Con una sentenza che sta già facendo discutere, la Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha stabilito che un ovulo non fecondato non può essere considerato un embrione umano, in quanto incapace di dare origine a un intero organismo. Di conseguenza, l'utilizzo a scopo industriale e commerciale di queste cellule non è in contrasto con la direttiva UE 98/44/EC sulle invenzioni biotecnologiche. Benché la notizia sia stata accolta con sdegno da una parte dell'opinione pubblica, è innegabile il fatto che questa decisione rappresenti un punto di svolta per la ricerca sulle cellule staminali.

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Le potenzialità di queste cellule per la medicina del futuro, infatti, sono rimaste in larga parte inesplorate proprio per vincoli legali, dettati essenzialmente da motivazioni etiche. A dispetto di qualcuno che ha tentato di infangarne il nome praticando tecniche al limite della stregoneria (chi ha detto Stamina?), le cellule staminali rappresentano una risorsa straordinaria per la farmacologia e la medicina rigenerativa: possono essere utilizzate per testare farmaci ad esempio, o per sostituire tessuti danneggiati. Ci abbiamo provato, a non utilizzare le cellule staminali embrionali, le uniche in grado di differenziarsi in qualsiasi tessuto dell'organismo: nel 2006 il premio Nobel Yamanaka ha inventato le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), prodotte a partire da cellule adulte già differenziate. Ma, come ci ricorda Nature, non è affatto una strada in discesa. I meccanismi molecolari alla base di questa riprogrammazione cellulare non sono ancora del tutto chiari, e le ultime ricerche indicano che queste procedure possono indurre alterazioni genetiche potenzialmente pericolose per un utilizzo nella medicina rigenerativa.

Ecco perché la sentenza della Corte di Giustizia Europea è importante per la ricerca scientifica. Le cellule staminali sono una carta importante da giocare per il futuro della biomedicina, ma se vogliamo che diventino un'opportunità terapeutica concreta nel breve periodo non possiamo permetterci il lusso di sbarrare una strada promettente senza una valida ragione per farlo. Una di queste strade era quella intrapresa dalla International Stem Cell Corporation, la biotech californiana che si era rivolta alla Corte dopo essersi vista negare due brevetti dall'Intellectual Property Office del Regno Unito.

L'azienda ha messo a punto una tecnica in grado di differenziare un ovulo non fecondato in diversi tessuti (nel caso specifico si tratta di cellule della cornea), mediante partenogenesi. Durante questo processo l'ovulo si comporta come un embrione nelle prime fasi di sviluppo, e per questo motivo le domande di brevetto erano state respinte. Ma la stessa Corte che nel 2011 aveva equiparato tali cellule ad embrioni veri e propri, oggi riconosce che un ovocita partenogenetico non può essere considerato un embrione a tutti gli effetti in quanto - essendo privo di metà del DNA - non è in grado di svilupparsi in un organismo completo. La palla ora passa ai tribunali inglesi, che sulla base della sentenza dovranno decidere che fare delle domande di brevetto della società americana.