Purtroppo si illude chi spera che l'espulsionismo paranoico del M5S possa oggi indebolire Grillo e il monopolio della Casaleggio Associati sulla gallina dalle uova d'oro del pregiudizio antipolitico. Grillo non è diventato per errore, né per caso, il beniamino di un'Italia disgustata dal malaffare e sfiduciata dalle possibili alternative democratiche al magna-magna partitocratico.

L'Italia non ha scelto Grillo "sbagliandosi" e senza comprendere chi fosse, come l'Italia fascista non scelse Mussolini confondendo la sua inclinazione autoritaria con l'intemperanza psicologica per la lentezza e l'inefficienza del notabilato liberale, che aveva vinto la guerra, ma perso la pace. Anche il grillismo, a suo modo, è l'autobiografia della nazione. Anche Grillo, mutatis mutandis, non ha bisogno di nascondere, ma di rivendicare l'omicidio di Matteotti.

Grillo

Grillo oggi vince perché è Grillo, non malgrado lo sia e perché c'è un pezzo d'Italia disposta culturalmente a transigere sui mezzi, ma non sui fini di una salvezza politica low cost. Che tutto questo passi per il sacrificio di qualche dissidente, non è questione che rileva né che angosci chi si è disperatamente convinto che per sfamare il popolo sia sufficiente affamare i politici e trascinare l'Italia fuori dall'equivoco e dalla truffa della democrazia rappresentativa e dalla "macchinazione" dei suoi protagonisti.

Quando – non è passato troppo tempo – Bossi inventò la Padania per offrire una terra promessa alla peregrinazione politica del Nord e liquidò con metodi altrettanto spicci gli oppositori dell'ideologia secessionista, non perse, ma aggiunse seguito alla carovana del "Basta Roma, basta tasse!", trasformando la questione settentrionale in una questione meridionale alla rovescia, in un esercizio di vittimismo sanfedistico uguale e contrario a quello con cui l'Italia "terrona" reagì all'unificazione nazionale.

Grillo è il modo in cui un pezzo d'Italia tutt'altro che marginale ed estrema protesta la propria innocenza per le colpe della politica e si dissocia da essa. Non basta il sacrificio di un Orellana o di un Battista per disgustare quella maggioranza silenziosa che gli ha affidato la vendetta (e la rendita) del proprio malcontento. A differenza di Bossi, che in fondo era un politico "tradizionale", ingolosito dall'idea di entrare e comandare nella stanza dei bottoni, Grillo sa di doverne stare alla larga e di non potere misurarsi con il governo di nulla, senza perdere l'allure antipolitico.

Se "i politici sono tutti ladri", a Grillo basta continuare a "non rubare", cioè a schifare non solo i quattrini, ma soprattutto il mestiere della politica, per rimanere credibile e "diverso". E potrà continuare a far fuori tutti i traditori che vuole, senza pagare dazio, finché l'Italia che oggi lo segue non si sveglierà dall'incantesimo e non ammetterà quanto sia disonesta la sua utopia post-democratica e quanto sia stato disonesto avervi creduto.