Guidi dimissioni

C'è una ragione per cui di fronte alla distruzione della vita pubblica e privata dell'ex Ministro Guidi né il Presidente del Consiglio, né il Ministro della Giustizia, né alcun 'potente' di partito e di governo in servizio e non ancora azzoppato o ammazzato da una spiata mediatico-giudiziaria pronuncerà una sola parola, che non sia di dissociazione dal destino dell'ex collega e di fiducia nella magistratura e di rispetto della libera stampa.

C'è una ragione per cui da decenni i giornali (tutti i giornali italiani che contano, nessuno escluso) possono violare liberamente la legge e pubblicare intercettazioni segrete o comunque non riproducibili, ma solo (e solo in alcuni casi) "notiziabili", senza correre altro rischio che quello di scocciare l'editore perché liquidi la ridicola ammenda prevista per l'infrazione, dopo averne incassato un guadagno - di pubblico, di ruolo e di quattrini - enne volte superiore.

C'è una ragione per cui le procure possono usare le intercettazioni non come strumento di indagine, ma come mezzo di prova della obiettiva disparità morale tra accusati e accusatori e della superiore legittimità "democratica" del potere togato, immacolato nella sua devozione alla legge e all'interesse generale, rispetto a un potere politico sinistramente immortalato nell'immondezzaio quotidiano di soperchierie, debolezze e risentimenti privati che è la lotta per la vita e per il comando, in ogni contesto e a ogni latitudine.

C'è una ragione per cui i processi e i loro esiti, in tutti gli scandali politicamente più succulenti, diventano una faticosa e inutile esternalità, che serve a legittimare i mezzi e i fini di un attivismo formalmente requirente, ma sostanzialmente politico, non impegnato a reggere al vaglio del giudizio, ma a conquistare il consenso e la riconoscenza dell'opinione pubblica, che - così ben ingozzata di particolari disgustosi e soddisfatta della propria indignazione - delle sentenze, ovviamente, non sa che farsene, avendo già scoperto e compreso ben prima la "verità".

C'è una ragione per cui a potersi opporre a questo schema, che dai tempi di Tangentopoli inchioda l'Italia alla falsa alternativa tra l'immunità e la forca, sono solo i delinquenti che non hanno nulla da perdere e i santi che non hanno niente da guadagnare, e che difendono lo Stato di diritto e la segretezza delle conversazioni e della corrispondenza, malgrado le procure e la stampa istruiscano sapientemente il popolo a giudicare queste pretese "idealistiche" come una ammissione di colpa o di complicità coi colpevoli.

C'è una ragione per tutto questo: il silenzio è il prezzo del ricatto. Di fronte al meccanismo infernale che scoperchia e umilia le vite dei potenti, qualunque potente - e qualunque sistema di potere - è indifeso e può solo sperare di venire risparmiato. Non c'è alcun argine deontologico né nella stampa, né nelle procure italiane, a quest'uso pettegolo e denigratorio del potere di informazione e di indagine. Non c'è alcuna resistenza culturale nelle élite italiane a una cattiva abitudine che si è consolidata, fino a divenire uno "stile". Non c'è nessuna remora di gusto in un'opinione pubblica imbambolata dall'illusione di vendicare i torti subiti e destinata ad accrescere la domanda di scandalo.

Bisognerebbe essere matti, per dire che il trattamento riservato all'ex Ministro Guidi e la gogna mediatica allestita per distruggerne l'immagine sono semplicemente disgustosi. Infatti, nessuno lo farà.

@carmelopalma