Tiziana Cantone siamo noi: scrivetelo adesso, perché è ora di cambiare
Terza pagina
Sono passati più di 160 anni da quando un Gustave Flaubert esasperato dall'ottusa incomprensione dei suoi contemporanei esclamò 'Madame Bovary c’est moi': ma lui era un fine intellettuale dell’Ottocento e la sua provocazione probabilmente scivolò addosso ai più, come tra qualche giorno scivolerà nell’oblio la scomparsa di una ragazza che ha ceduto sotto il peso schiacciante di una società fondamentalmente maschilista. Una società in cui uno dei comandamenti recita: “non desiderare la donna d’altri”, implicitamente riducendo la femmina a cosa di proprietà presumibilmente maschile, di certo non padrona di se stessa.
Allora io provo a dirlo in modo più eclatante, più grezzo e sfacciato, com’è di moda oggi: a me piace leccare la fica, così come a Tiziana piaceva succhiare il cazzo. Se trovate qualche asimmetria nell’ultima frase, se ritenete che una parte sia legittima o comprensibile e l’altra oscena, allora siete sessisti. Se invece inorridite di fronte alla frase intera probabilmente avete “solo” qualche complesso irrisolto o qualche pudore di troppo.
In ogni caso, se la vostra reazione è diversa da “sono fatti loro” quel che siete è semplice da definire: estremisti. Come tutti gli estremisti pretendete di essere detentori della morale, del giusto e del vero, e prima o poi finirete per giudicare e odiare chi non la pensa come voi.
Tiziana Cantone era una ragazza che faceva sesso in maniera libera e spregiudicata, come fosse stata un uomo: Tiziana era una persona pensante, che sceglieva di fare ciò che poteva dare piacere al proprio partner e direttamente o indirettamente a se stessa. Tiziana Cantone era forse ciò che molti uomini sognano: una donna spregiudicata nell’intimità della coppia. Ma quello che è mancato a Tiziana è la seconda faccia, quella che ogni uomo “che si rispetti” pretende dalla sua donna: compiacere sì i suoi sogni erotici nel privato, ma mantenere una facciata pubblica di castità. Insomma Tiziana andava bene come oggetto sessuale, ma non ha fatto bene il suo lavoro di oggetto ornamentale domestico.
Così, quando è diventato virale il video in cui mostrava la sua disinibizione nel fare sesso orale - certo aggravato dalla capacità di compiacere verbalmente il bisogno del compagno di sentirsi padrone - Tiziana non ha retto alla valanga di insulti che le è stata riversata addosso da chi non poteva sopportare l’idea di mettere in dubbio una morale millenaria che vuole la donna appendice del maschio: proprietà esclusiva spogliata del diritto di ricercare il naturale proprio piacere.
Ieri come oggi. Nel 1857 l’autore di Madame Bovary fu trascinato in tribunale da un tale Ernest Pinard: un omuncolo frustrato e bigotto, che non sopportava l’invidia per le pagine magistrali in cui, con poesia e sensibilità, Flaubert narrava la storia di una donna che voleva inseguire i propri sogni e il proprio piacere. La storia era ispirata a una vicenda vera: Delphine Delamare si era infatti tolta la vita, come molte prima e dopo di lei, per essere stata additata come adultera e libidinosa. La frustrazione che animò l’attacco di Pinard fu palese quando si scoprì che lo zelante censore era nascostamente autore di poesiole oscene di secondo ordine.
L’invidia di ieri non è già finita. Chi sono stati i “Pinard” di oggi? Prima di tutto i media, che si sono tuffati nella vicenda a caccia di audience, trattando l’argomento nel modo più superficiale e irrispettoso. E poi tanti, troppi frustrati che hanno preso l’occasione al volo per dimostrare sui social il proprio presuntuoso estremismo, il proprio strisciante maschilismo mascherato da morale.
Allora credo sia utile chiarire alcuni punti che forse potrebbero distrattamente passare per “ragionevoli” una volta di troppo. Ad esempio ho sentito paternalisticamente dire che Tiziana “ha sbagliato”, che “è stata imprudente” o che “se l’è cercata”. Tutti subdoli insulti alla libertà di una donna di fare ciò che vuole, tutte assoluzioni tacite dei veri colpevoli: di chi ha deciso che le scelte sessuali di una persona dovessero andare in pasto ai più gretti dei commentatori.
Tiziana non si è cercata proprio nulla: quand’anche fosse stata lei a far girare il video, la scelta di far passare un naturale atto di sesso come una depravazione è il vero reato di una società malata di perbenismo in cui la donna è vista come un oggetto di cui l’uomo dispone a suo diletto. Nel video erano in due, ma si è uccisa solo Tiziana, perché probabilmente fino a ieri il ragazzo era accolto da pacche sulle spalle, ammiccamenti e grandi complimenti di stolti che già Flaubert dipingeva bene come uomini rozzi e goffi, dal pensiero “piatto come un marciapiede”.
Si è impiccata al suo foulard Tiziana: ha soffocato così la bocca che ha avuto l’ardire di fare ciò che le piaceva. Si è staccata la testa Tiziana, quella testa in cui il vero organo di piacere, il cervello, aveva svolto la sua funzione fuori dalle regole della morale pubblica. È stata lapidata di insulti Tiziana: uccisa con parole che erano pietre, scagliate da chi non sopporta la libertà, essendo forse schiavo della propria miseria, della propria incapacità di pensare al di là dei precetti sociali.
Addio Tiziana, sei morta da sola, ma non sarai purtroppo sola nella lunga storia del genere umano, che non ha ancora imparato a trattare gli individui come persone, al di là dei gusti e delle inclinazioni personali.