Egregio Signor Presidente del Consiglio,

mentre il governo affidato alla Sua forte guida sospinge la Nazione verso le meritate destinazioni di gloria, Le giunga il saluto d’un popolo intero felicemente adunato nell’ottemperanza alle ingiunzioni della Sua personalità dominatrice. Non sia d’ombra alla serenità del Suo comando l’isolata attività di propaganda sediziosa vilmente organizzata da certi irresponsabili: si tratta di ignobili guastatori, incapaci di comprendere, secondo quanto Lei ci ha spiegato, che l’Italia risorgerà come già fece durante il miracolo economico del 1943, quando la Storia - perdoni ancora il richiamo alle immagini purissime della Sua eloquenza - “ci ha balzati” ai vertici delle potenze mondiali.

Lo sappiamo bene. C’è chi biecamente insinua che l’azione del Suo governo in questa temperie di crisi si stia sviluppando in uno sgangherato procedimento che sforna balordi articolati nella reiterazione pazzoide di ammonimenti a casaccio, presidiati da ridicoli quanto pericolosi dispositivi di un autoritarismo babbeo. Questa gentaglia non merita i cimenti della Sua rappresentanza (noi non dimentichiamo che Lei si è proclamato nostro patrono, l’avvocato del popolo), e deve trattarsi di infami esponenti della sparuta ma tanto odiosa militanza antipatriottica che osa agitare dubbi sulla perfezione esecutiva della ventunesima interpretazione autentica della settima circolare ministeriale, o che non comprende la grande angolatura delle politiche di governo precipitate nel decimoquarto modulo di autocertificazione.

Noi a quella schiatta non apparteniamo, e accogliamo disciplinati l’intimazione Sua e dei Suoi ministri a dimostrarci responsabili perché altrimenti vi tocca approvare norme sempre più ferree: giacché, lo capiamo perfettamente, la minaccia della galera non basta a rattenere certa intollerabile propensione delinquenziale, tipo pisciare il cane oltre i duecento metri da casa o abbandonarsi al delitto di non rispettare il metro di distanza.

Infine, Signor Presidente del Consiglio, sappia che l’Italia fiduciosa, lungimirante da otto milioni di balconi, non s’appassiona al dibattito, verosimilmente alimentato su istigazione di qualche perfidia olandese o alemanna, o vedi mai dalle cospirazioni ebraiche solertemente denunciate dai ranghi di sottosegretariato, non s’appassiona, dicevo, al dibattito sulle compatibilità costituzionali delle iniziative di governo introvertite nell’autismo delle decretazioni di salute pubblica.

Dalle finestre della Nazione si affacciano le genti migliori di questo Paese ferito e fiero: e anch’esso, ordinato nell’osservanza delle grammaticature di governo, davanti agli esperimenti subdoli delle attività antinazionali canta il suo forte me ne frego.

@iurimariaprado