Titolo V della Costituzione e regionalismi all’italiana: il caso TAP
Innovazione e mercato
La Puglia è un nodo fondamentale per il grande metanodotto TAP (Trans Adriatic Pipeline), parte di un progetto strategico per l’Europa per diversificare le fonti di approvvigionamento di gas rispetto alla Russia, che renderebbe l’Italia (insieme ad Albania e Grecia) un hub del gas proveniente dall’Azerbaijian: 10 miliardi di metri cubi all’anno (espandibili fino a 20 miliardi), da immettere nella rete nazionale Snam e da spedire nel resto d’Europa.
Le coste del Salento, quelle di San Foca nella marina di Melendugno, sono state scelte come punto d’approdo del metanodotto, ma, come spesso accade, il regionalismo à l’italienne si mostra per quello che è: il regno dell’iper-localismo, il mostro finale per gli interessi strategici nazionali, alimentato dal cortocircuito costituzionale delle competenze concorrenti tra Stato e Regioni. Se è normale (perfino auspicabile, sotto certi aspetti) che la realizzazione di opere importanti faccia emergere questioni e conflitti in materia ambientale, turistico-economica, di immagine e politico-istituzionale, è anche vero che la legittimità di questi ultimi deriva dall’impegno a trovare e accettare soluzioni ragionevoli.
Soprattutto, come in questo caso, se di fronte abbiamo la necessità italiana (ed europea) di slegarsi il più possibile dalla Russia in materia di approvvigionamento energetico, anche in previsione di una ripresa economica che prevedibilmente porterà a un aumento dei consumi (nel 2016, ad esempio, il fabbisogno di gas ha ripreso a crescere dopo molti anni di caduta). Ed è meno normale che tali questioni rappresentino quasi sempre fattori di blocco, ancor di meno se l’opera in questione ha un impatto minimo e ogni “piccolezza” viene esasperata e presentata come se fosse un fattore catastrofico per il territorio.
A frenare il TAP, oggi, è una manciata di ulivi che dovranno essere spostati per permettere il passaggio del tubo (sono circa 2mila nel tratto di 8km interessato, su 6 milioni presenti in Salento, nessuno monumentale). Ne ha parlato il ministro Carlo Calenda (che però ha fatto riferimento solo a 231 ulivi da espiantare) in una recente puntata di Porta a Porta per sottolineare i possibili effetti positivi della riforma del Titolo V della Costituzione, che azzera - almeno sulla carta - le competenze concorrenti Stato-Regione, restituendo allo Stato l’esclusività in materia di energia.
La soluzione è stata già trovata e approvata a livello ministeriale: espiantare gli ulivi nei mesi tra novembre e aprile, fare i lavori e riposizionarli dov’erano, insieme ai muretti a secco che verranno ricostruiti con le pietre appositamente conservate e numerate. Ma la Regione ha dato il via libera parziale alla prescrizione A44 sul ripristino ambientale, impedendo di fatto l’espianto: il Comune di Melendugno - spiega Il Sole 24 Ore - ha respinto il progetto di Tap dopo le osservazioni dei Vigili del Fuoco sulla distanza tra le sedi di reimpianto degli ulivi e la proiezione a terra del contorno della condotta, e la Regione ha preso atto del divieto di movimentazione degli ulivi nelle zone infette dalla Xylella (sic!).
Il problema è che le prescrizioni dei vigili del fuoco non valgono, perché riguardano solo gli alberi ad alto fusto (e gli ulivi saranno pure grandi ma non sono ad alto fusto), la condotta del gas non interferirà con le piante e le prescrizioni sul contenimento di Xylella non influiscono sui lavori. Risultato? In Puglia si fa finta di nulla e l’autorizzazione non viene concessa, tenendo di fatto in scacco l’opera.
Ma che i localismi oggi abbiano un potere abnorme nel contesto degli interessi nazionali lo dimostrano anche altre resistenze legate al Tap. Pur essendo praticamente invisibile - il microtunnel di cemento armato largo un metro e mezzo sarebbe completamente interrato onshore e, offshore, passerebbe ben al di sotto della preziosa Posidonia, sbucando in mare a quasi un chilometro dalla costa - un’altra preoccupazione è quella della perdita della vocazione turistica di San Foca. "Lei porterebbe sua figlia a costruire i castelli di sabbia sopra un gasdotto che ha una pressione di 145 bar? E che ne sarà della balneazione e della pesca in quel tratto di mare?" ha detto a Reuters il sindaco di Melendugno, preoccupato forse che i bambini scavino fino a 10 metri di profondità con paletta e secchiello o che i pescatori vengano intralciati da un tubo appoggiato al fondale marino. Se questi sono i punti critici dell’opera, è evidente che siamo davanti a un non-argomento, chiedere a Ibiza e Maiorca dove un’infrastruttura simile (seppure più piccola) non ha portato via un turista (né un pescatore) che sia uno, ed è stata accolta come un fattore positivo per accelerare la crescita.
Regione, Comune di Melendugno e movimenti No-Tap sono fermi nella loro contrarietà all’approdo del tunnel a San Foca. Il governatore Michele Emiliano vuole che il Tap approdi direttamente a Brindisi, che ha già una vocazione industriale ed è più vicina alla centrale Snam di Mesagne, ma a Brindisi non lo vogliono, ne hanno già abbastanza. Sarebbe poi una soluzione che avrebbe un impatto ambientale peggiore: dovrebbe attraversare aree protette (a livello regionale, nazionale ed europeo) e habitat naturali di interesse e inoltre necessiterebbe di tecniche di costruzione più rischiose. Insomma, la controproposta di Emiliano è molto peggiore del progetto originale contro cui lui stesso si batte e appare più come una mossa per non mostrarsi del tutto contrario al gasdotto e, al contempo, farsi vedere vicino alle comunità locali in chiave politica anti-goverantiva, mantenendo tutto nel limbo.
Nel frattempo è in corso la guerra delle carte bollate tra enti locali e governo. Dopo alcuni esposti, sul progetto sono state aperte e archiviate inchieste giudiziarie: tutto è risultato regolare. Ma, dopo che il Tar del Lazio si è già pronunciato a favore del TAP, pende ancora un ricorso al Consiglio di Stato presentato da Regione e Comune di Melendugno per l'applicabilità della normativa Seveso, per il terminale di ricezione del gasdotto, l'illegittimità della procedura di valutazione di impatto ambientale e l'illegittimità dell'iter con il quale il governo ha superato il dissenso della Puglia sulla localizzazione dell'approdo a San Foca. La prossima udienza è in calendario a gennaio 2017, sperando che non sia troppo tardi.