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L’imitazione che Crozza fa di Calenda non è significativa per la sciocchezza del “piacicchio” ma perché rileva bene la sua indecisione e il suo complesso eccessivo per non avere una rete.

Calenda ha votato Emma Bonino e Paolo Gentiloni il 4 marzo 2018 e il 5 marzo si è iscritto al PD. Ha cominciato subito a parlare di Fronte Repubblicano, portandolo avanti con grande determinazione, scrivendo un manifesto e però sostenendo che a guidarlo dovesse essere Gentiloni, che non ne aveva alcuna intenzione e quindi non l’ha mai considerato. Allora ha provato il famoso invito a cena ai big del partito e anche lì ha ricevuto porte in faccia, aprendo e chiudendo lui stesso l’iniziativa su Twitter. Nello steso settembre dichiara, in una fase davvero confusa del partito, che “l’unico che dovrebbe candidarsi a fare il segretario del PD è il presidente dell’associazione di psichiatria”.

Negli ultimi mesi ha lanciato Siamo Europei, sottoscritto da tantissime persone, è intervenuto al congresso di +Europa, ha fatto da scrutatore alle primarie del PD, ha chiesto su Twitter a Macron di integrare il manifesto “Renessaince” col suo senza ottenere risposta, ha firmato per Volt. Lunedì sera ha dichiarato a un evento molto partecipato di aver proposto a questi ultimi di prendersi l’organizzazione di Siamo Europei perché “non ho una base, non ho una rete” ed è stato ovviamente respinto.

Ieri dopo l’incontro tra Zingaretti e Della Vedova sono tramontate definitivamente le possibilità di una lista Siamo Europei e Calenda ha affermato che si candiderà solo se il PD farà comunque una lista allargata ad altri soggetti, ma restano in campo solo partiti micro neanche rilevati dai sondaggi e la sinistra con cui Calenda aveva escluso di potersi fondere perché “puntano all’alleanza coi 5 Stelle”. Quindi sarebbe nel migliore dei casi ciò per cui verrebbe percepito dagli elettori: un maquillage del PD.

Carlo, smettila di sbattere contro porte chiuse a destra e manca. Non è inseguendo tutti che si diventa leader di tanti, ma è lanciandosi in avanti con una proposta propria e attirando altri che ti seguiranno. Non vaghi manifesti che possono essere sottoscritti da Pisapia fino al Foglio, ma iniziative politiche vere, che implicano decisioni concrete. Le reti politiche si costruiscono e tu hai tutti i mezzi e (avevi) tutto il tempo per costruirle. La nettezza che metti in quasi tutte le dichiarazioni, accompagnata da un atteggiamento non proprio conciliante richiede una dose di coraggio politico, altrimenti si resta col cerino in mano, andando a pietire candidature e reti da altri.

Aggiungo che la storia e la teoria insegnano che i raggruppamenti di partiti non fanno somme di voti, e che l’elemento più premiato in politica oggi, nel bene e nel male, è la chiarezza. Se 5 Stelle e Lega si fondessero prenderebbero meno voti della loro somma; e così accadrebbe per i tanti partiti di destra. Se le forze progressiste vogliono arrivare al 40% il PD allargato “tutto e niente” non può bastare. E penso anche che il “PD tutto e niente” sarebbe solo sempre più debole.

Se crediamo in una politica europea dobbiamo cominciare a prendere noi per primi seriamente il ruolo dei partiti europei e distinguere le diverse posizioni. Perfino la sciagurata esperienza della Brexit ci sta insegnando in questi giorni che in politica, dopo il domani, c’è sempre un dopodomani. I sovranisti si sono affermati con pazienza e nettezza: invece che sugli slogan fascisti, i progressisti prendano esempio su questo.