taglio parlamentari

Forse non vi siete accorti che il governo nuovo è diverso dal precedente solo per la facciata. 

Che offende la democrazia rappresentativa quanto e più del precedente, poiché ha trasformato in legge il principio che chi svolge funzioni di rappresentanza è solo un costo per lo Stato. Che si è fatto gioco della costituzione solo per consentire a un gruppo di scappati di casa di girare un video osceno e far recitare a un buono a nulla la filastrocca che "più parlamentari ci sono, più le leggi sono complicate" (Luigi Di Maio, 8 ottobre 2019).

Che i decreti sicurezza e gli accordi con la Libia sono sempre lì, più solidi di prima ché non c'è rimasto quasi più nessuno a criticarli. Che bambini, donne e uomini continuano a essere inghiottiti dal Mediterraneo senza suscitare più alcun grido di dolore, nemmeno da parte di quei parlamentari che si erano affannati a salire sul carro di Carola Rackete. Che lo ius culturae non è nelle intenzioni del governo altrimenti si portano voti a Salvini. Che le aggressioni razziste sono sempre più frequenti senza che la ministra dell'interno abbia la benché minima considerazione da fare.

Che misure inique come quota 100 e inefficienti come il reddito di cittadinanza restano e si pagano per lo più a deficit, esattamente come volevano i vituperati Borghi e Bagnai. Che di iniziative per la produttività, gli investimenti e la crescita non c'è neanche l'ombra, non sono una priorità esattamente come ai tempi del Papeete. Che la diatriba con l'Europa non è certo finita, chè pure il controllo del debito non è una priorità, anche se i toni più pacati la scomparsa dal dibattito di idiozie come i minibot certamente aiutano (e costituiscono forse l'unico segno di discontinuità).

Che il presidente del consiglio è sempre lo stesso, più allineato al populismo che mai.

Che la capitale è sempre più immersa nella spazzatura, senza che nessuno abbia più convenienza a opporsi alla sindacatura peggiore della storia di Roma (al punto che l'ipotesi di una Raggi bis sta acquistando concretezza). Che in alcuni settori chiave per il futuro del paese, come l'università e la ricerca, le prospettive sono perfino peggiorate, grazie all'insediamento di un ministro più insipiente eppure più arrogante del precedente. Che enti e aziende pubbliche chiave come l'Inps, la Consob e la Rai sono saldamente in mano populista senza che nessuno abbia più voglia di scandalizzarsi.

Che grazie a questa farsa l'area progressista ha rinunciato alla costruzione di qualsiasi alternativa al populismo e se ne sta piuttosto facendo inglobare, mentre le voci dissenzienti sono isolate in un angolo sempre più stretto dell'arco costituzionale. Che il paese è perfino più anestetizzato di prima, che tante voci critiche ritengono che Di Maio & co. siano più affidabili dei predecessori e ora che il paese è messo in sicurezza hanno pensato bene di godersi una vacanza.

Valeva la pena, rinunciare a costrastare il populismo per una questione di facciata?