vittorio emanuele III e badoglio grande

Anche Forza Italia, buona ultima, ha ieri annunciato il Sì alla legge “taglia-parlamentari”. Di tutte le forze politiche presenti in Parlamento, solo +Europa ha confermato per oggi il voto contrario e ha provato a contrastare, anche promuovendo un appello sottoscritto da decine di giuristi e politologi, la “mutilazione della Costituzione”. Senza una riforma della composizione e della funzione delle camere, il taglio dei parlamentari è infatti la semplice amputazione di una parte del corpo legislativo, un sacrificio espiatorio della democrazia offerto agli dei capricciosi della Volontà Generale.

Che però l’iconoclastia del M5S sia oggi accolta con unanime e subordinata rassegnazione anche da forze politiche che, fino a ieri, ne avversavano premesse e esiti legislativi è qualcosa di più profondo e grave di un puro voto di scambio parlamentare. Non c’è in realtà nessuno scambio, nessun do ut des, nessun negoziato. È una vera e propria resa che la classe politica italiana considera imposta da uno stato di necessità, e dunque più “dovuta”, che “voluta”. È una capitolazione “salvavita” collettiva di qualche centinaio di parlamentari alla Rivoluzione che decreta a furor di popolo la morte civile del Parlamento. Nessuno fa nulla, perché nessuno pensa ci sia più qualcosa da fare, tranne che portare a casa la pelle.

È l’abbandono della questione istituzionale per eccellenza – quella della democrazia come regola e garanzia della libertà politica – alle verità coatte del Sillabo anti-Casta e alla violenza dei suoi interpreti più talebani e adeguati, perché più ignoranti, più violenti, più liberi di fare della Costituzione il feticcio delle proprie frustrazioni e della propria cattiva coscienza come gli “studenti di teologia” al soldo di Osama Bin Laden e del Mullah Omar facevano del Corano il calcio del proprio fucile e l’alibi della propria violenza.

È come se tutti questi SÌ al "taglio dei parlamentari" fioccassero perché, per parafrasare un altro famoso interprete della diffidenza alle aule sorde e grigie, in Italia ormai difendere il Parlamento non è difficile, ma inutile e la politica ha già irrimediabilmente invertito il suo canone democratico, non preoccupandosi più di portare il popolo nelle istituzioni, ma di annullare le istituzioni nel popolo, la rappresentanza istituzionale nell’auto-rappresentazione popolare, l’agorà nella “piazza”. Oggi, 8 ottobre 2019, è in realtà l’8 settembre della Repubblica, il “tutti a casa” di un’Italia senza rifugio e di classe dirigenti senza onore.

@carmelopalma