La legge che impone i giorni di chiusura ai negozi online
Innovazione e mercato
L’Ufficio Complicazione Affari Semplici è l’unico che, in questo paese, lavora a pieno regime anche nel periodo estivo. Ne è la dimostrazione il disegno di legge al vaglio del Senato al vaglio del Senato, è già stato approvato alla Camera, che prevede una stretta sulla liberalizzazione (non sia mai che si corra il rischio che ve ne sia troppa, in questo paese) degli orari dei negozi.
All’obbligo di chiudere le saracinesche per 12 giorni all’anno sarebbero soggetti, infatti, anche i distributori automatici e le attività di e-commerce. Questo tipo di attività commerciali, infatti, non figurano nell’elenco delle “esenzioni” previste nel ddl (bar, ristoranti, cinema, ambulanti, ecc.)
Quella che si preannuncia è una situazione paradossale: i negozi online dovrebbero chiudere? Esattamente come? E in un mercato globale come quello del web, qualora un divieto tanto assurdo venisse fatto applicare, quale sarebbe il costo reale che subirebbero i negozi online italiani? Infatti i siti di e-commerce stranieri non sarebbero soggetti alla normativa, e potrebbero, nei giorni “proibiti”, dragare gli utenti italiani verso le loro attività.
Su tutta la vicenda rimane sospeso l’interrogativo dell’effettiva necessità di una legge che dispone l’obbligo di chiusura dei negozi per 12 giorni all’anno. L’antitrust ha espresso parere contrario, ma i pareri dell’antitrust in questo paese tendono ad avere la stessa efficacia degli oroscopi, mentre Confcommercio è favorevole, come riportano i giornali:
«Le nuove disposizioni lasciano intatta la libertà degli esercenti di restare aperti anche 24 ore al giorno. Quello che verrebbe introdotto è soltanto l’obbligo di chiusura nelle 12 festività nazionali 6 delle quali potrebbero tuttavia essere sostituite dagli esercenti con altrettanti giorni a loro libera scelta. Ci sembra una regolamentazione minima»
Ma se è una regolamentazione tanto “minima” da essere descritta come “trascurabile”, allora davvero se ne potrebbe fare a meno, con vantaggio di tutti, a cominciare dal senso del ridicolo del legislatore.