In un precedente articolo abbiamo esaminato a grandi linee la questione della controversa e tutt'altro che pacifica "appartenenza alla Russia" della Crimea. Ma occorre anche volgersi all'attualità di un rapporto che l'annessione della penisola da parte di Mosca non ha affatto risolto, ma ha caricato di ulteriori e drammatiche contraddizioni.

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Da poco è stato pubblicato un documentato dossier di denuncia delle violazioni dei diritti umani che hanno avuto luogo in Crimea dopo la sua annessione alla Russia: Andrii Klymenko, Human Rights Abuses in Russian-Occupied Crimea, Freedom House, Washington 2015.

Il 18 marzo 2014, in spregio a ogni norma di diritto interno e internazionale, tutti i residenti in Crimea hanno ricevuto forzosamente la nazionalità russa. I residenti avevano un mese di tempo per rifiutare, recandosi personalmente presso gli uffici competenti; ma è stata stabilita una quota massima di 5.000 permessi di soggiorno annui per i cittadini ucraini (la Crimea ha 2 milioni e mezzo di abitanti); a tutti gli altri non è permesso risiedere o lavorare in Crimea, dove la loro famiglia magari ha sempre abitato: cacciati da casa propria, insomma. Per aggirare gli effetti di questo decreto, il governo ucraino ha deciso di disporre un'eccezione alla regola del divieto di doppia cittadinanza in favore dei crimeani; ma la Duma russa ha reagito votando una legge che punisce la doppia cittadinanza non dichiarata. Anche 4.500 orfani minorenni sono stati forzosamente nazionalizzati, violando la Carta dell'Onu sui Diritti dei minori.

Tutti i funzionari di alto rango e i dirigenti d'azienda della Crimea sono stati rimpiazzati da personale proveniente dalla Russia. Gli internet provider ucraini e le società ucraine di telefonia mobile sono stati disabilitati, mentre è stata negata la registrazione a praticamente tutti i mezzi di comunicazione e stampa indipendenti, anche i blog e le pubblicazioni online, che in Russia sono soggetti a restrizioni. La legge russa obbliga poi i provider a conservare per sei mesi ogni informazione e a disabilitare qualsiasi sito, se richiesto dai servizi di sicurezza (FSB). Dichiarare di preferire il ritorno della Crimea all'Ucraina è diventato un reato penale grave. È diventato pericoloso finanche usare in pubblico le parole "Crimea", "Russia", "Ucraina".

Il citato rapporto denuncia anche l'azione repressiva illegale condotta congiuntamente da polizia, FSB e gruppi paramilitari, che usa come mezzo le minacce, le aggressioni fisiche e la persecuzione di persone sospettate di essere filo-ucraine, anche solo perché ucraine oppure di origine polacca o bielorussa, perché fedeli della Chiesa ortodossa autocefala ucraina, tatari (specialmente se membri del Consiglio dei Tatari di Crimea o Mejlis), giornalisti, attivisti dei diritti civili, membri di organizzazioni non governative.

Lo studio dell'ucraino è stato reso ufficialmente opzionale (e di fatto scoraggiato) nelle scuole della Crimea, dove vivono almeno 600mila ucraini. Per cui, non c'è più nessuna scuola ucraina in Crimea: la cosa ha dell'incredibile se si considera che i filorussi e il Cremlino invocavano una pretesa discriminazione a danno dei russofoni, nell'Ucraina post-Majdan. Molti docenti ucraini sono stati quindi licenziati.

Tre sacerdoti delle cinque parrocchie greco-cattoliche di Crimea sono stati sequestrati e tenuti prigionieri per alcune settimane da gruppi paramilitari; vengono denunciati singoli episodi d'intimidazione e brevi arresti illegali compiuti anche da membri dei servizi russi. Altri attacchi sono stati segnalati contro chiese e religiosi di molte confessioni, mentre il rabbino dell'Ebraismo riformista ha abbandonato la Crimea. Una svastica era stata disegnata sul muro della sua sinagoga, mentre il monumento che ricorda l'eccidio nazista degli ebrei di Crimea è stato oggetto di atti vandalici. Nel giugno 2014 è stata lanciata una bomba molotov contro la facciata di una sinagoga di Simferopoli e una svastica è stata disegnata sul muro della moschea della stessa città.

I tatari sono stati oggetto di molteplici attacchi e oltraggi: uccisione di militanti, distruzioni di monumenti, è stata chiusa la sede del Consiglio dei tatari di Crimea, mentre il procuratore generale ha chiesto la messa fuori legge del Mejlis. Il leader dei tatari, il prestigioso dissidente sovietico Mustafa Žemilev, dopo l'annessione russa è stato oggetto di un decreto di espulsione dalla Crimea. Žemilev ha avuto l'occasione di replicare all'attuale presidente ceco, l'imbarazzante Milos Zeman, il quale lo invitava ad accettare il nuovo potere russo in Crimea, che egli si era comportato molto diversamente in passato ed era finito in galera, nel 1968, per aver manifestato proprio contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia. Le tradizionali manifestazioni pubbliche della comunità tatara (compresa la celebrazione dell'anniversario della loro deportazione) sono state tutte vietate, poiché veniva asserito che avrebbero violato i diritti degli altri cittadini.

Innumerevoli sono state le intimidazioni, gli arresti temporanei, le minacce a giornalisti e attivisti politici. Il regista Oleg Sencov è stato arrestato dai servizi russi ed è tuttora detenuto, nonostante una campagna internazionale di protesta che ne chiede la liberazione; il suo avvocato ha dichiarato che il regista ha subito torture in carcere per estorcerne la confessione. Si segnalano diversi casi individuali di sparizioni di militanti pro-ucraini, mentre il 6 aprile un ragazzo di sedici anni è morto in seguito alle percosse della polizia causate dal fatto che parlava per strada in ucraino. Le proprietà statali ucraine e quattrocento società pubbliche sono state confiscate; lo stesso è accaduto per importanti aziende private

In generale, sulla Crimea è calata quella cappa di autoritarismo e rassegnazione che era stato il cemento del potere sovietico dei decenni passati e che la Russia putiniana sta nuovamente imponendo ai suoi cittadini. Una strategia di coartazione "ibrida" dei diritti umani, assai simile alla guerra "ibrida" condotta dalla Russia nel Donbas, che è basata su propaganda, menzogne e negazione della realtà. Allo stesso modo, il nuovo potere russo della Crimea spera di piegare la penisola al proprio dominio attraverso l'ottimizzazione (massimo risultato, minimo sforzo) dell'uso di mezzi repressivi evidenti.