Tsipras, la sinistra italiana e il mito dell'uomo forte
Istituzioni ed economia
Atene, ore 19.00 del 25 gennaio, si chiudono le urne. In strada si allunga il passo per tornare a casa: sono iniziate le dirette televisive. La folla che comincia ad arrivare al gazebo principale di Syriza, a pochi passi dal bell'edificio neoclassico dell'Università di Atene, è sorridente ma composta.
Ai primi exit poll, arrivano i primi abbracci: Tsipras e la sua speranza (la parola chiave di ogni suo comizio, riportata in ogni spot e in ogni cartellone) sono saldamente davanti a Nea Dimokratia del premier uscente Samaras.
Solo un gruppo sulla sinistra del gazebo si agita come fosse ai mondiali di calcio. Sta davanti ad uno striscione, piazzato strategicamente nel punto più inquadrato dalle tv: è la "brigata Kalimera", l'armata Brancaleone della sinistra italiana che dalle minoranze Pd alle sezioni di Rifondazione si è imbarcata sugli aerei low cost del weekend ed è venuta a festeggiare, un po' come ai tempi di Zapatero (avventura, quella, non propriamente finita nei migliore dei modi, NdA), una vittoria che sente già sua.
Già al comizio finale di Syriza, a piazza Omonia, si erano fatti notare sventolando i bandieroni cuciti con le bandiere avanzate dell'Altra Europa, la lista che ha riportato, se pur a fatica, la sinistra italiana al Parlamento europeo, con Tsipras nume tutelare e padre nobile. Mentre gli exit poll confermano il vantaggio, gli italiani sono sempre più scalmanati: sventolano i tricolori, le bandiere di Rifondazione comunista, dei No tav, un paio del PCI e pure un elegantissimo e morigerato cartello "Merkel suca".
Non è una sorpresa la vittoria di Tsipras: sono mesi che erode consensi alla coalizione di governo uscente. Samaras ha tentato il tutto per tutto a fine anno scorso: una finanziaria tutto sommato leggera che sperava potesse garantirgli un sufficiente favore popolare per continuare a governare dopo le manovre sanguinarie degli anni più duri e la decisione, poi dimostratasi perdente, di anticipare da febbraio a dicembre l'elezione del Presidente della Repubblica.
I sondaggi pubblicati dalla stampa greca si sono susseguiti fino all'ultimo giorno: in tutti Tsipras avanti, ora di cinque punti, ora di tre, ora di nove. Il dibattito era incentrato anche su altro, però, soprattutto su quali fra i partiti piccoli sarebbero riusciti ad entrare in Parlamento: da quelle percentuali dipendeva la possibilità per Syriza di formare un governo monocolore, raggiungendo fin da subito, grazie al premio di maggioranza, la maggioranza assoluta di 151 seggi.
E, fra i "piccoli", i nomi sono importanti: il Pasok innanzitutto, che prima dell'inizio della crisi veleggiava sempre a doppia cifra e che ha pagato in prima persona l'essere il governo in carica nel momento in cui tutto è precipitato. C'è poi Papandreou, che di quel governo era Primo Ministro e che a neanche un mese da queste elezioni politiche è uscito dal Pasok per fondare il Movimento dei Socialisti Democratici, e non è da dimenticare il partito dei Greci Indipendenti (ANEL), la fronda antieuropeista di Nea Dimokratia. Sicuri di superare lo sbarramento, altri partiti si contendono il terzo posto (e quindi la possibilità di avere un ruolo formale nell'ambito delle consultazioni): KKE (partito comunista greco), Potami e Alba Dorata, il partito nazionalista di estrema destra i cui principali esponenti, attualmente, sono in carcere.
Potami è una delle novità dell'ultimo anno, un movimento frettolosamente paragonato al Movimento Cinque Stelle perché fondato da un non politico, il giornalista Stavros Theodorakis, ma che in realtà è un centrosinistra socialdemocratico con al suo interno però anche i candidati di Drasi, il partito più liberista che si sia mai visto in Grecia, quasi un ossimoro e che infatti vanta come massimo successo un 1,8% alle elezioni del maggio 2012.
Con l'aumentare dei sondaggi, aumentavano anche i riflettori sulla Grecia da parte dei media di mezzo mondo, italiani soprattutto. Ogni giorno un titolone su Tsipras, che andava di pari passo con le attestazioni di stima (Je suis Alexis?) provenienti dai politici più disparati (i Kalimeros, sì, ma anche Meloni e Salvini). Tutti a inneggiare al capitano coraggioso che, con il suo no agli accordi dei governi precedenti con la Troika, trasformerà la spietata Europa delle banche nel migliore dei mondi possibili.
Poco male che le stesse dichiarazioni di Tsipras vengano tradotte in modo non proprio accurato, che i titoloni vertano solo sul fatto che è in cospicuo vantaggio e non sugli scenari che si aprirebbero in caso di non raggiungimento della famigerata soglia 151. Quasi nessuno, nelle italiche pagine, riporta il rifiuto del KKE di allearsi con Syriza, alleanza che Tsipras propone solo e unicamente alle formazioni anti-memorandum (e nessuno che si ponga il dubbio di quali altri partiti non europeisti con chance di entrare in Parlamento rimangano).
Intanto lo spoglio va avanti e arrivano i primi dati veri. Già a metà dei seggi scrutinati le percentuali sono fissate: 36% per Tsipras, 149 parlamentari. Solo due seggi lo separano dalla maggioranza assoluta. Le preghiere in piazza (mentre i Kalimeros saltano e ballano) sono tutte per quei due seggi mancanti. Le ore passano ma i risultati no: i giornalisti sono in diretta da ore, di fatto senza interruzioni pubblicitarie ma sembrano avere tutti la resistenza di Enrico Mentana. Tsipras raggiunge prima la sede del partito e poi il gazebo all'Università. Ha vinto. In tv passano gli sconfitti: il più contrariato è Venizelos del Pasok che, con il suo aspetto e il suo eloquio imponente, inveisce contro il transfuga Papandreou. Anche con lui sarebbe cambiato molto poco, comunque, considerando che il suo partito si è sconsolatamente fermato sotto la soglia di sbarramento.
È già notte fonda quando, prima di chiudere i collegamenti in diretta, le televisioni danno la vera notizia della giornata: alle dieci e mezza di mattina è previsto un incontro fra il Primo Ministro in pectore e Kammenos, il leader dei Greci indipendenti. Nessuno in Grecia si scompone più di tanto - le dichiarazioni di Tsipras sui possibili alleati erano state chiarissime - ma per la nostrana Brigata, ora un po' ubriaca di ouzo, è come entrare in un brutto sogno.
Si materializza il loro peggiore incubo: le intese per le riforme e per la governabilità, tanto contestate in patria, si presentano in Grecia sotto le peggiori spoglie. I Greci indipendenti, infatti, sono un concentrato di antieuropeismo, militarismo, un neanche troppo vago antisemitismo, politiche conservatrici sui diritti civili e pure una spruzzata di scie chimiche.
Dal Patto del Nazareno al Patto del Partenone il passo è breve. E anche brevi sono le ore che trascorrono fino alla partenza dell'aereo che riporterà la Brigata a casa. Forse ora è il momento di imparare lo spagnolo: Podemos?