logo editorialeLe analisi del voto italiano devono riorientarsi rispetto a un quadro assolutamente diverso da quello che tutte le previsioni, anche quelle “scientifiche” delle agenzie demoscopiche, avevano anticipato e i numeri hanno invece brutalmente smentito.

Si è ragionato in questi mesi su di uno scenario in cui l’ipotesi del sorpasso dell’antipolitica sulla politica, cioè di Grillo su Renzi, sembrava credibile e perfino probabile. Nessuno (letteralmente nessuno) aveva previsto che lo tsunami a cinque stelle non solo non fosse più voluto, ma iniziasse a essere seriamente temuto anche da molti di quelli che un anno fa gli avevano affidato la rappresentanza del proprio scontento.

Così ieri ha vinto un “voto contro” molto diverso da quello che ci si attendeva: il voto contro Grillo, che ha gonfiato le bisacce elettorali del PD anche con il favore di un elettorato, che non è di sinistra, né renziano, ma che non aveva alternative utili, né in alcun senso migliori. Così hanno votato per Renzi tutti gli elettori di Scelta Civica e molti degli elettori “moderati” sganciatisi dalla deriva berlusconiana, cui la paura di Grillo ha precluso l’opzione astensionista.

Renzi oggi è il leader europeo più votato nel Paese europeo che ha espresso il voto più chiaramente europeista, malgrado i consensi delle forze anti-Bruxelles abbia formalmente superato il 50%. È l’unico capo di governo, con la Merkel e anche più della Merkel, che possa sedersi a discutere dei destini dell’Ue e dell’eurozona forte di una legittimazione indiscutibile. La Presidenza del semestre europeo gli offre un’occasione irripetibile e apre per lui e per l’esecutivo un anno-anno e mezzo di governo pericoloso, che procederà di pari passo alla riforma elettorale e istituzionale.

Reduci dall’errore di aver considerato “strutturale” l’irresistibile ascesa grillina, gli analisti potrebbero oggi fare quello di considerare “strutturale” il 40% e più del PD, che invece – azzardiamo – è l’effetto congiunturale del referendum su Grillo e dei suoi esiti. Difficilmente il sistema politico italiano potrà assestarsi stabilmente su di un bipolarismo politica-antipolitica e altrettanto difficilmente la fine della stagione berlusconiana comporterà l’estinzione di un centro-destra di governo, malgrado l’ipoteca forte, ma non irresistibile della componente leghista-lepenista. Tutto torna in movimento, non solo attorno e dentro al Pd, ma innanzitutto fuori.

@carmelopalma

Matteo-Renzi