Aula montecitorio

La maggioranza dei parlamentari che sbarcheranno oggi a Palazzo Madama e Montecitorio, per dare avvio alla legislatura più pericolosa d’Europa (non ancora del mondo), arriveranno forti di un successo riconosciuto dalla generalità dei commentatori, che si sono affrettati a leggere il trionfo di Di Maio e di Salvini come una sorta di salutare, anche se confuso, regime change. La trappola del successo, che in Italia impedisce di dir male di chi vince e obbliga invece a farlo di chi perde, fa dei due sfasciacarrozze della politica italiana due leader non solo legittimati dal voto, ma addirittura investiti di una missione storica provvidenziale.

Questo clima favorevole - che è una delle responsabilità del sistema dei media, ma anche della cultura alta e bassa dell’Italia anti-tutto - alla fine occulta l’abisso che l’Italia sta sfidando e il vuoto di pensiero e di virtù che questa “nuova” politica esprime come spazio libero di ogni desiderio e di ogni risentimento, predicando e praticando il divorzio della rappresentazione dalla realtà e della democrazia dalla responsabilità di governo.

Tsipras che qualche anno fa aveva conquistato il potere in Grecia in un modo altrettanto travolgente, con una sfida al potere di Bruxelles plebiscitata dallo stesso popolo che poi correva ai bancomat, per evitare di pagare il prezzo di tutta questa festosa e impazzita democrazia, poteva almeno contare sul responso dei mercati e dei “cattivi” di Bruxelles per ritrovare la carreggiata. Salvini e dI Maio, paradossalmente coperti dal QE della BCE, possono continuare a scherzare col fuoco ancora per settimane, senza temere che scoppi l’incendio e quindi possono continuare a promettere mari e monti, manna e vendetta per tutti, senza pagare alcun prezzo e al contrario indicando il tabellino dello spread come indice di affidabilità internazionale.

Oggi la discussione è quale rappresentante dei somari felici di esserlo sarà nominato capoclasse della Camera e quale del Senato e a quali acrobatiche geometrie le pretese di Di Maio e di Salvini - o di entrambi - saranno affidate nel primo scorcio di una legislatura che potrebbe finire come è nata, cioè male, o proseguire pure peggio, cioè incartata nelle norme manifesto - i vitalizi, gli immigrati, la “sovranità” - che entrambi hanno promesso per lenire e soddisfare la frustrazione dei rispettivi elettori.

Il fatto che i partiti che spregiano la democrazia parlamentare, come luogo e forma di inciuci inconfessabili, oggi stiano trattando in modo oscuro con tutti e su tutto non sembra essere considerato segno di contraddizione o di ipocrisia. Il fatto che in tutte queste trattative non ci sia nulla di possibile, né di utile, se non a perfezionare lo scambio “contrattualizzato” al momento del voto - meno tasse, più spesa pubblica - è un’altra di quelle verità che è impossibile pronunciare senza essere iscritti d’ufficio, anche dai giornaloni, tra gli sfigati invidiosi del successo altrui. Il meccanismo che ha portato per anni i media e la cultura italiana a preparare il terreno per la gramigna dell’antipolitica li spinge oggi a propagandare le virtù “farmacologiche” di questo veneficio inoculato nelle vene della democrazia italiana.

Prima che l’autogestione dei due vecchi fuoricorso e professionisti della politica “contro” faccia troppi danni, servirebbe che la maestra suonasse la fine della ricreazione. Ma in Italia non c’è la maestra e non si trova, a quanto pare, neppure più la campanella.

@carmelopalma