La Grande Coalizione è necessaria (non solo in Germania)
Istituzioni ed economia
Pare che il segretario della SPD, Hubertus Heil, ieri abbia raccolto l'appello del filosofo Habermas (ultimo patriarca vivente della "Scuola di Francoforte" che tentò una rigenerazione del marxismo) di non chiudere la porta, dopo il fallimento del tentativo di Angela Merkel di formare un Governo con i Verdi e con i Liberali (sempre più risucchiati da posizioni populiste ed euroscettiche).
Come si sa Angela Merkel avrebbe voluto riproporre la "grande coalizione" che ha governato la Germania negli ultimi anni, ma Martin Shulz chiuse la porta a un nuovo accordo che oggi, invece, autorevoli esponenti della socialdemocrazia tedesca riaprono, speriamo con successo. L'Europa - e anche noi - ha bisogno di una Germania stabile.
Anche in Germania, come diceva alcuni giorni fa Eugenio Scalfari, l'alternativa oggi in Europa è essenzialmente tra la democrazia "liberale", fortemente orientata in senso sociale, e il populismo, essenzialmente di destra, che, riducendo la democrazia alla mera espressione del voto e alla investitura di un "capo", introduce nel corpo sociale il germe dell'autoritarismo. Questo mutamento "genetico" del confronto politico porta a una conseguenza, e questo evidentemente Martin Shulz non lo ha capito: forze storicamente alternative (come sono CDU e SPD), ma accumunate dalla condivisione di alcuni valori, innazi tutto costituzionali, oggi devono trovare un punto di convergenza per governare questo tempo di profondi cambiamenti, che si sono fatti sentire (e si faranno sentire ancora) sulla "carne" della gente, soprattutto di chi ha svolto professioni e attività messe a dura prova dal cambiamento.
Lo scenario che si trovano davanti la CDU di Angela Merkel e la SPD non è molto diverso da quello che si è proposto all'indomani della "discesa in campo" di Berlusconi. La decisione di un pezzo importante della storia democratico-cristiana, di quella laico-liberale e socialista di scommettere prima in un'alleanza (l'Ulivo) e poi, addirittura, di dare vita a un partito "comune" ancorché plurale (il PD) con chi fuoriusciva dalla tragedia del fallimento comunista, nasceva dalla consapevolezza che, da un lato, le tradizioni democratiche non di sinistra non potevano essere svendute al populismo berlusconiano, ammantato di moderatismo, e che solo l'unità di coloro che avevano a cuore l'essenza dei vaori "repubblicani" e "costituzionali" avrebbe costituito la vera alternativa al populismo.
Oggi in Germania si trovano davanti allo stesso bivio. O SPD e CDU trovano un'intesa per guidare con Macron, con Renzi e con altri leader europei delle famiglie democratiche il processo di completamento dell'Europa nel segno della libertà e di una rinnovata, condivisa "fraternité" o la CDU verrà risucchiata su posizioni populiste, di difesa della "tradizione" e della "germanità", mentre la SPD, per sopravvivere, finirà per chiudersi nel recinto di una sinistra nostalgica e massimalista, orgogliosamente minoritaria.
Certo, l'esempio del PD, con i suoi "stop and go", non è del tutto rassicurante per chi si vuole o si deve avventurare su questa strada. Tuttavia l'argomentum a contrariis (pensate cosa sarebbe successo se la destra avesse governato ininterrottamente questo Paese fino a 4 anni fa e poi avessero vinto Grillo, Di Battista, Di Maio ecc.), e anche il fatto che CDU e SPD non si portano dietro le eredità pesanti di PCI e dell'ultima DC, portano a ritenere che rendere "normale" un'alleanza fino ad oggi considerata "contronatura" sia l'unica soluzione per chi ha cuore il futuro della democrazia europea.