La guerra in Ucraina e i Commodo d’Occidente
La guerra in Ucraina mostra la fragilità di un Occidente liberale, che sta perdendo l'identità dei propri valori.
Il confronto aperto da Putin con la sua "operazione speciale" aveva l'obiettivo di neutralizzare il pericolo della stabile conversione alla democrazia liberale di un grande Paese slavo e ortodosso, l’Ucraina, che parla un dialetto russo e che scrive in cirillico.
La Russia ha sempre guardato all'Europa per aggiornare la propria economia e la propria cultura, ma solo per rafforzare il potere assoluto dello Czar, necessario per governare un impero che unisce l'Europa all'Oceano Pacifico.
La Russia di Pietro il Grande aveva occidentalizzato l’economia, l’architettura e soprattutto l’esercito, affidandolo a ingegneri e ammiragli olandesi e britannici.
Lenin aveva occidentalizzato la struttura sociale, abolendo il potere dei feudatari e la miseria dei "servi della gleba".
Putin ha aggiornato il potere autoritario dello Czar, vestendolo di democrazia elettorale occidentale, ma ricostruendo una corte di oligarchi e rifondando la legittimità del potere sui valori della grande Patria russa e della potenza delle armi (richiamo che sa molto di fascismo occidentale).
Questa Russia nazionalista e convinta della forza che gli conferiscono 5000 bombe atomiche ha stretto un'alleanza con Xi Jinping, che ha aperto il confronto con l'America sul dominio dell'economia mondiale, per garantire la crescita economica cinese, bisognosa di materie prime e petrolio, in gran parte collocati in Medio Oriente, Africa e America latina.
Cina e Russia hanno più motivi per confrontarsi che per allearsi, ma in questa fase di competizione con gli Stati Uniti, Xi ritiene utile servirsi della guerra aperta da Putin contro il "pericolo occidentale", che gli consente di premere sull'America su due fronti.
L'occidente liberale non ha un capo, come la Russia o la Cina, il cui potere dura da vent'anni e dipende da se stesso, da una congiura di Palazzo o da una implosione del regime. L'occidente ha una bandiera di valori che, nei momenti di pericolo, può chiamare a raccolta le sue energie e affidarle ad un leader riconosciuto, come fu nel caso di Winston Churchill o di De Gaulle, durante la II Guerra mondiale. Il "carroccio" delle libertà comunali che portò i milanesi a sconfiggere Barbarossa, era composto da un "valore" identitario, non da un capo. Quello della libertà dei milanesi.
Se questi valori non sono percepiti essenziali ed irrinunciabili, non c'è bandiera che possa chiamare a raccolta l'Occidente, né un leader che possa innalzarla. La fatica con cui l'opinione pubblica europea segue ormai la guerra eroica di Zelensky contro l'armata russa e i dubbi degli americani, seguaci del nascente fascismo trumpiano, ci dicono che la bandiera della democrazia liberale non è più un saldo riferimento per l'Occidente atlantico.
Putin l’ha compreso perfettamente e offre una pace alle proprie condizioni: spartizione dell'Ucraina, fine delle sanzioni alla Russia e mai l’Ucraina nella Nato. Gli serve per avere una rielezione senza truccare troppo le carte e per consentire a qualche figura minore di rappresentare una utile e insignificante opposizione.
E poi? Quale sarà il destino di un'Europa che compra la pace sulla pelle degli ucraini e della propria stessa identità "liberale"? Alla prossima pretesa di Putin che farà? La Lituania e la Lettonia sono state conquistate da Pietro il Grande e sono un altro esempio democratico e liberale. Sono parte della Nato, è vero, ma potremmo contare sulla Nato di Trump?
Morto Marco Aurelio, il figlio Commodo trovò utile cessare la guerra con Marcomanni offrendo loro una pace "disonorevole", che non li puniva per le continue scorrerie in Pannonia.Per Commodo l'impero era un potere, di cui godere le ricchezze; non un valore da difendere. Iniziò così un’inevitabile perdita di credibilità esterna e di unità interna che, dopo un lungo travaglio, portò prima Alarico a saccheggiare Roma e poi Teodorico, con i suoi 40.000 guerrieri, a conquistare l'Italia in cui vivevano 10 milioni di romani benestanti.