Di Arcuri, dei divani e del gioco delle tre carte
Istituzioni ed economia
Seduto sul mio divano Ikea da liberista del ceto medio declinante, ieri, mentre il Commissario straordinario per l’emergenza Covid, Domenico Arcuri discettava di prezzi e di calmieri e di domanda e di offerta di mascherine pensavo alla teoria di Habermas e Apel, secondo cui parlare è un vero e proprio atto morale, che implica non solo una correttezza formale, ma un’adesione personale a un’etica del discorso. Su questa base, molto più che su astratti criteri logici, si può distinguere la chiacchiera di un impostore e il dialogo tra “parlanti” impegnati a rispettare criteri comuni di verità, sincerità e comprensibilità. Insomma, parlando si “agisce”, perché le parole sono azioni che hanno conseguenze sull’intera comunità sociale. Di fatto, detto in altri termini, il gioco delle tre carte oltre a essere un inganno morale è sempre una sciagura politica.
Ieri il dottor Arcuri ha detto di avere emanato “un’ordinanza che ha fissato il prezzo massimo di vendita al consumo delle mascherine chirurgiche nell'esclusivo interesse dei cittadini; non ho mai pensato di dover fissare il prezzo massimo di acquisto delle mascherine. Penso che sia davvero importante comprendere e condividere questa differenza". Infatti è importante comprendere la differenza, peccato che così il dottor Arcuri non la spieghi affatto, ma piuttosto la “ripieghi” e confonda nella supposta differenza politica tra quanti attendono all’esclusivo interesse dei cittadini (lui), e quanti lucrano sui loro bisogni (gli speculatori) e tengono loro bordone (i liberisti da divano).
Il dottor Arcuri sa benissimo di non potere promettere che comprerà mascherine per soddisfare l’approvvigionamento garantito (in teoria) dal Commissario Covid a strutture sanitarie e farmacie a un prezzo inferiore ai 50 centesimi. Lo può sperare, ma non lo può promettere, proprio perché sa che il prezzo non si decide con un’ordinanza. Però ha comunque promesso che il prezzo di vendita al dettaglio non sia superiore ai 50 centesimi, dunque ha surrettiziamente stabilito che se necessario sarà sussidiato da parte dello Stato. In base all’accordo fatto con le farmacie per le forniture precedenti l’ordinanza, il Commissario si è già impegnato a pagare ai farmacisti la differenza tra il prezzo di acquisto, stabilito dal mercato e quello di vendita di 0,50 euro, fissato dal Commissario stesso.
Il dottor Arcuri non ha dunque tagliato i margini dei produttori di mascherine, ma ha sussidiato il prezzo di acquisto di tutti i consumatori con un contributo pubblico, per coprire la differenza tra il prezzo di mercato delle mascherine (quello negoziato con i fornitori e poi coi distributori) e il “prezzo politico” imposto di 0,5 euro (che vale per tutti gli italiani, gli Arcuri come i poveracci).
Visto che però il dottor Arcuri non lo fa con i suoi soldi, ma con i miei e con quelli del 99,9% dei contribuenti italiani (che sono tutti più poveri di lui), l’effetto redistributivo potrebbe essere regressivo e gravemente “antisociale” (come direbbero nelle trincee populiste, dove il dottor Arcuri sorseggia i suoi drink con il dottor Casalino, il Professore Conte e Sua Eccellenza il Ministro Di Maio).
Se, al di là delle difficoltà pratiche, si fosse deciso di riconoscere un’esenzione o uno sconto a spese dello Stato a determinate categorie di consumatori (anziani, disabili, malati cronici, poveri assoluti o relativi), il sussidio pubblico avrebbe avuto una motivazione sociale più coerente e comprensibile. Decidendo che lo “Stato” paga la differenza tra il prezzo di acquisto e il prezzo di vendita per tutti, il risultato è che saranno anche i poveracci a sussidiare le mascherine di Arcuri, sia quelle che indosserà, sia tutte le altre che si farà bello di avere fornito al Popolo.
Dalla sua il novello Don Ferrer Arcuri, a differenza di quanto successe con il prezzo del pane al Gran Cancelliere della Milano appestata de I Promessi sposi, ha il vantaggio di potere manovrare (con i soldi della BCE), perché sembri straordinariamente al popolo che la realtà si pieghi ai suoi decreti. Quindi probabilmente non avremo l’assalto alle farmacie, a differenza dell’assalto ai forni di manzoniana memoria, solo perché il Commissario di oggi dispone, a differenza del Cancelliere di allora, dei mezzi pubblici per tenere basso il prezzo al dettaglio, dando pure l’impressione di avere eroicamente domato il mercato.
Chi vuole approfondire tutti i possibili effetti collaterali della decisione di Arcuri, legga il precisissimo e esauriente articolo di Carlo Stagnaro e Luciano Capone oggi su Il Foglio. Ma rifletta in primo luogo che le parole di Arcuri sono quello che si dice una “cattiva azione” sociale e politica, come sempre è la propalazione di una menzogna.