logo editorialePerché Renzi può perfino irridere la CGIL, costringendola a ingoiare provvedimenti ostili e invitandola a farsene una ragione, e scatta invece sull'attenti quando l'ANM, che è un sindacato di categoria, non un'istituzione di garanzia degli equilibri costituzionali, lo richiama all'ordine contro le intemperanze del Parlamento (e del suo partito) sul tema della responsabilità civile dei magistrati?

Perché anche per il rottamatore quella sorta di art. 18 della giustizia rimane intoccabile e rimane impronunciabile la verità sull'uso e l'abuso politico di un concetto, quello dell'indipendenza della magistratura, e del suo corollario ideologico, quello dell'irresponsabilità dei magistrati, che rende di fatto impraticabile qualunque riforma "strutturale" e consegna non sola l'organizzazione giudiziaria, ma la stessa politica della giustizia all'autogoverno corporativo delle toghe?

Se la CGIL è un sindacato sempre meno rappresentativo degli interessi generali del mondo del lavoro, l'ANM è un sindacato ancora meno rappresentativo degli interessi generali del mondo della giustizia. Rappresenta qualche migliaio di magistrati, non le centinaia di migliaia di operatori e i milioni di "clienti" che affollano quotidianamente i palazzi di giustizia. Non è un'organizzazione popolare, non è politicamente rappresentativa e, come la magistratura nel suo complesso (per ragioni che non hanno evidentemente solo a che fare con il comportamento dei singoli magistrati), non si può dire neppure, sondaggi alla mano, che raccolga la fiducia della maggioranza degli italiani.

La ragione per cui Renzi ritiene di potersi rivoltare alla tutela ideologica della CGIL, ma non a quella dell'ANM, non ha neppure a che fare con Berlusconi, che non è più un ostacolo, e dunque non è neppure più un alibi. Il ventennio in cui, più o meno, si teorizzava che sulla giustizia non era possibile fare le cose giuste perché avrebbero finito per fare gli interessi della persona sbagliata - il Cav. - è ormai definitivamente alle nostre spalle. Allora qual è o quali sono le ragioni di questa scrupolosa obbedienza? Ve ne sono almeno due e almeno una non va a onore del rottamatore.

La prima ragione è che Renzi, appena arrivato a Palazzo Chigi, ha dovuto zigzagare tra gli scandali Expo e Mose, che hanno il primo lambito e il secondo colpito in pieno il PD. Siamo ancora lontani dall'accertamento di qualunque responsabilità, ma in Italia è d'uso concedere una presunzione di ragione ai magistrati inquirenti, più che di non colpevolezza agli inquisiti. Non solo per ragioni conformistiche, come nel rituale ossequio al "lavoro dei magistrati", ma anche per ragioni di prudenza, perché nel torbido dei rapporti tra affari e politica, spesso al confine tra il lecito e l'illecito, le impronte digitali dei partiti di governo si vedono a occhio nudo (senza bisogno di intercettazioni).

La seconda ragione è che Renzi, in modo evidentemente manifesto, crede che la riforma della giustizia e la "normalizzazione" dei rapporti tra politica e toghe (non necessariamente a danno delle toghe) sia non solo difficile, ma sostanzialmente inutile al suo disegno "riformatore". Come molti - troppi, a sinistra - Renzi sembra anche pensare che gli scrupoli garantisti siano, in fondo, preoccupazioni da avvocati o da delinquenti. Dunque, a scanso di guai, preferisce accettare lo schema consolidato e, tutto sommato, a sinistra ancora molto popolare per cui in tema di giustizia tra il vero e il falso e la ragione e il torto si decide in base al cui prodest, e non al quid est.

E accetta pure, senza fare un plissé, che il "suo" Giachetti, per un riflesso pavloviano molto diffuso tra chi pensa così di "difendere la giustizia", sia subito pubblicamente processato per avere detto una verità forse vera, ma certo inopportuna.

Respons magistrati