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Come abbiamo provato a documentare nell’ultima monografia di Strade il fumo alternativo - sigarette elettroniche e riscaldatori di tabacco - rappresenta la principale opzione terapeutica nella lotta al tabagismo.

Ma Governo, Parlamento e giudici nel nostro paese sembrano ancora imprigionati in un combinato disposto di paranoia proibizionista (contro qualunque succedaneo della “maledetta” sigaretta) e di bulimia affaristico-fiscale (a protezione di un mercato, quello del fumo tradizionale, che versa all’erario ogni anno quasi 15 “benedetti” miliardi di euro tra accise e iva).

Il talebanismo ipocrita dello Stato verso le sigarette elettroniche e verso gli altri prodotti di nuova generazione, ha però effetti collaterali sempre meno politicamente presentabili. Le persone che muoiono ogni anno in Italia per patologie legate al fumo sono tra le 70.000 e le 85.000. Nei 300 centri antifumo sono presi in carico annualmente solo 16.000 degli 11,5 milioni di fumatori italiani. Per liberarsi dal “vizio” (termine improprio e moralistico), quasi tutti ricorrono al fai-da-te, la gran parte con risultati fallimentari.

Tutti possono smettere di fumare, molti fumatori a un certo punto, consapevoli dei danni e della schiavitù della dipendenza, provano a smettere, ma non ci riescono. Quello di come accompagnare milioni di fumatori fino al momento in cui ci potranno riuscire è il vero nodo delle politiche di contrasto ai danni da fumo. Accompagnarli, nel senso di farceli arrivare vivi e possibilmente in salute. Se alcuni milioni di fumatori transitassero tra le fila dei vapers e sostituissero integralmente il fumo del tabacco combusto con i vapori delle e-cig o con il “fumo freddo” dei cosiddetti riscaldatori, nel giro di pochi anni la mortalità da fumo si ridurrebbe drasticamente.

Nel Regno Unito le sigarette elettroniche sono prescritte ai fumatori dai medici di base e sono pubblicizzate dalla Royal Society for Public Health, il Italia il Ministero della Salute continua stolidamente ad avversarle.

In questo quadro, negli ultimi giorni un micidiale uno-due si è abbattuto sul settore del fumo elettronico. Da una parte la Consulta ha dichiarato costituzionale un’imposta di consumo sulle e-cig analoga a quella gravante sui tabacchi lavorati, del tutto a prescindere dalla diversità dei danni connessi all’utilizzo di due prodotti non solo diversi ma tendenzialmente (e auspicabilmente) alternativi. Dall’altra un emendamento al decreto fiscale della senatrice Vicari, approvato nella Commissione Finanze di Palazzo Madama, sottopone la vendita e la distribuzione delle sigarette elettroniche alle all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e vieta il commercio dei prodotti online contenenti nicotina.

Il suggello di questa deriva irrazionalistica delle politiche pubbliche è paradossalmente rappresentato proprio da un passaggio della sentenza della Consulta, che ha ritenuto costituzionalmente legittimo perfino sovratassare anche i prodotti nicotine-free, perché "il livello di conoscenze attuali in materia di fumo elettronico non sembra essere tale da assicurare l’innocuità dei liquidi senza nicotina". Come se una prova di questo tipo fosse logicamente e scientificamente possibile.

Sfugge, ai supremi giudici, che dal punto di vista scientifico non è mai provabile, in assoluto, che una sostanza sia innocua, ma solo quando, a quali condizioni e in quale misura possa essere nociva. Siamo, nell’altro palazzo del più alto colle romano, al livello dei no vax, che continuano a chiedere di provare che i vaccini non provocano l'autismo: "se non è dimostrato che lo provocano, nessuno ha mai dimostrato in maniera definitiva neanche il contrario!"