Est-Ovest, tirannia e libertà: la Lituania di fronte alla minaccia russa
Istituzioni ed economia
E chi mai parlerebbe di bomba atomica, in pubblico? Un capo di Stato di una potenza nucleare lo ha fatto: Vladimir Putin. Nel corso del documentario "Crimea, il ritorno a casa", trasmesso questa settimana per celebrare un anno di annessione della penisola da parte della Russia, il presidente dice testuali parole: "Per risolvere la situazione in Crimea, ero pronto a utilizzare le armi nucleari". Grazie per avercelo detto, verrebbe da pensare. Per dieci giorni di Putin non abbiamo saputo più nulla. E quando riappare, in un documentario registrato mesi fa, esordisce con la minaccia, a posteriori, dell'arma totale.
Da quando consideriamo "normale" che un capo di Stato, di una potenza nucleare, sparisca dalla circolazione per dieci giorni, senza dare spiegazioni? Cosa diremmo se a parlare di atomica fosse stato un presidente americano (nemmeno George W. Bush lo ha fatto, nemmeno dopo che la capitale degli Usa era stata attaccata da Al Qaeda)? Dieci anni fa, quando in Iran era presidente Mahmoud Ahmadinejad e aveva pronunciato il suo primo celebre discorso anti-sionista, quello dello "spazzeremo via Israele dalla carta geografica", la reazione del mondo era stata una corale indignazione e allarme. Comprensibile. Anche se l'atomica, l'Iran, non ce l'aveva e non ce l'ha ancora oggi, quella dichiarazione era stata giustamente intesa come un cattivo segnale. La Russia, al contrario, l'atomica ce l'ha eccome: quanto a numero di testate possedute e schierate, è la prima potenza nucleare al mondo, batte anche gli Usa. Ed evidentemente ha un presidente che considera il loro uso. Quando? Mentre si accingeva ad occupare una regione (la Crimea) di un altro paese sovrano europeo. Cioè mentre compiva la prima vera invasione in Europa dal 1945.
Tutti questi elementi (un'occupazione, una minaccia dell'uso dell'arma atomica, una sparizione non giustificata del leader della prima potenza nucleare del mondo) basterebbero a riempire interi volumi di analisi, ore e ore di video, dovrebbero creare un allarme mai vissuto a questa intensità nella storia recente europea. Eppure viviamo il tutto con nonchalance. Di Russia non si parla tanto. Quelli che lo fanno, sono soprattutto i fans di Putin.
Ci sono paesi, però, in cui la minaccia di Mosca non è affatto sottovalutata. In Lituania, prima di tutto, confinante con la exclave russa di Kaliningrad, hanno ripristinato la leva obbligatoria. Ne abbiamo parlato con lo storico lituano Rokas Tracevskis, autore de "La guerra sconosciuta", sulla resistenza armata all'occupazione sovietica, la più lunga della storia d'Europa, che andò avanti dal 1944 al 1953, senza alcun aiuto dall'esterno. Tracevskis ci spiega che i lituani sono ancora pronti a disperdersi, armati, nelle loro immense foreste, nel caso ai russi dovessero tornare nostalgie imperiali anche verso il Baltico. In caso di bombardamento atomico, non servirebbe a nulla. Ma ad una "normale" invasione, i lituani si stanno preparando concretamente, forti della loro esperienza passata. "L'occupazione sovietica è durata, in tutto, mezzo secolo. La resistenza ha dato ispirazione agli indipendentisti della generazione scorsa, ha fornito la base ideale della dissidenza. Il primo segno di disgelo, alla fine degli anni Ottanta, è consistito soprattutto nella pubblicazione, senza censura, delle memorie dei partigiani. I film sovietici di guerra ce li mostravano come i cattivi da sconfiggere. Noi sapevamo leggere in quelle inquadrature e vedevamo in loro, in quei "cattivi", gli eroi che ci venivano descritti dai nostri nonni e genitori, nelle nostra conversazioni segrete, a casa. L'indipendenza, la libertà, la scelta dell'Occidente, sono stati tutti retaggi dell'esperienza partigiana. Oggi la resistenza dei Fratelli del Bosco (così si chiamavano, negli anni '40) sta tornando sulla bocca di tutti, proprio per la ben nota tensione con la Russia.
E non solo in Lituania. Anche in Ucraina si sta combattendo, contro russi e milizie pro-russe, una vera guerra partigiana, da parte di volontari ucraini che si ispirano alla nostra esperienza". In Ucraina, ci spiega Tracevskis, "venne combattuta la più sanguinosa guerra di resistenza contro l'Urss, subito dopo la liberazione dal nazismo. E questo accomuna la loro storia recente con la nostra. Ai giorni nostri, la presidente lituana, Dalia Grybauskaite, è stata 'eletta' dagli ucraini come la loro prima amica (il secondo è Carl Bildt, ex ministro degli Esteri svedese e il terzo è il senatore statunitense John McCain)". E i destini dei due paesi sono ora legati: "Finché l'Ucraina resiste e preserva la sua indipendenza, la Lituania sarà al sicuro. Per questo siamo oggi l'unico Paese della NATO che fornisce armi all'esercito ucraino".
Ma esiste il pericolo concreto che la Russia invada un Paese membro della NATO? "In Russia, attualmente, tutto dipende dalle decisioni di un solo uomo. Tutto è possibile, dunque. Magari, all'inizio, il Cremlino ha alimentato la retorica sciovinista solo per consolidare il suo potere sulla società russa. Ma questa politica ha contribuito a creare una vera e propria isteria sciovinista. E quindi viviamo in una fase storica in cui i russi vorrebbero ricostruire un impero. Inutile nascondercelo". Ma la NATO interverrebbe sicuramente, in caso di invasione della Lituania ... "E' una domanda interessante", ci risponde Tracevskis, ridacchiando fra sé. "Personalmente credo che il Baltico sia la vera linea rossa della NATO, quella che farebbe scattare l'articolo 5, di mutua difesa. Ma l'opinione pubblica lituana è scettica, su questo punto. La maggioranza, interpellata da un sondaggio televisivo, ha risposto che non crede, o per lo meno dubita, che la NATO voglia intervenire in Lituania, in caso di invasione russa. Questo scetticismo è cresciuto nell'ultimo mese, soprattutto dopo gli accordi di Minsk 2 sull'Ucraina, che qui sono stati letti come un nuovo compromesso di Monaco, come quello del 1938, quando le potenze occidentali diedero la Cecoslovacchia in pasto a Hitler. In questo caso, Germania e Francia hanno dato l'Ucraina orientale in pasto a Putin. C'è poi un secondo motivo di scetticismo ed è l'atteggiamento di Barack Obama, sempre più disattento all'Europa e alla sua sicurezza. Ripeto: io tenderei invece a credere alla NATO e alle sue intenzioni. Non solo sono presenti truppe americane sul nostro suolo, ma vengono condotte anche sempre più esercitazioni congiunte. La potenza militare americana è l'unica che Putin sembra rispettare, ancora".
Con tutto questo parlare di nuova guerra fredda, abbiamo chiesto a Tracevskis cosa voglia dire "Ovest" ed "Est" negli schieramenti di oggi, dopo la fine dello scontro planetario fra democrazia e comunismo. "I loro significati sono rimasti all'incirca gli stessi di prima, nonostante qualche differenza minore. E' sempre una contrapposizione fra libertà e tirannia".