Alla fine degli anni '40 a difendere le ragioni della "pace" staliniana contro lo scandalo della "guerra" americana e della strategia atlantica di contenimento militare del gigante sovietico era il movimento dei Partigiani della Pace, un'organizzazione di matrice social-comunista e di osservanza moscovita, particolarmente sensibile al problema democratico rappresentato dalla guerra fredda al di qua della cortina di ferro e del tutto disinteressata ai destini umani, civili e politici di quel pezzo di mondo che la logica di Yalta aveva tenuto al di là dei confini dell'impero sovietico.

Berlusconi Putin grande

Fa un certo effetto vedere quindi Berlusconi, che era sceso in politica vent'anni fa come araldo di un atlantismo tanto didascalico da apparire radicale, rispolverare oggi i motivi, le tesi e perfino la retorica che settant'anni prima Nenni e Togliatti agitavano nella loro stagione frontista in difesa di Stalin. Le sue parole contro l'isolamento di Mosca e contro il rischio di un'escalation militare, in risposta all'annessione della Crimea, hanno la stessa "popolarità" e la stessa plausibilità politica e morale di quelle che i Partigiani della Pace pronunciavano stentoreamente contro l'isteria bellicista delle democrazie occidentali.

D'altra parte, non c'è più l'Urss, ma la silovikicrazia moscovita, se ha smesso di essere ideologicamente comunista, non ha cessato di essere sovietica nelle pretese e nelle scelte geopolitiche di fondo. La fine dell'Urss ("la più grande tragedia del XX secolo", per il capo del Cremlino) riconsegna così a una Russia priva di vere aree di influenza economica l'esigenza di consolidare il proprio "spazio vitale" condizionando i paesi satelliti militarmente o con un uso bellico della bolletta energetica. E analoga minaccia la Russia rivolge agli ex "paesi fratelli" nel frattempo confluiti nel campo atlantico e europeo.

A un Obama sempre forte "in casa", ma sempre più fragile "fuori casa", dove è stato a disagio e ben al di sotto di qualunque aspettativa per l'intero periodo della sua presidenza, il "conservatore" Berlusconi non rimprovera quindi l'irresolutezza e la riluttanza a difendere le ragioni e la dignità di un Occidente umiliato dall'annessione della Crimea, ma addirittura l'avventurismo politico-militare. Comunque finisca l'avventura politica del Cav. e qualunque sia la ragione della sua incrollabile amicizia con Putin, questa è "l'anomalia" che, più di tutte le altre, macchia indelebilmente la sua carriera di statista.

È evidente che nella crisi apertasi con la Russia l'Occidente è intrappolato in una situazione molto scomoda, tra la dipendenza energetica e debolezza politica dell'Ue e l'evidente e comprensibile indisponibilità degli Usa ad aprire un braccio di ferro militare con il Cremlino sulle rive del Mar Nero. Ma la difesa di Putin e delle sue ragioni non è una proposta, è una resa senza dignità e senza decoro.