funerali grande

Ieri Travaglio e Polito hanno scritto all'unisono, l’uno sul Fatto, l’altro sul Corriere, che gli applausi a Di Maio e Salvini durante il funerale delle vittime di Genova dimostrano un legame forte tra il popolo e le istituzioni. Si tratta, viene da pensare, dello stesso tipo di legame che, come racconta il Manzoni nel XIII capitolo de I Promessi Sposi, ispirava la speranza e la devozione del popolo in tumulto per il gran cancelliere Antonio Ferrer, il quale aveva promesso il pane a prezzo politico e per sedare la rivolta e salvare dal linciaggio il povero vicario di provvisione, accusato di non procurare al popolo il pane promesso, era andato personalmente ad arrestarlo per il giubilo dei milanesi. “Il grido che predominava era: prigione, giustizia, Ferrer!”, scrive Manzoni, e uguale grido, solo con diversi cognomi, sarebbe predominato anche sabato scorso, se ai funerali fosse possibile gridare e non solo applaudire, come ora è di rito.

Per il crollo del ponte Morandi, martedì scorso, Di Maio e Salvini potrebbero in cuor loro avere riso di soddisfazione, come il palazzinaro che sghignazzò al telefono – ovviamente intercettato – dopo il terremoto dell’Aquila, pregustando le commesse per la ricostruzione. Ma i campioni dell’intercettateci tutti non sono (per fortuna) intercettabili, in quanto parlamentari e dunque non possiamo sapere nulla né del loro sentimento, né del modo in cui hanno preparato la macchina della propaganda e della disinformatia per lucrare il massimo vantaggio dalla sciagura e farne il simbolo di tutto il male denunciato e combattuto: l’austerità e le privatizzazioni, la finanza e il politically correct, la grande impresa e la “giustizia dei codicilli” (Toninelli dixit). Ogni anno muoiono a Roma decine di persone per incidenti causati dalle buche, dalla scarsa illuminazione, dall’assenza di segnaletica e dallo stato penoso del manto stradale, ma i morti di Roma, a differenza di quelli di Genova, non hanno colpevoli preordinati e altrettanto perfetti, visto che la Raggi e la giunta capitolina sono iscritti al partito degli inquisitori e non possono traslocare in quello degli inquisiti, mancando di un requisito di fondo: non sono dei “potenti”, pur rappresentando, detenendo e esercitando il potere, per il solo fatto di essere riconosciuti come estranei alla cosiddetta Casta e di avere ottenuto questo riconoscimento gratis, da parte degli altoparlanti della Casta stessa.

La ragione che sabato a Genova ha fatto acclamare i campioni della “nuova” Italia e fischiare quelli della “vecchia” (tranne il Capo dello Stato che in Italia è diventata una figura super-politica) è una strategia di condizionamento lunga più di un decennio, operata dall'informazione che i gialloverdi tuttora definiscono di regime. Sono la Rai, Mediaset, Sky, La7, il Corriere della Sera, La Repubblica… con migliaia di ore di trasmissioni e decine di tonnellate di articolesse indignate - tra scandalismo guardone, invidia sociale e poveraccismo etico-economico - ad avere persuaso l'opinione pubblica della natura criminologica, e non politica, dei guai dell’Italia, e dell’esistenza di un patto inconfessato a danno degli italiani che univa poteri occulti, partiti, finanza e grandi imprese. Tutto questo, senza parlare delle forze e delle leadership politiche “tradizionali”, che per rintuzzare l’assedio populista, vi si sono preventivamente arrese e hanno iniziato a tradurre nella neo-lingua antipolitica qualunque ragionevolezza o irragionevolezza politica. È come se in Italia, mutatis mutandis, fossero stati direttamente gli ebrei a scrivere i Protocolli dei Savi di Sion, per corrispondere e controllare meglio l’antisemitismo crescente. Un capolavoro di tattica suicida.

Salvini e Di Maio sono gli utilizzatori finali di questo processo di alienazione che ha fatto dell'Italia una sorta di Venezuela più ricco e dunque più pericoloso ed esplosivo e ha alimentato una patologica "voglia di sangue", che ha surrogato quel che nelle democrazie dovrebbe fisiologicamente esprimersi nel desiderio di libertà, prosperità e felicità pubblica e privata. Quelli che non si capacitano del perché oggi gli italiani plebiscitino i boia come Salvini e Di Maio, non vogliono ammettere che il jihādismo dell'onestà, "democratico" o no, porta sempre al potere dei tagliagola e all’ebbrezza della forca.

Era chiaro da tempo a chi avesse inteso vedere che Lega e M5S non volevano occupare il Palazzo, ma semplicemente sfasciarlo, trasformando tutto l'interno e l'esterno - cioè lo Stato e la società - in un cumulo di macerie. Nessun regime, se non quello della violenza santa, arbitraria e indiscriminata, con un parlamento ridotto a bivacco di manipoli dei Mullah Omar eletti e applauditi dal popolo, che sostituiscono la fatwa alla legge e la “sacra” volontà popolare alle regole e ai limiti del potere democratico.

@carmelopalma