mattarella

Premessa. Per mesi i partiti hanno concluso ogni dichiarazione ufficiale elogiando Mattarella, il suo operato, le sue “sapienti mani” cui si affidavano ciecamente, le decisioni che certamente avrebbe assunto nell’interesse superiore della Repubblica. Tutto questo, fino a che queste decisioni non sono state assunte.

Rebus sic stantibus, o se volete "rebus sic stantìe", offrendo la prospettiva di un “governo neutrale” che gestisca i prossimi mesi, Sergio Mattarella ha compiuto una scelta accettabile e comprensibile. Non si butta a mare una legislatura appena inaugurata, prima ancora che questa inizi davvero, con il rischio concreto che il voto ripetuto produca una nuova paralisi (che a quel punto non avrebbe neppure l’opzione politicamente "sostenibile" di un nuovo voto).

Usiamo di proposito l’espressione “voto ripetuto” e non “voto anticipato”, perché crediamo esista una differenza tra una legislatura che termina in anticipo rispetto alla sua scadenza naturale, perché si è prodotto un nuovo equilibrio politico, e una legislatura che muore prima ancora di aver prodotto qualsivoglia risultato (l’assenza di una definizione di quali forze sono in maggioranza e quali all’opposizione fa sì che al momento non siano state formate nemmeno le commissioni parlamentari).

Mattarella non poteva non segnalare agli italiani il rischio che un nuovo stallo post-elettorale metta a repentaglio i conti pubblici italiani e produca un penoso aumento delle tasse per le famiglie italiane. Non si poteva tenere a bagnomaria un governo politico espressione della legislatura passata, guidato da un esponente dell’ormai terzo partito italiano. Non si potevano dare incarichi di governo al buio a un leader politico, che sia Matteo Salvini, Luigi Di Maio o chi per loro, con la premessa che “i voti per la fiducia poi si trovano” (se c’è un gruppo di deputati e senatori interessato a sostenere un governo politico di centrodestra, si palesi prima, politicamente).

Ci sarà dunque un incarico a una personalità di stretta fiducia del presidente della Repubblica, che gestirà il governo finché sarà possibile, finché non si determinerà una maggioranza politica o finché non sarà definitivamente chiaro che questa maggioranza non c’è. E allora si voterà, ma nel frattempo la politica avrà avuto il tempo (speriamo) di riorganizzarsi e di offrire agli italiani un quadro politico meno instabile. Se non accadrà, non sarà certo colpa di Mattarella. Anche l’incarico al “governo neutrale” sarà al buio, viste le poche chance che questo possa ricevere una fiducia parlamentare. Ma Mattarella ha ritenuto che fosse più opportuno che, senza una maggioranza politica, il paese fosse guidato e condotto senza traumi a nuove elezioni da un esecutivo che non rappresentasse nessuna delle “tre minoranze” del Paese.

Le scelte di Mattarella possono piacere o non piacere, ma va riconosciuto al presidente della Repubblica di operare in condizioni a dir poco eccezionali. Siamo nella peggiore crisi istituzionale che la Repubblica potesse sperimentare, con una legge elettorale nuova e già usurata, con sentenze (molto invasive) della Consulta che mettono paletti strettissimi alla possibilità di disegnare un modello elettorale che produca maggioranze certe, con una Costituzione che tutti considerano inadeguata ai tempi (con il pasticcio del Titolo V sul riparto delle competenze Stato-Regioni), con partiti che somigliano più a bande tribali che a organizzazioni democratiche. E sopra tutto questo, un’economia schiacciata dal peso di un debito pubblico abnorme e caratterizzata da un pesante handicap di produttività, nodi che rischiano di tornare al pettine qualora la politica monetaria della BCE dovesse cambiare in senso restrittivo.

Il “governo neutrale” non sarà un governo tecnico perché non ha un mandato tecnico come lo ebbero il governo Dini e il governo Monti, chiamati a esercitare un mandato preciso in termini di riforme economiche e sociali. Sarà piuttosto un esecutivo notarile, di sussistenza più che di emergenza. Riteniamoci fortunati per ora, perché arriverà anche il tempo dell’emergenza.

@piercamillo