Bonino e Calenda, un errore di ingenuità e di arroganza
Istituzioni ed economia
Lascio ad altri le battute sulla coerenza di Calenda e Bonino, dopo che di tale categoria i due si erano fatti vanto solo una decina di giorni fa lanciando il “Fronte Repubblicano”. Due sono, a parer mio, gli errori politici di fondo commessi da Azione e Più Europa nel raggiungere un accordo col Partito Democratico.
Il primo è un errore di valutazione: non aver compreso che, con tutta probabilità, la tendenza in crescita fotografata dai sondaggi era dettata dall’auspicio che le due forze corressero da sole come terzo polo indipendente.
Chi è vicino a quell’area di voto sa quanto le rispettive basi stessero salutando con favore una simile opzione. Sa quanto sarebbe stato più facile, in tal caso, convincere gli scontenti dell’attuale offerta politica a non starsene a casa il 25 settembre.
Un errore politico frutto di presunzione paternalistica, di scarso coraggio e anche di una buona dose di cinico opportunismo.
Nulla potrà togliere l’idea che si sia preferito un certo numero di seggi sicuri nell’uninominale, invece di scommettere su un più alto numero di seggi nel proporzionale.
L’altro errore è di metodo.
In politica la forma è sostanza, se non altro perché lo scopo rimane quello di attrarre voti e non di respingerli. Per cui l’etichetta, la forma, una certa raffinatezza empatica risultano il minimo che si possa chiedere a un leader. Di sicuro ad un leader che si candidi a guidare un’area moderata.
Invece il registro principale del metodo seguito da Più Europa e Azione per arrivare a stringere una “alleanza” con il Partito Democratico (usiamo le virgolette, perché abbiamo una idea della politica che va ben oltre le due sterili paginette siglate con Letta e che dovrebbero sancire chissà che cosa) è la tracotanza.
Il gioco di veti (incomprensibile quello su Renzi), ricatti e imposizioni in casa d’altri, ossia in una alleanza che annoverava Sinistra Italiana e i Verdi ben prima di Calenda, è atto di presunzione arrogante che di per sé indispone e allontana l’elettore.
Un conto è alzare i toni ed essere implacabili sulla propria linea politica (e avendo le mani libere), altro conto è fare gli arroganti e vantare pretese sulla linea politica degli altri.
Lo dico da potenziale elettore dell’alleanza Azione/+Europa fino a una settimana fa: chissenefrega della linea politica degli altri, a cominciare da quella del Partito Democratico (dove, tra l’altro, la corrente di Base Riformista rimane netta minoranza e quella che elesse Zingaretti netta maggioranza).
Chissenefrega di provare a staccare Letta da Fratoianni e Bonelli. Un’azione politica di tale genere nasce squalificata in partenza.
Sedersi a casa d’altri e pretendere di imporre le proprie condizioni con riguardo ai commensali non invitati (Di Maio, Fratoianni e Bonelli) non è un metodo che può appartenere all’area politica a cui Azione e Più Europa ritengono di appartenere.
Anche se Letta ti sta ad ascoltare e pure ti firma le due paginette, che razza di metodo è? Che razza di azione politica è quella che si preoccupa della linea politica altrui, dettando condizioni come ricatti?
Si tratta di un’azione che parte sviata, perché impone di misurarsi sempre in rapporto alle scelte politiche degli altri.
La verità è che Calenda, magari per seguire i ben più convinti Emma Bonino e Benedetto della Vedova, si è messo in trappola da solo, mettendo seriamente a repentaglio il capitale che aveva accumulato.
Il dramma è che, in questo vicolo cieco, Calenda è costretto adesso a divenire ancor più arrogante, rivolgendosi a Bonelli e Fratoianni con frasi come “Non c’è spazio per voi in coalizione” addirittura ergendosi a capo dell’alleanza e offrendo su un piatto d’argento a uno come Di Maio l’accusa di estremismo.
Purtroppo, tutto ciò rivela anche una certa dose di ingenuità: come si può pensare che il Partito Democratico rinunci all’appoggio a sinistra nelle proprie roccaforti? Dovendo scegliere il PD preferirebbe verosimilmente Fratoianni a Calenda, il cui apporto sarebbe comunque relegato ai collegi più difficili già in mano alla destra.
Fratoianni e Bonelli lo sanno, e hanno contrattaccato in maniera politicamente prevedibile.
Se Letta sceglierà – come sceglierà – Fratoianni e Bonelli, Calenda sarà costretto a fare marcia indietro. Lo farà tornando dalla sua base a raccontare che la colpa è tutta del Partito Democratico. Qualcuno si farà persuadere. Molti altri, io temo, non potranno che pensare che il finale fosse già scritto.