Boris Johnson

Ci si deve augurare che Boris Johnson esca dalla terapia intensiva. S’intende, non perché, pur essere umano come gli altri della specie, avrebbe tuttavia un qualche tratto particolare. Ma proprio per quello che, in quanto tale, più agli altri lo accomuna: l’imperfezione, l’attitudine all’errore. L’augurio muove esattamente da quelle sue esitazioni iniziali, rispetto al lockdown, che anch’io ho criticato, principalmente per la loro goffa e infelice formulazione.

Ma qui soffermiamoci brevemente sulla loro origine. Ammesso che siano dipese da un intempestivo rigoglio di autostima, da un malcongegnato “noi”, un Male così impietoso dell’umano errare, risulterebbe tuttavia ancor più maligno e terribile che se fosse puramente casuale, incurante di ogni merito e demerito individuale. Come non è: data l’incidenza che l’azione o l’omissione di ognuno, notoriamente, possono dispiegare in suo “favore”.

L’agire umano ricorre alla ragione. Ed ecco il punto: solo chi tenta di ricorrere alla ragione può compiere un errore. Proprio per questo, però, l’errore “da ragionamento” merita considerazione: cioè, un giudizio diverso da quello suscitato da un errore per trascuratezza, che è precisamente il contrario: una rinuncia preventiva alla ragione. Ad ogni ragione. Compresa quella che tenta un cimento con la paura, istinto salvifico quanto può essere distruttivo.

Un virus che fosse “vendicativo”, sembrerebbe colpire l’errore dell’uomo, come fosse stato una sorta di Ùbris. A ben vedere, però, sarebbero così invertiti i termini del rapporto eccesso/misura.

“Coronavirus”, infatti, colpirebbe con tanto maggior furore quella che è stata solo debolezza, non tracotanza: la “debolezza”, affatto umana, di misurare la “reale necessità” di farsi guidare dalla paura.

“Punendo” non un “difetto di ragione”, un “nulla di troppo”, ma un “passo disobbediente” ad una Forza oscura, che si fonda interamente su un potere irrazionale: e che, agendo sulla “istintività” dell’autoconservazione, minaccia di ampliare la gittata del suo male, fecondando una filiazione distruttiva, in cui penuria, ostilità reciproca, lotta perpetua di tutti contro tutti, potrebbero risultare la vera e, per ora, solo nascosta, terribile meta finale.

Dopo la peste, la carestia, nonostante il XXI Secolo.

Non sappiamo, ma vogliamo pensare che, magari in modo confuso, dietro le esitazioni di Johnson, e di ogni Johnson che può esserci in ciascuno di noi, possa esserci stata la speranza fugace e presto ridimensionata, di poter subito fronteggiare un “ritorno medievale”, con la scienza e con la coscienza di una compiuta razionalità contemporanea: evoluta, moderna, libera.

Perciò, se avesse colpito Johnson per “omesso omaggio”, Coronavirus, avrebbe agito con movenze da maestà mortifera: che sceglie clamorosamente un bersaglio noto, al fine di impartire un sinistro ed istintivo ammaestramento: perché non adeguatamente riconosciuta con la prontezza della paura.

Un dio malvagio, e colmo esso della sua malvagità, che punisce un “povero re”, colpevole solo di non essere stato all’istante devoto alla sua oscura sostanza.

Dal paradigma metafisico al riverbero cronachistico-politico, volendo, è un attimo.

Simili “passi incerti”, infatti, sono stati comuni a tutte le Democrazie, fondate sul “tempo del ragionamento”. Anche la Cina, non ha agito subito: solo che, non essendo una Democrazia, ha potuto nascondere, a sé e al Mondo (con una certa complice indulgenza dell’OMS), i suoi “primi passi”, del pari lenti e malcerti (sebbene, considerata la loro collocazione “a monte” del contagio, assai più determinanti di quelli, simili, fatti per “onere democratico”: come rilevato da fior di testate giornalistiche, prima di essere espulse dalla Repubblica Popolare, e come ribadito ieri dal WSJ).

Ora, con Johnson, forse ingannato dalla sua volontà di ragionare, una tale movenza “virale” sembra dar corpo alla vendetta spiritualmente “analoga” degli uomini, alle scivolosissime pulsioni del “noi”/“loro”: dove la miseria dell’odio può cingersi di ogni veste aberratamente “dualistica”: Sud/Nord, Nazionale/Straniero, persino Cattolici/Protestanti.

Uomini e donne di buona volontà, allora, per ribadire e rinsaldare il fondamento democratico, umanistico, razionale della vita libera, mimando, in ogni momento e dovunque si trovino, una sorta di preghiera laica, devono sperare che “l’uomo errante” possa trovare sempre un rimedio. E respingere, con tutta la loro forza, ogni suggestione, storica o metafisica, di “inflessibile punizione”, di “Vindice Giustizia”, di perfezione che ripudia ed impietosamente finisce l’imperfezione.

Ecco perché auguriamo a Johnson di farcela. Per seguitare a coltivare una interiore misura, una solidale disposizione politica alla fratellanza, e all’unità di fronte al comune nemico.

La società libera e civile: l’unico bene per cui realmente varrà la pena di vincere.