare della sua efficacia, ma non appena si comincia a seguirlo ci si rende conto molto presto che l’impegno e il coinvolgimento richiesti sono più alti di quanto immaginato da principio. La struttura generale è molto simile a quella di un MOOC; i moduli includono videolezioni con parole chiave, esercizi, materiali supplementari e prove di verifica valutate dall’insegnante. Ogni studente ha la possibilità di accedere ai corsi nei tempi e luoghi che gli sono più congeniali. Nel nostro caso, abbiamo fatto particolare attenzione a selezionare le metodologie didattiche più adatte per ciascuno specifico argomento trattato.

 

Per esempio?



L.N. Ogni modulo inizia con delle brevi videolezioni, in cui l’esperto illustra in modo semplice l’argomento; la seconda parte invece prevede un approccio diverso a seconda del tema affrontato. Per esempio, nella seconda metà del modulo sull’analisi del rischio, gli esperti guidano gli studenti nell’analisi di una serie di case studies di complessità crescente. Invece, se dobbiamo trattare di contenimento e confinamento, dobbiamo riferirci ad ambienti fisici come edifici o campi. In quel caso si è cercato di ricreare un layout in 2D della struttura o del campo aperto (che puntiamo a rendere interattivi) affinché l’utente si eserciti a riconoscervi eventuali errori o fonti di incidenti e a identificare il livello di sicurezza garantita. Nelle parti relative alla legislazione in materia, accanto alle domande mnemoniche, agli esercizi di analisi e comprensione del testo e alle riflessioni sulle interpretazioni nel contesto di un determinato articolo o comma, vi sono alcune unità in cui proviamo a fornire all’utente una guida per orientarsi nella struttura e nell’organizzazione dei documenti legali, in modo che sia in grado di reperire in autonomia gli articoli che di volta in volta gli sono utili. Di certo, all’interno dei corsi di specializzazione ci saranno delle insostituibili esperienze pratiche, ma il programma istruisce gli studenti in modo che, quando si recano sul campo o in laboratorio, abbiano già una preparazione di base, per esempio sulla strumentazione da usare.

 

Come sono stati affrontati e risolti i possibili limiti tecnologici dal lato utente?

L.N. Tutto ciò che serve per accedere ai moduli in e-Learning è una connessione a Internet. I corsi, infatti, sono in modalità hosted, ossia sono interamente sviluppati sulla nostra piattaforma cloud e non è necessario che l’utente installi alcun software aggiuntivo. Inoltre, sono stati progettati in modo da essere totalmente responsivi e quindi fruibili su qualunque tipo di dispositivo desktop o mobile. Abbiamo sottoposto i materiali a una peer review di esperti e docenti universitari, ricevendo un feedback molto positivo in termini sia di user experience, sia di contenuti.

W.C. Va sottolineato come, contrariamente a quanto probabilmente molti immaginano, gli abitanti dei paesi in via di sviluppo hanno in genere una padronanza eccellente del mezzo tecnologico. I dispositivi mobili e tablet sono estremamente diffusi e vengono impiegati per le attività più disparate. Le università e gli uffici del governo sono dotati di ottime connessioni (d’altro canto, le stesse università africane offrono corsi in e-Learning). Lo stesso non si può dire delle connessioni domestiche, ma abbiamo cercato di ovviare a questo inconveniente mantenendo i singoli video tendenzialmente al di sotto dei due o tre minuti. Un effetto collaterale positivo è la facilità di reperire le informazioni chiave all’interno del singolo video.

 

Attualmente, quali sono a vostro avviso i limiti di una formazione in e-Learning?

L.N. Una difficoltà di ordine burocratico, paradossalmente, è dovuta alla miglior efficacia dei corsi in e-Learning. Perché un corso di specializzazione porti al conseguimento di un certificato, è necessario che fornisca un certo numero di crediti formativi. Normalmente, il calcolo dei crediti segue una semplice proporzione col numero di ore di lezione erogate, ma nei moduli in e-Learning le ore di lezione vera e propria coprono un tempo molto inferiore (circa un decimo delle ore erogate dai corsi in presenza); il resto comprende letture supplementari, esercizi, prove di verifica e altri materiali molto diversi tra di loro, di cui ogni utente dispone in autonomia. Al momento le università si trovano in difficoltà nello stabilire parametri oggettivi e condivisi per l’assegnazione dei crediti formativi a questi contenuti.

W.C. E non dimentichiamo che non tutti i potenziali utenti, specialmente coloro che appartengono alle generazioni precedenti (come possono essere i professionisti che lavorano negli enti regolatori) sono abituati alla formazione online. Alcuni hanno ancora bisogno di un contatto fisico, di trovarsi nella stessa stanza con l’insegnante, come avviene nella formazione tradizionale. È probabile che sia necessario un periodo di transizione per permettere all’utenza di adattarsi a questo nuovo modello di apprendimento.