berdini

L'assessore all'urbanistica del comune di Roma Paolo Berdini ha scritto una lunga lettera al Fatto Quotidiano per denunciare un nuovo complotto. In buona sostanza, l’assessore ipotizza che il colloquio pubblicato da La Stampa sia una reazione dei poteri forti ai suoi no allo stadio della Roma. La lettera è un agglomerato di invettive ideologiche e "fatti alternativi", quindi un briciolo di fact checking è quanto mai utile.

Racconta Berdini: “Un ragazzo mi si è presentato nella sala della conferenza come un militante cinquestelle e abbiamo parlato a lungo di questioni romane. Solo dopo, all’esterno, sono caduto nella trappola con una registrazione illegale.” Quindi chiede: “Perché tenere quattro giorni la registrazione nel cassetto” (e farla uscire solo dopo il parere negativo del comune sullo stadio)?

Bisogna ricordare a Berdini come si è arrivati alla diffusione dell'audio: dopo la pubblicazione del colloquio, l'assessore dice di non conoscere il giornalista, lo accusa di aver origliato (nascosto chissà dove) una conversazione privata, lo insulta pesantemente a mezzo stampa e in televisione. A quel punto scatta il linciaggio via web del giornalista da parte dei militanti cinquestelle, che minacciano lui e la sua famiglia. Così la Stampa, per chiarire le responsabilità, decide di pubblicare l'audio.

La registrazione delle parole di Berdini, tra cui la perla: “Mo’ fa’ conto quello che penso io, che rimane veramente fra noi, poi lo utilizzi: un anonimo ti ha detto... Cioè questi erano amanti", dimostra che:

1) Berdini sapeva bene di parlare con un giornalista.

2) Gli parlava perché voleva che le sue dichiarazioni fossero pubblicate, e gli suggeriva di pubblicarle in forma di intervista anonima. Tentava insomma di usare un giornalista per infangare il suo sindaco.

3) Il giornalista non si limita ad ascoltare: interviene, domanda. Dunque non stava origliando. Se Berdini non sapeva chi fosse, perché gli risponde?

4) Alla fine del colloquio, a ulteriore dimostrazione della consapevolezza della situazione, Berdini domanda al giornalista: "Sei precario?"

Segue quindi, nella lettera al Fatto, la consueta invettiva contro lo stadio: “È evidente che vogliono farmi fuori. Il vero punto è la colata di cemento che si vuole imporre a tutti i costi a una città già martoriata”. E ancora: “Una speculazione di un milione di metri cubi di cemento: un regalo da un miliardo e mezzo di euro. Lo stadio di Tor di Valle è il banco di prova per fermare blocchi di potere che da sempre difendono la speculazione fondiaria e finanziaria a scapito dei diritti dei cittadini”.

Di nuovo, assistiamo a un’opposizione di principio, ideologica e priva di sostanza, contro gli investimenti privati nella riqualificazione urbana. Qual è la definizione di “speculazione fondiaria”? Vogliamo definire speculazione qualsiasi investimento immobiliare privato a scopo di lucro? Vogliamo criminalizzare il concetto di profitto e i privati che tentano di conseguirlo?

Un miliardo e mezzo di euro è l'investimento complessivo della Roma: perché chiamarlo "regalo"? Come pensa che si costruiscano le città, Berdini? Con le collette di beneficenza dei cittadini? Evidentemente per l’assessore è irrilevante che il bilancio del comune versi in condizioni disastrose e che la Roma si sia impegnata a fornire alla città, a sue spese, opere pubbliche per 450 milioni di euro, tra cui un nuovo parco fluviale delle dimensioni di Villa Borghese. Che la periferia in cui si vuole costruire sia oggi abbandonata da tutti, a partire dalle istituzioni. Che il progetto rivitalizzerebbe un’economia locale agonizzante generando, secondo le previsioni, un aumento cumulato del Pil provinciale di 18,5 miliardi di euro, una riduzione della disoccupazione dello 0,8% e un aumento del gettito fiscale di 1,4 miliardi di euro (di cui almeno 30 milioni entrerebbero nelle casse del Comune di Roma) nei successivi 9 anni. Una rassegna dettagliata delle conseguenze economiche del progetto stadio mostra chiaramente che la città avrebbe tutto da guadagnare dalla sua realizzazione.

I vantaggi sono talmente netti che si avrebbe la tentazione di definire il progetto un colpo di fortuna per la città, ma la fortuna non c’entra: c’entrano invece l’intraprendenza e l’assunzione di rischio da parte di investitori privati e la lungimiranza e la capacità negoziale dell’amministrazione precedente, in cui assessore all'urbanistica era un amministratore serio e competente come Giovanni Caudo.

Ancora una volta si ha la sensazione di assistere alla criminalizzazione ideologica dell'iniziativa economica privata da parte di esponenti del M5S e all'affermazione del principio che le istituzioni non devono coinvolgere gli investitori nella trasformazione della realtà urbana.

Uno degli aspetti più paradossali della vicenda, comunque, è che in questo momento Berdini potrebbe essere il male minore. Le persone che, secondo le indiscrezioni, la sindaca Raggi sta valutando per sostituirlo sono parimenti o forse ancora più avverse all’innovazione urbana e altrettanto inclini alle contrapposizioni ideologiche. Forse è meglio un Berdini commissariato che un altro fanatico galvanizzato dal nuovo incarico.