Nazionalismo, sindrome suicida. Come sempre nella storia europea
Istituzioni ed economia

Il voto francese, con l'exploit del Front National di Marine Le Pen, conferma che nella politica europea la dialettica di fondo non è tra destra e sinistra, ma tra 'aperto' e 'chiuso'. A confrontarsi sono i sostenitori di un ripiegamento nazionalistico sempre più esplicito e gli interpreti di uno spirito europeista purtroppo - salvo rare eccezioni - sempre più timido e rinunciatario.
Il nazionalismo non rappresenta una risposta vera alla crisi politica europea, anche dove elettoralmente raccoglie ampi consensi e consolida la propria aura vincente.
La disintegrazione politica, economica e civile della costruzione europea e il ritorno ad un'Europa di paesi divisi da frontiere e da monete nazionali comporterebbero un passo indietro in termini di crescita, benessere, sicurezza e stabilità e farebbero ripiombare il continente in un clima di ostilità fratricida, come quello che abbiamo visto, pochi anni fa, riaccendersi nei Balcani sulla spinta del fanatismo nazionalista ed etnico-religioso.
Il nazionalismo è stato e rimarrà in Europa una sindrome suicida. Forti di questa consapevolezza, per noi liberali occorre serrare orgogliosamente i ranghi a difesa della società aperta e dell'integrazione europea. Su tutti i temi più delicati che l'Europa deve affrontare - dalla crisi economica, ai fenomeni migratori, all'emergenza terrorista - solo l'unione fa la forza.
Anche il confronto necessariamente onesto ed esigente con l'Islam europeo va ancorato allo schema della società aperta e della laicità costituzionale. Se c'è una guerra di religione islamista, non può esserci, come risposta, alcuna guerra di religione anti-islamica.
Nel mondo sempre più grande, l'Europa sempre più piccola resisterà nella sua identità recente di patria delle libertà, della democrazia e della sicurezza con il coraggio delle riforme e dell'unità, non tornando ad essere quella divisa e nazionalistica di ottant'anni fa.
È vero che dobbiamo riformare radicalmente l'Unione Europea, ma non perché sia peggio delle istituzioni delle nostre città o dei nostri Paesi: noi la vogliamo riformare in meglio come tutte le cose che amiamo e che sentiamo come Patria.
