logo editorialeA poche ore dal varo dell'esecutivo, la casella dello Sviluppo sembra assegnata all'ad di Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti. Che si confermi o meno questa ipotesi, il solo fatto che abbia circolato per giorni, fino a poche ore dalla salita al Colle di Renzi, dimostra che la sproporzione tra i mezzi e i fini, tra i progetti e gli uomini e alla fine pure tra il dire e il fare rischia di diventare il connotato più caratteristico e per certi versi "costitutivo" del nuovo governo.

Moretti non può diventare il ministro delle liberalizzazioni essendo stato il manager di Stato più ostile a qualunque processo di liberalizzazione e di evoluzione post-monopolistica del settore ferroviario. Sul trasporto pubblico locale, sulla separazione della rete, sulla gallina dalle uova d'oro dell'Alta velocità e sugli altri dossier "sensibili" Moretti ha fatto prevalere la logica per cui "ciò che va bene a Ferrovie va bene all'Italia". La stessa logica che Gianni Agnelli aveva imposto per la Fiat parastatalizzata ante-Marchionne, facendo ovviamente male sia alla Fiat, sia all'Italia.

Moretti, che è un gerontocrate giovane e capace, dalle relazioni e inimicizie trasversali, per rottamare da Via Molise le cattive politiche che hanno frenato il potenziale di crescita del Paese, dovrebbe auto-rottamarsi, mettendo la propria sveltezza al servizio di una causa diversa da quella che ha sempre servito. Cosa possibile, certo, ma improbabile.