Samaritano Van Gogh grande

Nella contingenza non garantita da alcuna forza esterna, nella modernità, i principi etici non ci giungono dall'alto. Ciò che conta, infatti, è la sincerità e la responsabilità individuale, il "compito", la scelta non più rinviabile, la risposta all'eccezione di senso che scuote la norma/normalità.

Non c’è più, quindi, un "Tu Devi" astratto, non funziona la minaccia "esterna" di un Inferno a venire.
L'Inferno è oggi e coincide con il tradimento della nostra libertà, con la sottovalutazione delle prove cui il nostro tempo è sottoposto, con la difficoltà ad onorare i nostri impegni, con la paura e la necessità, ad un tempo, di soccorrere la vittima, il percosso, l'abbandonato.
Coincide, anche, con la tragedia dell'impulso "innaturale" - innanzi al "potente paranoico" - che non ci fa girare di spalle, ma che ci spinge ad interrompere il male attivamente, fermando la mano del violento, nonostante tutto e, probabilmente, perdendoci.

L'etica, sempre più oggi, ha a che fare con la promessa e con il perdono: con l'impegno, quindi, che "ferma" il Mondo in balia degli eventi automatici attraverso la fiducia che costruisce e struttura e, allo stesso tempo, con il rilascio della presa (della stretta), che "scioglie" il Mondo nella grazia che apre al futuro pacificando il passato.

Certo, anche oggi ci servono delle "stampelle", delle forze cui appoggiarci per reggere meglio lungo la strada sempre più sconnessa e oscura. Quali sono, dunque, le norme fondamentali di una morale autonoma?
Ve ne propongo due.

La prima è di Agnes Heller (la grande filosofa magiara che visse tre oppressioni senza mai arrendersi, l'ultimo quello di Orban) e si richiama a Socrate: "E' meglio subire un torto che generarlo".
La seconda la espone Hans Küng (il teologo teoretico del dissenso cattolico e dell'anticlericalismo): "L'uomo deve realizzare la sua umanità, per l'uomo è bene ciò che lo aiuta a diventare veramente uomo". In tutti e due gli approcci si palesa un afflato che io definirei "religioso", di una religione aperta intimamente connessa all'autentico multidimensionale del singolo e delle sue scelte.
Si potrebbe parlare, infatti, di trascendenza interiore e concreta, di dualizzazione dell'immanenza, di coscienza verticale.

E per tutto questo, quindi, è solo la prassi, la decisione libera e sofferta, il salto non garantito da rete o paracadute, il gesto risoluto, il movimento paradossale e imprevisto del Samaritano, che conferma, "prova", provoca e supera - nella realtà e innanzi al baratro del Male - la teoria, il principio, il vessillo, la "bandiera" di qualsiasi ideologia.

In fondo - ed è quello che emerge ancora oggi e con più forza in ogni nuova sporca guerra - la "persona buona e risoluta" esiste ed opera con coraggio ed è questa straordinaria epifania - e non l'ordinario automatismo del violento seriale - a costituire, propriamente, un miracolo.