Il 26 Gennaio 2020 va al voto anche la Calabria e come per l’Emilia Romagna anche l’appuntamento elettorale calabrese riveste un significato nazionale per gli assetti politici sperimentati.

Il PD invece di ricandidare il proprio Presidente uscente, Mario Oliverio, ha deciso di puntare su un imprenditore, Pippo Callipo, titolare di una delle più importanti aziende di lavorazione del tonno e figura da sempre attiva nelle battaglie per lo sviluppo endogeno e nel contrasto all’influenza nefasta della criminalità organizzata.

Oliverio, l’escluso, ovviamente resiste e minaccia di andare avanti da solo, alla faccia della tradizione comunista del centralismo democratico a cui per storia appartiene, e contro, quindi, le direttive della segreteria nazionale e dei commissari democratici per il Mezzogiorno e la Calabria.

Evidentemente, infatti, il personalismo in politica ha messo importanti radici in tutti partiti, movimenti e livelli istituzionali, e il solo pensare ad un ragionevole passo indietro, dopo una esperienza alla guida della Regione fatta di luci e di ombre ed evidentemente incapace di intercettare il consenso maggioritario dei calabresi, viene respinto come lesa maestà, nel fantasmagorico mondo dell’autorappresentazione di sé come insostituibile e unico e proprio nella regione dei mille mali endemici irrisolti e della necessità vitale d’una sperimentazione politica e sociale che, di certo, non può attardarsi sul destino di un singolo.

Ora, al di là dello psicodramma dell’ escluso e dei suoi sodali che sono giunti ormai – con la decisione di presentare liste autonome - al muoia Sansone con tutti i filistei, con il rischio di fare il gioco della destra, o per meglio dire, delle destre anch’esse in vero divise e non ancora capaci di indicare un candidato unitario, ciò che mi sembra interessante approfondire è la risposta alle domande: perchè un imprenditore? Perché, in Calabria, è oggi un imprenditore a rappresentare le istanze del Centrosinistra?  Zingaretti, infatti, non doveva essere quello delle vecchie e sicure logiche di bottega?  La possibile risposta non riguarda, mi pare, solo il PD di Zingaretti, riguarda il PD in quanto partito inter classista, socialista, democratico e liberale di massa.

La segreteria post renziana, infatti, non può che esprimere, anche in Calabria, il ruolo epocale che il Partito ha in Italia: rappresentare nel solco della storia del Centrosinistra l'alternativa spirituale, culturale e politica alle neo destre sovraniste, demagogiche e autarchiche. Non c'entra evidentemente l'affievolirsi della tradizione "di Sinistra" ma il fatto che questa tradizione, da anni, e per fortuna, si traduce nel metodo liberale e in un laburismo aperto al moto sociale e alla proficua dialettica impresa/lavoro, intesa in senso progressivo sia verso la crescita che verso le tutele sociali. In tal senso, in Calabria, la scelta di Callipo ha un senso, per così dire, riassuntivo, radicale.

Perché nel territorio della fame da lavoro e dell'impresa concussa dall'Antistato, nessuno più di un orgoglioso e testardo "uomo d'azienda" può vivificare l'impegno dei riformisti, perché in Calabria c’è bisogno di lavoro vero, generato da imprese vere, senza più mediazioni di potentati burocratici e ndranghetistici. Si tratta, in breve, di liberazione … altro che vecchia ditta!

In tale contesto, quindi, il tentativo di parte minoritaria del Centrosinistra di contrastare il progetto Callipo rinfacciando al candidato imprenditore una storia politica “non di sinistra” e, addirittura, simpatie destrorse, si palesa come strumentale, come la finzione di chi rivendica l’importanza dell’ideologia, di chi si arma di valori tradizionali come di una clava per aggredire “gli altri”, facendo finta di non comprendere come lo scontro in atto non si svolga a queste altezze siderali ma riguardi, molto più prosaicamente, la dialettica tra la conservazione di un assetto burocratico che rappresenta, ancora, una palla al piede per lo sviluppo - e che la Sinistra di Oliverio non è riuscita, purtroppo, nonostante le tante speranze, a scalfire - e l’ansia di rinnovamento che, al di là delle sigle e dei simboli di partito, è propria dei tanti calabresi che guardano alla Società aperta, alla libertà del lavoro e dell’impresa come a un Eldorado sconosciuto, inarrivabile, altro che pericolo neo liberista!

La candidatura di Callipo, quindi, ha il pregio di poter vivificare queste speranze troppo spesso tradite, "aprendo" la cultura riformistica ai fermenti della società libera ed orgogliosa, a quella cultura del merito e del profitto sudato con il duro lavoro che davvero può costituire un argine culturale contro le angherie delle sanguisughe dell’Antistato.

E cosa ci sarebbe meglio per i calabresi? Sarebbe meglio gongolare nelle sfaccettature ideologiche? Dividersi tra "puristi" e traditori? Difendere allo stremo una posizione superata (nella testa e nei cuori dei calabresi) con il rischio di frammentare il fronte democratico? Il pericolo della Conservazione, infatti, sta tutta dall'altra parte e gli amici "fino ad ora" progressisti che, oggi, esprimono critiche demolenti un progetto (quello di Callipo) di grande respiro, stiano attenti a non fare il gioco delle destre, a non favorire, con sterili distinguo, il ritorno al passato delle Istituzioni calabresi piegate ad interessi specifici, esclusivi, malavitosi. 

Callipo non è nuovo alla politica e ricordo, nel 2010, una bellissima conversazione con Marco Pannella, su Radio Radicale, quando Pippo Callipo si candidò a Presidente della Calabria armato solo di passione ed orgoglio e appoggiato, appunto, dai radicali, contro un sistema partitocratico asfissiante, tutto chiuso sulle logiche partigiane, lontano dagli interessi dei cittadini. Oggi, il progetto e i valori del merito, dell'intrapresa, del lavoro, del coraggio, della forza di una terra che non si arrende ai suoi mali endemici, intercetta il Centrosinistra, e il Partito Democratico fa bene ad aderirvi, a divenirne forza partitica propulsiva.

Il Fronte politico amministrativo del buon senso e del buon governo avrà di fronte, infatti, gli avversari di sempre: la reazione doppia e fintamente opposta di chi sogna l’arrembaggio delle destre affaristiche e degli interessi indicibili e di chi si crogiola nel purismo "pseudo rivoluzionario" d’una demagogia senza futuro, sorda alle ragioni dello sviluppo e della riforma del possibile.