La discussione sulle riforme costituzionali negli ultimi due decenni – dopo l’autonomia statutaria regionale del 1999 e la riforma del Titolo V del 2001 – si è incentrata essenzialmente su due criticità, che rendono il sistema istituzionale italiano anomalo sia dal punto di vista statistico, che dal punto di vista funzionale.

L’Italia è la sola grande democrazia parlamentare al mondo:
- che ha due camere elette più o meno allo stesso modo e con le medesime funzioni;
e
- che unisce un’ampia e confusa devoluzione di competenze legislative alle regioni all’assenza di una camera di composizione e compensazione della conflittualità istituzionale tra “centro” e “periferie”.

L’Italia politica, ovviamente, non ha solo questi problemi né solo queste anomalie (magari fosse così), ma istituzionalmente queste sono le criticità strutturali più evidenti e dibattute sul piano scientifico, accademico e pubblicistico, fino a diventare dei veri e propri refrain della discussione parlamentare.

Uno dei paradossi della cosiddetta riforma sul “taglio dei parlamentari” è quella di avere stralciato questi nodi decisivi per l’efficienza del nostro sistema istituzionale. Ma, se è possibile, quelli che vengono individuati come correttivi e completamenti del taglio degli eletti, confermano che questi nodi non sono stati stralciati – in attesa di un esame più accurato – ma sono stati letteralmente rimossi dal dibattito politico-costituzionale.

Quali sarebbero infatti i correttivi individuati come necessari da quanti ritengono il taglio dei parlamentari solo il primo modulo di un più compiuto adeguamento istituzionale?

Quelli costituzionali sono contenuti nel cosiddetto progetto di legge Fornaro, che dovrebbe ridurre da 2 a 3 i delegati regionali per l’elezione del Capo e dello Stato e soprattutto superare il principio dell’elezione del senato “su base regionale”, di modo da ridurre gli squilibri della rappresentanza territoriale. È anche stato previsto un emendamento (già approvato in Commissione al Senato in altro provvedimento) che equipara l’età dell’elettorato attivo e passivo del Senato a quella della Camera (18 anni per votare e 25 per candidarsi).

In questo modo non solo non si interverrà sul bicameralismo perfetto (anzi, ripetitivo), ma lo si perfezionerà in modo compiuto, facendo della camera alta (Senato) un puro doppione della camera bassa (la Camera) votata dagli stessi elettori, allo stesso modo e con le stesse funzioni, ma, semplicemente, grande la metà. Dal bicameralismo paritario al monocameralismo dimezzato, anzi dissociato: che fenomenale passo in avanzi.

L’altro correttivo dovrebbe essere l’approvazione di una nuova legge elettorale, il cosiddetto progetto di legge Brescia, dal nome del presidente M5S della Commissione Affari costituzionali di Montecitorio, di cui all’inizio della prossima settimana dovrebbe essere adottato il testo base e il 25 settembre ( a referendum morto e sepolto) dovrebbe iniziare la discussione nell’aula della Camera.

Il primo problema, che ormai sembra provocatorio sollevare perché tra gli statisti giallorossi certi rilievi scolastici suonano insopportabilmente oziosi, è come sia possibile che una architettura costituzionale possa essere messa al sicuro e al riparo da rischi politici da una legge ordinaria, che qualunque maggioranza di governo è in grado di modificare.

Comunque, al di là delle caratteristiche della proposta – proporzionale di lista con sbarramento al 4-5%, abolizione delle coalizioni – essa a dispetto del nome affibbiatole, il “Germanicum”, non istituisce affatto il sistema tedesco (mancano sul piano elettorale i collegi uninominali, e dal punto di vista costituzionale non è previsto il cancellierato e il sistema di sfiducia costruttiva) e soprattutto non risolve nessun problema legato al federalismo paritario e al conflitto di competenze tra stato e regioni.

Allora perché tutto questo entusiasmo dei sostenitori del “taglio” per la rapida calendarizzazione di tutte le misure di complemento? Per nascondere la verità dei fatti. Il taglio dei parlamentari è una pura mutilazione della rappresentanza democratica e una spregiudicata operazione di marketing politico e lascia inalterati tutti i problemi più urgenti del nostro sistema istituzionale.

@carmelopalma