zelensky grande

Quando domenica 21 luglio, alla chiusura dei seggi, sono apparsi i primi exit poll delle elezioni parlamentari, l’Ucraina ha confermato ancora una volta di essere un Paese in cui gli esiti elettorali non sono mai scontati. Nonostante le previsioni della vigilia, che davano vincente Sluha Naroda, il Partito del neo Presidente Volodymyr Zelenskyi siano state rispettate, non sono mancate le sorprese, a riprova dell’erraticità spesso irrazionale dell’elettore ucraino.       

Il ritorno del Cardinale Grigio

Uno dei dati più sorprendenti è stato sicuramente il 13% conquistato dalla Piattaforma di Opposizione – Per la Vita, partito per certi versi più vicino a Mosca di quanto non lo fosse il vecchio Partito delle Regioni dell’ex presidente Yanukovych. La formazione, nata nel 2018 dalla fusione di cinque partiti filorussi, è l’ultimo progetto di Viktor Medvedchuk, l’oligarca conosciuto come il Cardinale Grigio della politica ucraina.

Colpito dalle sanzioni del Tesoro Americano nel 2014 per aver supportato le repressioni di Piazza ai tempi del Maidan, Medvedchuk è considerato il leader indiscusso della quinta colonna russa in Ucraina. Capo dell’amministrazione presidenziale ai tempi di Kuchma, Medvedchuk torna alla Rada dopo più di dieci anni forte di un risultato elettorale, il 13%, ottenuto grazie – e qui sta l’altro paradosso – all’ottima performance nelle oblast di Luhansk e Donetsk, ossia nei territori interessati dal conflitto che da più di 5 anni oppone Ucraina e Russia.

È davvero difficile comprendere come una formazione politica dichiaratamente filorussa e ucrainofobica possa mietere consensi maggioritari (nelle regioni di Luhansk e Donetsk la Piattaforma arriva prima con, rispettivamente, il 49% e il 43% dei voti) in regioni devastate da un conflitto che non è affatto una guerra civile come sostengono Medvedchuk e il Cremlino, ma un’aggressione attuata e pianificata da Mosca avvalendosi di proxy, esercito regolare e separatisti ucraini.

Il 55,72% fatto registrare dalla Piattaforma di Opposizione a Slovyansk, città del Donbas finita sotto il controllo delle truppe moscovite e poi riconquistata dal governo di Kyiv attraverso il sacrificio di tanti soldati, dice di una regione che molto probabilmente non riuscirà mai a liberarsi di un’eredità sovietica sedimentatasi in anni di politiche di russificazione, rapporti di collusione con la mafia, cultura carceraria e kompromat politico-economici ad ogni livello.

Taras Kuzio, nel saggio Putin’s War Against Ukraine, ha sottolineato come la conoscenza della sottocultura carceraria in Donbas sia cruciale per individuare i nessi tra politica e criminalità in questa regione.

Nel Donbas la mentalità dell’homo sovieticus, fusasi nel corso dei decenni con comportamenti tipici della criminalità carceraria – nelle oblast di Stalino (Donetsk) e di Voroshilovhrad (Luhansk) ai tempi dell’URSS vi era la più grande concentrazione di  penitenziari dell’intera Unione Sovietica –, fa sì che tuttora, nonostante il conflitto con la Russia o paradossalmente grazie al conflitto con Mosca, imperino caos, nichilismo e quello che i sovietologi chiamano zakon dzhunhliv  (legge della giungla).

Primo a Donetsk e a Luhansk il Partito di Medvedchuk, Boyko e Rabinovych ottiene buoni risultati anche nelle oblast orientali e meridionali di Kharkiv (26%), Odessa (23%), Zaporizhzhya (21%), Mikolayiv (19%), Kherson (18%), Dnipro (15%) e Sumy (12 %), attestandosi secondo dietro alla formazione di Zelenskyi.

Il ritorno in Parlamento del Cardinale Grigio, tra i protagonisti del discusso ‘documentario’ Reaveling Ukraine prodotto da Oliver Stone, presentato qualche settimana fa in anteprima al Festival di Taormina, è un segnale inquietante che non va affatto sottovalutato vista la biografia dell’oligarca e i rapporti di amicizia personale con Vladimir Putin.

Medvedchuk, accusato dall’Ukrayinska Pravda di essere uno dei mandanti del brutale pestaggio subito alla periferia di Kyiv dalla giornalista investigativa Tetyana Chornovol la notte tra il 24 e il 25 dicembre 2013, è passato alla storia per essere stato in epoca sovietica l’avvocato ‘difensore’ del poeta dissidente Vasyl Stus. Nel corso del processo, tenutosi nel 1980, l’allora ventiseienne Medvedchuk, incaricato della difesa di ufficio di Stus, non solo dichiarò che tutti i crimini commessi dal suo assistito meritavano una punizione esemplare ma chiese alla corte che l’imputato scontasse la sua pena lavorando in fabbrica nonostante fosse gravemente malato.

Vakarchuk, il nazionalista rock    

Un’altra sorpresa del voto parlamentare di domenica, che tra le altre cose ha fatto registrare la più bassa affluenza di sempre (appena il 49,8% degli aventi diritto si è recata alle urne), è rappresentata dal buon risultato di un altro outsider della politica ucraina, il cantante rock Svyatoslav Vakarchuk.

Golos (Voce), il partito fondato solo due mesi fa dal cantante degli Okean Elzy, gruppo rock di Leopoli oggetto di vero e proprio culto nelle ex repubbliche sovietiche, ha superato agevolmente la soglia di sbarramento, ottenendo ben 20 seggi alla Rada.

Partito di ispirazione patriottica ma lontano dal nazionalismo ‘tribale’ di Svoboda, Golos è stato votato in prevalenza nelle regioni occidentali (Lviv, Ivano-Frankivsk, Ternopil, Rivne, Volinia) dove ha rubato consensi proprio alla formazione di Oleh Tyahnybok, che in questa tornata elettorale si era presentata assieme a Pravy Sektor e a Iniziativa Governativa di Yarosh e a Samopomich, il partito liberal-conservatore del sindaco di Leopoli Andriy Sadovyi.   

Vakarchuk, oltre ad avere conquistato l’oblast di Leopoli (23%), è andato forte anche a Kyiv dove è stato votato da un elettore su dieci.    

A differenza di Zelensky, che non si era mai occupato di politica prima di scendere in campo per le presidenziali, Vakarchuk vanta una precedente esperienza politica. Nel 2007 era stato eletto come indipendente nelle file di Nasha Ukrayina, il partito dell’ex Presidente Viktor Yushchenko.

Membro della commissione parlamentare per le questioni relative alla libertà di parola, all’inizio di settembre 2008 Vakarchuk rinunciò al suo seggio alla Verkhovna Rada motivando questa decisione con il grado di frustrazione ricavato dal frequentare un mondo hobbesiano di lotte reciproche che non aveva alcun interesse a cambiare in meglio il Paese.

Negli anni del post Maidan il leader degli Okean Elzy, oltre a suonare con la sua band in varie parti del mondo ad eccezione della Russia, ha affinato le sue competenze in ambito politico partecipando nel 2015 a un programma internazionale di borse di studio presso la Yale University e nel 2018 frequentando in qualità di visiting scholar la Stanford University.

Sconfitto l’europeismo di Poroshenko

Sempre da rubricare tra le sorprese, in questo caso negative, il mediocre 8% ottenuto da Solidarietà Europea, il partito di ispirazione europeista dell’ex Presidente Petro Poroshenko che ha tra i suoi obiettivi l’ingresso dell’Ucraina nella UE e nella NATO.

Poroshenko, penalizzato anche dal fuoco amico dell’ex premier Volodymyr Groysman che si è presentato con una sua formazione, Groysman Strategia Ucraina, che non è andata oltre il 2,2%, conquista solo 24 seggi e non sfonda in nessuna oblast.

Stesso numero di seggi e stessa percentuale anche per Yuliya Tymoshenko che può ancora contare su uno zoccolo duro di votanti costituito principalmente da pensionati e da elettori per così dire ‘feticisti’ (avete presente quelli che in Italia non hanno mai smesso di votare Berlusconi dal 1994 nonostante i mutati scenari politici nazionali e internazionali e i giri di valzer del Cavaliere?).

Peggio di loro fanno il partito radicale del populista Lyashko, primo tra i partiti a non superare lo sbarramento e Samopomich, che nel 2014 aveva ottenuto ben 33 seggi, fermo addirittura allo 0,64%.

Umilianti percentuali da prefisso telefonico (0,46%) anche quelle ottenute dall’ex governatore di Odessa ed ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili.

Il trionfo di Zelenskyi

Per certi versi annunciato il trionfo di Zelenskyi che aveva sciolto il Parlamento in anticipo (il voto si sarebbe dovuto tenere in autunno) con un procedimento di dubbia costituzionalità, comunque avvallato dalla Corte seppure tra mille polemiche, al fine di sfruttare l’onda lunga delle Presidenziali che il 21 aprile l’aveva visto conquistare la Bankova con il 73% dei consensi.

Sluha Naroda, il partito allestito in fretta e furia dal comico di Krivyi Rih, ottiene il 43% e conquista tutte le oblast del Paese ad eccezione di quelle di Luhansk, Donetsk e Lviv.

In virtù di una legge elettorale ibrida in cui il 50% dei parlamentari viene eletto in base a un sistema proporzionale con sbarramento al 5%, mentre l’altra metà è il risultato delle competizioni in collegi uninominali, la formazione di Zelenskyi si aggiudica ben 253 seggi, ossia un numero sufficiente per poter governare da sola senza dover stringere alleanze con nessun’altra formazione politica.

L’obiettivo dichiarato alla vigilia da Ruslan Stefanchuk, l’ideologo politico del Presidente, di un esecutivo monocolore per governare l’Ucraina in perfetta solitudine è stato raggiunto. Al di là dei pericoli insiti in un esecutivo che guida un Paese senza alcuna dialettica parlamentare perché ha i numeri teorici per fare passare qualsiasi legge salvo quelle di modifiche della Costituzione che richiedono una maggioranza qualificata di 330 voti, è interessante notare come sia la prima volta in assoluto nella storia parlamentare ucraina che si presenta un simile scenario.

Difficile prevedere quali saranno le conseguenze sul piano squisitamente politico di questa singolare situazione che si è venuta a creare anche perché non è affatto chiaro quali saranno le priorità dell’esecutivo monocolore.

L’elezione di Zelensky tre mesi fa e l’eccellente risultato alle parlamentari di domenica scorsa sono infatti per gran parte il frutto di un’abile strategia di marketing e dello spregiudicato uso di social network e di canali televisivi vicini al Presidente.

Il fatto che Sluha Naroda abbia mietuto consensi a Est quanto a Ovest, tra i giovani e i meno giovani, tra i ricchi e i meno ricchi, tra gli europeisti e tra i filorussi significa che il partito di Zelenskyi e Zelenskyi stesso sono percepiti in maniera diversa a seconda dell’elettore (mirror strategy).

Per capire chi è veramente il sesto Presidente ucraino, qual è il suo effettivo grado di autonomia dal potere oligarchico che l’ha sostenuto – Kolomoiskyi in primis – e quale corso politico imprimerà all’Ucraina occorre vedere il nuovo esecutivo all’opera. Qualche utile segnale potrebbe arrivare già nei prossimi giorni con la designazione del candidato premier e dei ministri nei dicasteri chiave dell’Economia, degli Interni, della Difesa e degli Esteri.

@massidipasquale