Il riparto nazionale. A qualcuno deve essere sembrato l'uovo di Colombo. E se invece si fosse fatta una frittata? Ma procediamo con ordine. Il sistema che doveva avere un impianto di fondo "spagnolo", ovvero essere basato su circoscrizioni piccole, cioè con un numero di eletti per circoscrizione intorno a cinque, in realtà ora appare uno strano animale senza parentele. Come è noto, quando le circoscrizioni esprimono un numero di seggi basso e i seggi medesimi vengono tutti assegnati a livello di circoscrizione (con il metodo dei divisori, come in Spagna), il sistema, pur proporzionale, diventa fortemente disrappresentativo, premiando i partiti grandi e penalizzando fortemente quelli piccoli, a meno che questi ultimi non siano territorialmente concentrati. In pratica, in questo caso l'effetto del sistema proporzionale, a parità di condizioni, si approssima a quello proprio dei sistemi maggioritari basati su collegi uninominali. Se il calcolo, invece, viene fatto a livello nazionale, allora l'effetto sarà molto proporzionale e favorevole alle piccole formazioni.

renzi

Quest'ultima è la scelta che è stata fatta da Renzi e Berlusconi. Presentando l'accordo Renzi ha chiaramente dichiarato che le due maggiori forze avrebbero preferito ricalcare il modello spagnolo, ma hanno rinunciato per accontentare la richiesta di evitare una frattura interna al governo. Sarebbe interessante sapere se quella richiesta è stata accompagnata o meno da una minaccia del tipo: "o così o salta l'esecutivo e si va a votare col proporzionale della Corte". Così, tanto per sapere a chi attribuire le probabili disfunzionalità che emergeranno dal sistema elettorale congegnato una volta approvato. E per sapere chi mette la propria sopravvivenza al di sopra dell'interesse diffuso ad avere una legge elettorale che renda il sistema politico-partitico italiano più simile a quello delle grandi democrazie.

Il potere di ricatto dei partitini, che il segretario del Pd ha ripetuto in più occasioni, sino alle sue ultime dichiarazioni, di voler eliminare, in questo modo rischia di essere riconfermato. E non vale più di tanto l'argomento che questo potere di ricatto sarebbe neutralizzato dalle soglie di sbarramento, indubbiamente più severe rispetto al Porcellum. Con una soglia al 5% per i partiti che si coalizzano (8% per quelli che vanno da soli), è presumibile che oltre ai tre maggiori partiti (Pd, Fi, M5S) riescano a trovare rappresentanza, coalizzandosi e trasformando così, tra l'altro, il voto per loro in voto utile, a destra la Lega, il Nuovo Centrodestra, una formazione di destra-destra, ad esempio con il simbolo di Alleanza Nazionale. A sinistra, una formazione a sinistra del Pd (che ad esempio potrebbe sorgere da un'aggregazione tra i vendoliani e altre formazioni, magari anche con fuoriusciti dal Pd che a quel punto riceverebbero dal nuovo sistema un incentivo alla scissione), più una formazione centrista (si sa che Scelta civica già si muove verso l'accordo con Renzi) che metta insieme pezzi del centro che non vogliono allearsi con Berlusconi.

Come si comprende, dunque, il sistema incentiva da un lato la frammentazione del sistema partitico, dall'altro – e coerentemente - la formazione di coalizioni eterogenee, che con buona probabilità preludono a governi sostenuti da maggioranze divise al loro interno. Ciò non solo perché consente di ottenere rappresentanza con una soglia più bassa se ci si coalizza, ma anche perché pone un complesso premio di maggioranza (scalare) per la formazione (lista o partito) che supera il 35%, prevedendo anche un doppio turno se nessuno supera quella soglia, al quale accedono i primi due, senza obbligo di ottenere una soglia minima. E' chiaro che – come accadeva per il Porcellum e in realtà anche il Mattarellum - ciò spinge inevitabilmente i leader dei maggiori partiti a farsi artefici di accordi che consentano loro di "arrivare primi". L'incentivo è cioè quello di raccogliere il massimo numero di voti rastrellando in ogni modo quanti più consensi possibile.

Naturalmente, nulla vieta che un leader decida diversamente e privilegi la vocazione maggioritaria al rischio di mettere in piedi una maggioranza che una volta al governo gli renderà la vita impossibile, ma l'incentivo per chi dà forma all'offerta politica, appunto, è quello. E anche potenziali imprenditori politici certi di essere in grado di raccogliere un gruzzolo sufficiente di voti, saranno incentivati a dare vita a nuove formazioni, eventualmente anche scissioniste, laddove ritengono vi sia un potenziale, anche piccolo, mercato elettorale (e sul punto Renzi dovrebbe seriamente riflettere). Ma tutto questo va nella direzione opposta a quella che sarebbe auspicabile per una grande democrazia, per una democrazia che si voglia ben funzionante, che richiederebbe una progressiva aggregazione in grandi contenitori partitici, all'interno dei quali si articolano diverse posizioni secondo regole democratiche.

Berlusconi avrà probabilmente pensato che tutto sommato la costruzione di coalizioni sia la strada più efficace per costruire un progetto vincente alle elezioni. Ma ha forse dimenticato cosa significhi governare con alleati piccoli, ma interessati a marcare la propria identità e autonomia. Il rischio è quello che regali al Paese un altro governo di centrodestra fallimentare. Ma anche la vocazione maggioritaria di Renzi è compromessa dal nuovo sistema, nella misura in cui premia appunto le ammucchiate.

Troppo spesso si dimentica che la governabilità richiede non solo una maggioranza ampia, ma anche una maggioranza omogenea e il sistema degli incentivi costruito con questa legge non sembra andare in quella direzione. L'elenco delle criticità di questa proposta elettorale potrebbe continuare, ma ci pare di avere messo in luce quelle più rilevanti, in particolare rispetto alle dinamiche sistemiche che essa tende a favorire o sfavorire (frammentazione o governi di coalizione vs aggregazione in grandi contenitori partitici e governi omogenei). In conclusione, aggiungiamo che se tale proposta dovesse essere approvata nella forma attuale, anche se alle prossime elezioni dovesse dare buona prova (immaginiamo, ad esempio, una folgorante campagna elettorale di Renzi alla guida di un Pd che si presenta da solo e riesce a raccogliere un consenso sopra il 35% o comunque andare al ballottaggio e poi vincere), il sistema degli incentivi rimarrebbe sfavorevole ad una semplificazione del sistema e alla formazione di maggioranze nette e omogenee e dunque una spada di Damocle rispetto al futuro e al mutare delle condizioni. Ma è al futuro che bisognerebbe pensare quando si costruiscono nuove regole.

p.s. Naturalmente avanzando queste critiche siamo consapevoli che al peggio non vi è mai fine. Potrebbe, ad esempio, accadere che si vada a votare con il proporzionalissimo sistema uscito dalla sentenza della Corte (ammesso e non concesso che davvero un sistema bello e pronto sia uscito). Oppure la proposta potrebbe anche essere peggiorata, ad esempio introducendo le preferenze o abbassando le soglie. Ciò detto, crediamo sia legittimo criticare per ottenere risultati migliori, in questo caso esiti più maggioritari. Tanto più che già questo sistema (unito alle riforme costituzionali proposte) è un ripiego rispetto alla riforma che in molti avevamo auspicato, ma che al momento sembra dimenticata, un doppio turno di collegio (non di coalizione!) come in Francia, unito ad una assetto istituzionale semi-presidenziale. Una riforma che avrebbe il pregio di innescare quei comportamenti "virtuosi" di elettori e leader di partito che invece nel modello disegnato sono "viziosi". Ma al momento non possiamo che applicarci a questo finto spagnolo. Speriamo in tempi migliori. In nuove finestre di opportunità.