Theresa May elezioni

Chi ha vinto le elezioni generali nel Regno Unito? Non i conservatori di Theresa May, che le ha convocate sicura della vittoria e si è trovata ridimensionata e a un passo dalla defenestrazione. Non il labour di Jeremy Corbyn, che pure ha fatto un risultato straordinario viste le premesse, ma è comunque arrivato secondo e senza chances di governo. Non gli scozzesi dell’SNP, che hanno visto tories e socialisti fare incetta dei loro seggi, mettendo a repentaglio le loro chances di ottenere un secondo referendum sull’indipendenza. Non i Libdem, che hanno aggiunto qualche deputato allo scarno bottino raccolto nel 2015, ma sono lontani dall’essere influenti.

A dieci giorni dalla data di inizio prevista per i negoziati sulla Brexit, chi ha più da guadagnare da questa situazione di stallo si trova dall’altra parte della Manica. I veri vincitori delle elezioni britanniche sono a Bruxelles, già pronti al tavolo delle trattative ad un braccio di ferro che possono solo vincere. Theresa May voleva una legittimazione popolare ed una maggioranza rafforzata per poter “fare della Brexit un successo”. E’ uscita dalle urne con richieste di dimissioni che le pendono sulla testa, una decina di deputati in meno ed una credibilità perduta.

“Chi volete che vi rappresenti ai negoziati, io o Jeremy Corbyn?” chiedeva durante la campagna elettorale, lasciando intendere una debolezza insita al leader laburista, troppo prono secondo lei ai dettami dell’Ue. Ora non ci saranno né lei, né Corbyn, a meno di improbabili magheggi nei corridoi di Westminster. Le coalizioni sono estranee alla tradizione britannica e ci vorrebbe parecchia fantasia per immaginarne una solida con questi numeri. Il sogno di un governo “forte e stabile” promosso dal marketing conservatore non ci sarà. E possiamo solo immaginare la reazione di Jean-Claude Juncker e Donald Tusk di fronte ad una situazione del genere. Già l’Unione Europea aveva il coltello dalla parte del manico per una semplice questione di dimensioni e di potenza di fuoco, ora può ulteriormente dettare le condizioni.

Sarà interessante vedere se i Conservatori riusciranno a creare un governo, se questo sarà guidato da Theresa May o da qualche paladino della Brexit come Boris Johnson o se occorrerà andare a nuove elezioni. Pensare che il voto euroscettico si trasferisse direttamente ai tories è stato un errore che hanno fatto in molti. Se è vero che i conservatori hanno fagocitato il voto dell’UKIP, è altrettanto vero che le zone “rosse” del Nordest e del Galles, tradizionalmente laburiste, che hanno votato per la Brexit sono rimaste fedeli ai socialisti. Jeremy Corbyn non è certo un paladino dell’europeismo, ma il suo approccio alle relazioni con l’Ue è molto più soft e permetterebbe la permanenza nel mercato unico.

Certo viene voglia, vedendo i risultati di oggi, di chiudere gli occhi e tentare di immaginare cosa accadrebbe se il referendum sulla permanenza nell'Ue fosse domani. Ma le condizioni odierne sono state determinate anche e soprattutto dal risultato arrivato il 23 giugno di un anno fa. La Brexit corre inesorabile su un piano inclinato e ora ancora più accidentato, e bisogna comunque farci i conti.