La domanda circa il "se" i motori di ricerca supportino il pluralismo informativo può esser posta alla rovescia: "Se i motori di ricerca sparissero, il pluralismo informativo ne gioverebbe?".

scudiero grande

A dicembre dello scorso anno il governo guidato dal popolare Mariano Rajoy aveva annunciato l'introduzione di una "tassa sui link" editoriali aggregati da fornitori di servizi di ricerca online. Nella retorica governativa – allineata a quella dei gruppi editoriali riuniti nell'equivalente iberica della nostra SIAE – una simile tassa avrebbe favorito il pluralismo dell'informazione, remunerando i produttori di contenuti giornalistici. Quando però Google ha annunciato che avrebbe chiuso il suo servizio "News" in Spagna, reso antieconomico dal balzello, la retromarcia degli editori è stata tanto imbarazzante quanto esemplificativa: il web è pieno di contenuti – alcuni interessanti e altri meno – ma proprio per questo è necessario che qualcuno, o qualcosa come un algoritmo, sappia mettere ordine tra gli stessi, rendendoli accessibili e conoscibili. E questa è metà della verità circa i motori di ricerca.

L'altra metà è che la mera esistenza dei motori di ricerca, come si leggerà in altri contributi della monografia ad essi dedicata, ha favorito la proliferazione di siti, magazine, punti di vista. Insomma, la promessa di conoscibilità da essi diffusa ha incentivato la produzione di fonti di possibile conoscenza. E questo dovrebbe segnare quantomeno la fine dell'equivoco retorico secondo il quale la posta in gioco, nell'attuale assetto del mercato dell'informazione, sarebbe la diminuzione della libertà stessa di informazione per come la conosciamo, ove a dominare il mercato dell'advertising digitale fossero (come sono) i search engines.

Non è così. La posta in gioco è invece la sopravvivenza di alcuni editori, politicamente ben protetti, in un mercato di contenuti digitali che premierebbe altri, quelli più capaci di cogliere le opportunità offerte dall'innovazione tecnologica e di vincere la sfida competitiva sugli introiti pubblicitari generati dal web.

I motori di ricerca fanno un duplice lavoro: da un lato analizzano audience e connessioni a siti web, dall'altro i dati sui comportamenti individuali degli utenti, generando come output, da un lato, i risultati della ricerca degli utenti e dall'altro pubblicità correlata e targetizzata sul singolo utente. In questo modo si sono guadagnati il successo presso gli inserzionisti pubblicitari, la cui misura dipende dal conversion rate che sono capaci di offrire, ovvero la conversione di click in acquisti. Per tenere alto il conversion rate, da cui in definitiva viene calcolato anche il prezzo delle inserzioni, i motori di ricerca fanno investimenti continui.

La concorrenza intra-mediale, cioè tra motori di ricerca, è infatti sempre alta, in quanto all'utente non costa nulla passare da un motore di ricerca all'altro. E così dicasi per gli inserzionisti: essi decidono di comprare slot pubblicitari su un determinato motore piuttosto che su un altro a seconda della precisione e accuratezza con cui esso accoppia le ricerche degli utenti alle parole chiave indicate in sede di pianificazione della campagna pubblicitaria, aumentando la possibilità che una sessione di ricerca si converta in un acquisto. Tutto ciò avviene attraverso un sistema di prezzi trasparenti calcolati sulla base di parametri tecnici misurabili e conoscibili: i motori di ricerca non discriminano tra utenti/inserzionisti, e anzi favoriscono un'allocazione efficiente di risorse pubblicitarie, molto più di quanto fanno i media tradizionali.

Questa efficienza desta la preoccupazione dei media tradizionali, timorosi che i budget pubblicitari migrino del tutto e definitivamente verso il digitale (dal cartaceo o, in misura minore, dal televisivo). Se questo accadesse, non sarebbe, però, colpa dei motori di ricerca, bensì merito di internet e della sua penetrazione nella vita delle persone. E l'argine, da quel punto di vista, è crollato anni fa.

La sfida, per gli editori, non è dunque quella di spoliare i motori di ricerca per via regolatoria, quanto quella di trovare formule di comunicazione e modelli di business efficaci sul web, anche servendosi dei motori di ricerca come facilitatori di traffico verso i loro contenuti.

@Antigrazioso