Oclocrazia

La legge sui vitalizi oggi corrisposti a 2600 ex parlamentari e a qualche altro migliaio di ex consiglieri regionali è, a suo modo, esemplare, ma non nel senso del "buon esempio". Dimostra la subalternità culturale della politica alla vulgata antiparlamentare e la disperata rincorsa del Pd a una legittimazione antipolitica che non potrà mai conseguire, ma solo continuare a pietire e a vedersi rifiutare dagli autoproclamati capibanda dell'indignazione popolare.

Il fatto stesso che qualcuno al Nazareno abbia pensato di rintuzzare l'attacco di Grillo e di Salvini, sottoponendosi spontaneamente alla gogna apprestata contro i politici, conferma che "quos Deus perdere vult, dementat prius". Quella di ieri è una vittoria totale di Grillo e di Salvini, non perché si sono "toccati" i vitalizi, ma perché si è scelto di toccarli così, con una legge volutamente discriminatoria, che identifica la rappresentanza parlamentare con il parassitismo politico e dichiara non tollerabile il solo privilegio previdenziale degli eletti del popolo ma non quello - sacrosanto e acquisito - del "popolo".

Cosa sarebbe successo se una legge avesse riequilibrato le prestazioni previdenziali erga omnes, prevedendo un ricalcolo parziale di quelle più alte e più sussidiate, da far valere per tutti, parlamentari e no, e ovviamente per i parlamentari nella misura accresciuta dalla natura del sussidio implicito nella loro prestazione, rispetto al calcolo contributivo?

Cosa sarebbe accaduto se una maggioranza di governo, o anche trasversale, avesse voluto porre il tema, francamente ineludibile, dello squilibrio generazionale della spesa previdenziale, solo parzialmente rimediato dalla riforma Fornero, e avesse proposto, onestamente, di aprire un cantiere che considerasse non intoccabili tutti i diritti acquisiti, ma provasse a ricostruire un edificio più equilibrato, senza seppellire nessuno sotto le macerie di quello precedente?

Sarebbe successo un pandemonio, di fronte al quale le proteste contro il decreto Salva Italia del governo Monti, che fece in venti giorni una riforma attesa da venti anni, sarebbero apparse una manifestazione di sofisticata urbanità. Così, anziché incamminarsi verso una legge che comportasse un ulteriore (e politicamente gravoso) riequilibrio della previdenza, ci si è accomodati verso un provvedimento didascalicamente punitivo, nella speranza che foraggiando della carne viva di ex parlamentari ottantenni il coccodrillo dell'antipolitica, questo accetti di risparmiare (pia illusione) i parlamentari in carica e di premiare la loro disponibilità a sacrificarsi e a sacrificare gli ex colleghi come soli beneficiari dei privilegi della "Casta". Si devono dimezzare i vitalizi, ma non si possono toccare di un centesimo le pensioni. E così sia.

Questo passaggio dall'immunità all'ordalia, da un senso di superiorità rispetto agli elettori a un sentimento di inferiorità rispetto al popolo, non è un passaggio dal male al bene, ma da una cattiva politica a un'altra, cioè dall'oligarchia all'oclocrazia. Il "Palazzo" che questa abolizione retroattiva dei vitalizi riconsegna al Paese non è più difendibile, ma ancora più sputtanato e indifeso: una marionetta nelle mani dei pupari dell'invidia sociale.

@carmelopalma