Droghe e dati. Il proibizionismo della conoscenza
È ormai assodato, almeno teoricamente, che le leggi e le politiche sulla droga dovrebbero essere giudicate dagli effetti misurabili. La qualità dei dati e la correttezza del loro utilizzo diventa quindi centrale, ma poiché le evidenze scientifiche suonano come una condanna senza appello della war on drugs, il fallimento del proibizionismo rispetto alle finalità dichiarate può essere occultato solo distorcendone i risultati concretamente conseguiti. Ecco alcuni esempi, a partire dall'Italia.
Conoscere per deliberare
L’ideologia proibizionista alla base di leggi e politiche “antidroga” in Italia sopravvive trascurando qualsiasi dato di fatto. Eppure, è ormai assodato a livello mondiale che le leggi e le politiche debbano essere valutate nei loro effetti e debbano basarsi sulle “evidenze” che derivano da dati reali; lo ha nuovamente ribadito la sessantesima riunione della CND (Commission on Narcotic Drugs), tenutasi presso l’UNODC (United Nations Office on Drugs and Crime) dal 13 al 17 marzo 2017 a Vienna.
La legge vigente in Italia (art.131 del D.P.R. 309/90) prevede un chiarissimo obbligo informativo sulle leggi e le politiche che riguardano l’uso e l’offerta delle sostanze illegali; la "Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia" dovrebbe focalizzarsi "…sui dati relativi allo stato delle tossicodipendenze in Italia, sulle strategie e sugli obiettivi raggiunti, sugli indirizzi che saranno seguiti…" La redazione della Relazione è, dal 2009, compito del DPA (Dipartimento Politiche Antidroga) e dovrebbe insomma informare, entro giugno di ogni anno, soprattutto i politici, ma anche i cittadini, sull’andamento dell'offerta e del consumo di droghe e sull’impatto complessivo delle norme e delle politiche attuate, per fornire evidenze che portino, eventualmente, a modificarle in coerenza con le finalità dichiarate.
Dopo molti anni di pressappochismo, lacune e distorsioni informative, una Relazione scientificamente adeguata è stata quella del 2015, dove compaiono anche interventi metodologici, in gran parte dell’Istat, su una questione informativa centrale: la qualità dei diversi tipi di dati raccolti e presentati. Purtroppo, già la successiva Relazione (2016), oltre ad apparire in grave ritardo, è tornata alla vecchia forma: assolutamente incompleta, scorretta e inadeguata.
Però, anche se il DPA non conosce quali dati derivino dall’applicazione della legge e dall’impostazione della politica e, quindi, come vadano raccolti e presentati adeguatamente nella Relazione, tuttavia alcuni dati, almeno di tipo amministrativo, esistono e, almeno in parte, sono ben noti a persone qualificate, come il responsabile dell'ANAC Raffaele Cantone che, senza esplicitamente appoggiare la legalizzazione della cannabis, cita evidenze importanti e, anche senza dare “numeri”, mostra di conoscerli bene.
Altri noti personaggi, politici e no, invece intervengono sull’argomento mostrando di non conoscere, o di trascurare intenzionalmente i dati essenziali che descrivono il fenomeno “droga” nel suo complesso .
Nel seguito si analizzano alcuni dati ufficiali in merito alle conseguenze dell’approccio proibizionista alla politica sulla droga che, come ormai riconosciuto a livello internazionale, ha prodotto un aumento dell’uso e dell’offerta di sostanze illegali, oltre a stimolare anche la produzione di sempre nuove sostanze psicotrope.
Esempio di conoscenza e non conoscenza di quello su cui ci si esprime
Si consideri la prudente dichiarazione, in forma di domanda retorica, di Raffaele Cantone:
"Mi pongo una domanda, anche se non sono in grado di dare una risposta: una legalizzazione di una droga controllata, anche nelle modalità di vendita, non potrebbe avere effetti migliori rispetto allo spaccio che avviene alla luce del giorno nella totale e assoluta impunità e che riguarda amplissime fasce della popolazione giovane?”.
e poi
“È un po’ un’ipocrisia all’italiana: ci nascondiamo dietro il proibizionismo sapendo che quelle norme sul proibizionismo servono a riempire le carceri, di extracomunitari in gran parte, e nessuno si preoccupa del perché il fenomeno cresce”.
In poche parole riporta molte informazioni, che i proibizionisti non conoscono o, in maniera ipocrita, fingono di non conoscere.
I dati che cita Cantone sono quelli del Ministero della Giustizia, che si possono richiedere all’Istat con l’autorizzazione del ministero: sono chiarissimi, compaiono in una recente pubblicazione (Di Censi e Fabi, 2017), ma purtroppo non sono mai apparsi in una Relazione al Parlamento. Si tratta dei dati dei procedimenti per reati relativi alla legge “antidroga” in vigore; in particolare, in Figura 1 si riporta la frequenza assoluta dei procedimenti iniziati a seguito di denuncia e di quelli archiviati.
Nel grafico si riportano anche i corrispondenti valori distinti per soggetti italiani e stranieri, confrontando due anni in cui, tra l’altro, erano in vigore leggi diverse: nel 2006 c’era la cosiddetta "Fini-Giovanardi", nel 2014 la ripristinata 309/90.
È evidente il fenomeno citato da Cantone: gli stranieri aumentano e, per loro, il rapporto procedimenti iniziati su archiviati (IN/AR nella Figura 1) è molto maggiore che per gli italiani. Naturalmente si ritrova un simile andamento per gli stranieri anche nella detenzione, a cui espressamente si riferisce Cantone.
Nella Figura 2 sono riportati gli andamenti, su un periodo di oltre vent'anni, dei "numeri indice a base fissa", anziché delle frequenze assolute, per evidenziare meglio l’andamento delle due curve: quella relativa al totale dei detenuti e quella relativa ai detenuti stranieri(1). L’andamento della curva degli stranieri mostra molto chiaramente gli aumenti citati da Cantone.
Naturalmente l’aumento riguarda anche i tossicodipendenti (Figura 3), dato che l’attuale legge spinge i consumatori, in particolare di sostanze pesanti, a commettere reati per autofinanziarsi (Farina Coscioni e Rossi, 2016; Di Censi e Fabi, 2017). Nel 2006 è anche evidente l’effetto dell’indulto.
Ma i proibizionisti obiettano riportando motivazioni assolutamente non basate su evidenze complessive e dati reali. Per lo più, si limitano a ribadire l'ovvietà che “la droga fa male”, magari citando qualche episodio di cronaca. Non si chiedono come mai la droga (quella proibita) venga venduta largamente anche dentro le scuole, diversamente da quelle legali, come il whisky. (En passant: in base alle scale dei tossicologi, la cannabis è molto meno tossica dell’alcol e del tabacco, che non sono proibiti, cfr. Nutt et al, 2008 and 2010; van Amsterdam et al., 2010 and 2013).
Le conclusioni del più recente lavoro congiunto delle due scuole europee (van Amsterdam, Nutt et al., 2015) dicono in particolare:
“The outcome of this study shows that the previous national rankings based on the relative harms of different drugs are endorsed throughout the EU. The results indicates that EU and national drug policy measures should focus on drugs with the highest overall harm, including alcohol and tobacco, whereas drugs such as cannabis and ecstasy should be given lower priority including a lower legal classification”.
Tradotto: “L'esito di questo studio dimostra che i precedenti ordinamenti nazionali basati sui rispettivi danni di diverse droghe sono sostenuti in tutta l'UE. I risultati suggeriscono che le strategie comunitarie e nazionali sulle droghe dovrebbero focalizzarsi sulle sostanze con il più alto danno globale, tra cui l'alcool e il tabacco, mentre a sostanze come la cannabis e l'ecstasy dovrebbe essere assegnata una minore priorità, inclusa una classificazione legale inferiore.”
L’inefficacia controproducente della repressione sulla cannabis può essere misurata ed è dichiarata chiaramente nei rapporti della Direzione Nazionale Antimafia (Gennaio 2015) e presentata statisticamente, anche per le altre sostanze “classiche” in Farina Coscioni e Rossi (2016). L’indice di efficacia delle operazioni di polizia sulla "manovalanza" coinvolta nel mercato delle droghe è riportato nella Figura 4 e si vede chiaramente che il valore è perfettamente analogo all’ordine di grandezza delle quantità sequestrate dichiarato dall’Antimafia, che nella relazione dice:
“…senza alcun pregiudizio ideologico, proibizionista o anti-proibizionista che sia, si ha il dovere di evidenziare a chi di dovere, che, oggettivamente, e nonostante il massimo sforzo profuso dal sistema nel contrasto alla diffusione dei cannabinoidi, si deve registrare il totale fallimento dell’azione repressiva (rectius: degli effetti di quest’ultima sulla diffusione dello stupefacente in questione)…”
“davanti a questo quadro, che evidenzia l’oggettiva inadeguatezza di ogni sforzo repressivo, spetterà al legislatore valutare se, in un contesto di più ampio respiro (ipotizziamo, almeno, europeo, in quanto parliamo di un mercato oramai unitario anche nel settore degli stupefacenti) sia opportuna una depenalizzazione della materia…”
“...[gli effetti che] la depenalizzazione avrebbe in termini di deflazione del carico giudiziario, di liberazione di risorse disponibili delle forze dell’ordine e magistratura per il contrasto di altri fenomeni criminali e, infine, di prosciugamento di un mercato che, almeno in parte, è di appannaggio di associazioni criminali agguerrite…”
Tra l'altro, i proibizionisti citano spesso, a sostegno delle loro tesi, episodi di improvvise e gravi alterazioni psichiche prodotte da assunzioni di cannabis. Non considerano però che, finché il mercato è gestito dalla criminalità, non c’è controllo sulla qualità della sostanza che si può vendere, con un livello insospettabilmente alto di THC, mentre invece la legalizzazione potrebbe almeno dar luogo a controlli e informative sulla potenza del prodotto venduto.
Ma come mai i proibizionisti sembrano non conoscere gli aspetti reali del fenomeno su cui “pontificano”? Tanto meno conoscono i dati reali, naturalmente.
Molti dei proibizionisti mostrano "analfabetismo funzionale" o "ideologia ignorante", nel senso che non conoscono e non sanno (o non vogliono sapere? Si nascondono dietro il proibizionismo come ha detto Cantone?) apprendere in generale. Purtroppo, in alcuni potrebbe anche esserci malafede, dato lo stretto rapporto tra corruzione e mercato delle droghe (Caserta e Rossi, 2013).
Una situazione agevolata, purtroppo, dalla preoccupante carenza di strumenti logici e statistici che affligge molti italiani, in questo come in molti altri campi, della quale dovrebbe farsi carico in primo luogo la scuola.
Un’ulteriore evidenza eclatante dell’assoluto effetto dannoso della legge e delle politiche in Italia emerge dall’incremento del mercato illegale e, quindi, del guadagno delle associazioni criminali agguerrite (come le definisce l’Antimafia). Utilizzando le stime ufficiali del guadagno illegale compilate dall’Istat(2), si vede sia la posizione (in testa) dell’Italia rispetto ad altri paesi (Tabella 1), sia l’incremento del guadagno tra il 2011 e il 2013 (Tabella 2). Ma i proibizionisti sembrano non conoscere affatto l’argomento.
Note al testo:
(1) Molto spesso interessa confrontare nel tempo grandezze economiche o sociali per far emergere le tendenze di fondo dei fenomeni. In tali situazioni, è utile considerare, invece dei dati, dei particolari rapporti statistici chiamati "numeri indici". Il numero indice, generalmente costruito prendendo una determinata “situazione” (che può essere un determinato anno) come base, permette di valutare immediatamente le variazioni tra detta base e il “momento” che interessa, consentendo un rapido confronto. Indicando, per esempio, con p0 il prezzo di un bene al tempo preso come base, e con pt il prezzo dello stesso bene al tempo “t”, il numero indice che esprime la variazione del prezzo tra l’anno t e l’anno preso come base è calcolato con formula: It=100pt/p0.
(2) Il metodo che usa Eurostat (e quindi anche l’Istat) produce sottostime sul valore del guadagno in un anno, ma indicazioni importanti sulle differenze percentuali di valore in diversi anni.
Riferimenti:
• Caserta, P.,Rossi, C, Corruption, competitiveness and illicit drug market: a quantitative analysis, UniversItalia di Onorati s.r.l., Roma, ISBN 978-886507-408-4, 2013.
• Di Censi, L., Fabi, F., Statistiche sulla repressione del traffico di droghe in Italia: misurare l'inefficacia delle leggi proibizioniste, UniversItalia di Onorati s.r.l., Roma, ISBN 978-88-3293-000-9, 2017.
• Direzione Nazionale Antimafia – Relazione Annuale 2014 (periodo 01/07/2013 – 30/06/2014) Relazione annuale sulle attività svolte dal Procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso nel periodo 1° luglio 2013 – 30 giugno 2014, Gennaio 2015. (http://www.camera.it/temiap/2015/03/04/OCD177-1033.pdf).
• Farina Coscioni, M.A., Rossi, C., Proibizionismo, criminalità, corruzione, UniversItalia di Onorati s.r.l., Roma, ISBN 978-886507-932-4, 2016.
• Nutt, D. J., King, L. A., Saulsbury, W., & Blakemore, C. (2008). Development of a rational scale to assess the harm of drugs of potential misuse. The Lancet, 369,1047–1053.
• Nutt, D.J ., King, L. A., & Phillips, L. (on behalf of the Independent Scientific Committee on Drugs) (2010). Drug harms in the UK: a multicriteria decision analysis. The Lancet, 376(9752),1558-1565.
• van Amsterdam, J., Opperhuizen, A., Koeter, M., & van den Brink, W. (2010). Ranking the Harm of Alcohol, Tobacco and Illicit Drugs for the Individual and the Population. European Addiction Research; 16, 202-207.
• van Amsterdam, J., Pennings, E., Brunt, T. & van der Brunk, W. (2013). Physical Harm due to Chronic Substance Use. Regular Toxicology and Pharmacology; 66, 83-87.
• van Amsterdam, J., Nutt, D.J., Phillips, L. and van den Brink, W., (2015), European rating of drug harms, J Psychopharmacol. 2015 Jun;29(6):655-60.
http://www.ce3s.eu/2017/02/21/il-monitoraggio-e-la-valutazione-delle-politiche-di-riduzione-dellofferta-lapproccio-quantitativo-con-nuovi-indicatori-2/
INDICE Maggio/Giugno 2017
Editoriale
Monografica
- Tra fiducia e senso critico: la comunicazione della scienza
- La scienza con gli occhi della politica: i pregiudizi di destra e di sinistra
- Vaccini: la fiducia è una cosa seria
- Troppe informazioni, nessuna informazione. Dove va la letteratura scientifica?
- La cultura del sospetto: contro la scienza, perché contro il mercato
- Le parole e la fiducia: le medicine alternative e l’omeopatia
- La medicina della responsabilità: il medico e il paziente di domani
Istituzioni ed economia
- Macron all'Eliseo. L'europeismo che vince, se non attacca l'Europa
- Vilnius, la Nato, l’Ue. Intervista a Linkevicius, ministro degli esteri lituano
- La Turchia dopo il referendum
Innovazione e mercato
- ‘Più Europa’ nelle politiche sociali? Sì, ma per riformare i sistemi di welfare
- Droghe e dati. Il proibizionismo della conoscenza
Scienza e razionalità
- CRISPR, la rivoluzione del genome editing che sembra un OGM ma forse non lo è
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