Chiacchiere a mille, fatti a zero. Il patto per riforme non c'è più
Editoriale
Le chiacchiere stanno a mille, ma i fatti a zero. Il patto su Italicum e fine del bicameralismo – quello della "profonda sintonia" con Berlusconi – è sciolto, anzi dissolto. Lo schema della doppia maggioranza di Renzi – con il Cav. per le riforme e con Alfano per il governo – che teneva sotto scacco l'uno e l'altro e lasciava al segretario del PD il comando di tutte le operazioni, oggi non regge più. Renzi non ha più due maggioranze e, se continua a muoversi come se le avesse entrambe, rischia di non ritrovarsene nessuna e di dovere trattare alla giornata con un Senato sbandato, ridotto a palcoscenico dell'ammuina democratica.
Berlusconi, se i risultati del 25 maggio non riserveranno clamorose sorprese, non concederà mai a Renzi né il voto definitivo sull'Italicum, né il superamento del bicameralismo paritario e non rinuncerà alla paradossale garanzia offertagli dal Consultellum, che con il sistema di sbarramenti sopravvissuti alla "morte" del premio di maggioranza fissa all'8% e al 4% la soglia per accedere a Palazzo Madama e a Montecitorio e dunque, rebus sic stantibus, renderebbe il Cav. dominus assoluto degli equilibri di governo al Senato, dove, se si votasse oggi, accederebbero solo PD, M5S e FI, più una manciata di leghisti lombardo-veneti.
Il vero problema di Renzi oggi, se si prende sul serio il discorso sul "cambiar verso", non è come approvare l'Italicum e la riforma del Senato – cosa praticamente impossibile con una maggioranza bipartisan – ma come evitare di andare al voto con una legge elettorale che comporterebbe inevitabilmente la formazione di un governo PD-FI. Se questo è il problema, far saltare il banco e andare al voto, come suggerisce Giachetti, evidentemente non é la soluzione.
Anziché litigare su due tavoli, Renzi farebbe meglio a chiudere tutte le partite, riforme comprese, sull'unico tavolo che concretamente gli è rimasto, quello della maggioranza di governo. Alfano e gli altri partner di governo hanno un fondamentale incentivo "esistenziale" alla ragionevolezza, Berlusconi no. Con FI il problema non è il contenuto della riforma (quale Senato, con quali poteri e quale composizione..), ma la sua conseguenza, cioè la consegna a Renzi di una vittoria chiavi in mano. Con gli altri "politici" (Grillo escluso, ma Lega compresa) invece ci si può accordare o alla fine – di fronte a insormontabili e molto improbabili resistenze – anche rompere, facendo però loro, come usa dire, molto male. Col tira e molla con il Cav. invece a farsi male è solo Renzi e il suo esecutivo.