Proibisco ergo sum: vietare è già fallire
Diritto e libertà
Proibire per legge un comportamento giudicato nocivo per la persona che lo compie è una pratica diffusa, non solo in Italia. In nessun caso l’effetto sortito è la rimozione del comportamento vietato. Una conseguenza certa però c’è: chi lo compie è un criminale.
Piantare semi di cannabis è un reato gravissimo, punibile fino a 12 anni. Acquistare cannabis dallo spacciatore all’angolo della stazione centrale invece no. Il primo comportamento, quello proibito, eviterebbe il ricorso coatto all’unico mercato disponibile - che è nero, criminale ma organizzato; consentirebbe un maggior controllo alle forze di polizia, scongiurerebbe per il consumatore l’esposizione a sostanze di qualità pessima e i rischi connessi per la sua salute. Consentirebbe allo Stato di liberare le ingentissime risorse impiegate nella persecuzione del piccolo pesce nello sterminato oceano del mercato delle sostanze psicotrope - che è sempre aperto, ovunque, determina nuovi trend e ne rinnova di vecchi. Le risorse liberate potrebbero essere investite per rendere più consapevoli le persone, da giovanissimi, di cosa parliamo quando parliamo di canne, coca, funghi, acidi, anfetamine, che effetti danno, quali benefici, cosa non fare mai quando si assumono e cosa invece fare in caso di problemi. Questo riporterebbe la questione “droghe” da una dimensione impropria - il crimine - ad una più congrua: la salute personale.
Davanti a una mole di dati, studi, rapporti internazionali che dimostrano l’inefficacia della proibizione nella diffusione del consumo di droghe, buon senso vorrebbe che il legislatore si attrezzasse a cambiare registro: si lasciasse guidare da strumenti di valutazione oggettivi, si facesse ispirare dalle pratiche di successo svolte altrove nel mondo, si ponesse l’interrogativo iniziale, quello che ha innescato la proibizione: come faccio a scoraggiare il consumo, ridurne gli effetti nocivi, agevolare l’emersione (quindi spesso anche la soluzione) di situazioni rischiose?
Filomena Gallo e Marco Perduca hanno raccolto in Proibisco Ergo Sum, (Fandango 2018) una articolata collezione di divieti, tema per tema - e il range è sterminato: si va dall’embrione al digitale, dagli Ogm alla dolce morte, dalla prostituzione al genome editing. La Cannabis insomma è solo la più pop tra le ossessioni proibizioniste. Il legislatore italiano si è applicato con zelo non solo a porre divieti ai comportamenti individuali ma anche a limitare la auto-determinazione individuale, la libertà di ricerca scientifica, l’innovazione tecnologica,
La proibizione può arrivare anche platealmente a confliggere con principi e diritti giuridicamente blindati. Si può dunque avere giustizia, certo, ma a quale costo! La Legge 40, così come inizialmente partorita dal legislatore, è stata sepolta sotto le macerie della sua anti-costituzionalità. Si è dovuti andare nelle aule di tribunale e nelle corti europee, e lo si potuto fare grazie alla iniziativa di cittadini vittime delle discriminazioni anti-scientifiche di quel particolare buco nero normativo. E’ stata lunga, è stata difficile per le coppie coinvolte ma è stata una vittoria, reiterata e continua. La racconta nel libro Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione Luca Coscioni, che da avvocato ha seguito e vinto le cause intentate contro lo Stato italiano.
L’alternativa al proibizionismo certo non è l’anarchia. “All’arbitrio illiberale - scrivono Gallo e Perduca - può essere contrapposta una regolamentazione basata su chiare e verificabili evidenze scientifiche che consentano un bilanciamento di buon senso tra l’esercizio della libertà di scelta e la necessità di vivere assieme in contesti in cui la scienza e la conoscenza rendano possibile l’affermazione della coscienza individuale.”
Proibisco Ergo Sum non è un libro per esperti, sebbene sia scritto col contributo di scienziati, giuristi, attivisti che raccontano gli effetti degeneri delle proibizioni vigenti nel nostro paese - sullo stato di diritto, la scienza, le libertà individuali. La prefazione è di Emma Bonino. E’ un libro politico, infatti, che mostra un modo di concepire la proposta, l’iniziativa politica con metodo scientifico, basandosi sulle evidenze, la verifica dei dati. Tutta un’altra storia insomma rispetto al metodo di elaborazione basato sull’uno vale uno, ovvero sull’uno vale tutti e dove in ogni caso il mondo reale vale zero.