Il mercato del fumo cambia pelle. Dopo la sigaretta elettronica si sta diffondendo un nuovo dispositivo a potenziale impatto sanitario ridotto che potrebbe rivoluzionare le abitudini dei consumatori. Un trend in crescita in tutto il mondo che vede schierati piccoli produttori e major del tabacco in una corsa all’innovazione per inventare il dispositivo maggiormente in grado di sostituire le sigarette. Oltre ai possibili effetti sulla salute c’è un’altra notizia positiva: la filiera dell’innovazione del tabacco parla principalmente italiano.

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A vederlo distrattamente, l’IQOS, il riscaldatore di tabacco di Philip Morris, sembra una sigaretta elettronica, ma è tutt’altro. Il nome ricorda il fortunato smartphone, ma a realizzarlo non è la Apple, bensì la Philip Morris. È un apparecchietto nel quale si inserisce una sigarettina speciale (uno stick, lo chiamano in gergo) con dentro tabacco che viene scaldato attraverso una lama di platino e oro che raggiunge i 350 gradi Celsius. Il prodotto sta raccogliendo successo soprattutto nel mercato asiatico, in particolare in Giappone, dove è avvenuto il lancio pilota insieme all’Italia, e in Corea del Sud. Il paese del Sol Levante, tra i 27 Paesi dove il prodotto è stato lanciato, è il mercato più avanzato con una quota nazionale superiore al 10%.

Di elettronico in IQOS c’è il dispositivo e la batteria che lo ricarica (dopo ogni uso), ma il prodotto è tabacco e non un suo sostituto. E quelli che scelgono la sigaretta elettronica proprio per allontanarsi dall’amata e odiata nicotiana tabacum? Hanno le loro ragioni e le loro preferenze: il mercato è bello proprio perché consente a ognuno di cercare la propria nicchia di gradimento e le aziende, grandi e piccole, fanno del loro meglio per ideare e lanciare nuovi prodotti in grado di soddisfare ogni tipo di esigenza. Ne esistono di ricaricabili con cartucce o con liquido e mono-uso, di grandi e piccole, con resistenze più o meno potenti. Un micro-cosmo in continua evoluzione, alla ricerca dell’innovazione giusta per far cambiare le abitudini dei fumatori e convincerli ad abbandonare per sempre le tanto amate, quanto odiate, bionde.

Piccole e grandi aziende continuano a investire nello sviluppo di nuovi prodotti facendo assomigliare sempre di più il tradizionale mercato legato al consumo di tabacco a un settore dominato da innovazione e start-up. Un fenomeno intercettato e raccontato dalla rivista internazionale «Bloomberg Businessweek» che in un lungo reportage ha provato a illustrare come sta cambiando il settore del fumo davanti alla sfida della riduzione dei rischi associati alle sigarette. Agnostic nicotine delivery solutions, agnostici dispositivi che rilasciano nicotina, li ha definiti il magazine statunitense evidenziando come la sfida, sottolineata peraltro in un recente intervento del nuovo direttore della Food and Drug Administration americana, sia quella di trovare il modo di rilasciare nicotina senza combustione, principale causa delle malattie fumo-correlate.

Uno sviluppo nato in Cina nel 2003 grazie all’invenzione della prima e-cig da parte di Ho Lik, un farmacista il cui padre era morto di cancro ai polmoni, ma i cui albori risalgono a molto tempo prima all’interno dei dipartimenti di Ricerca e Sviluppo delle grandi multinazionali, già impegnate dagli inizi degli anni ’90 a trovare alternative meno rischiose alle sigarette. Curiosando in rete, infatti, si scopre che tecnologie che miravano a riscaldare il tabacco erano già state lanciate negli anni Novanta dalla R.J. Reynolds Tobacco, con un prodotto chiamato «Eclipse», e da Philip Morris International. Tecnologie che però, nonostante gli sforzi, non riuscirono a sfondare.

Oggi la situazione è completamente diversa. E se Philip Morris grazie a investimenti superiori ai 3 miliardi di dollari è già pronta, dopo IQOS, a lanciare altre tre tipologie di prodotto sia a tabacco riscaldato che e-cig, le big del tabacco non stanno a guardare. Proprio in Giappone, dove maggiore è il successo di IQOS, la British American Tobacco ha lanciato il proprio riscaldatore di tabacco chiamato “glo”, e la Japan Tobacco ha iniziato a commercializzare Ploom TECH, un sistema basato su un dispositivo elettronico con capsule di tabacco (in sostanza, le capsule di tabacco sono inserite nel dispositivo che genera vapore, il quale passa attraverso la capsula stessa).

La competizione chiaramente non riguarda solo i riscaldatori, ma anche le sigarette elettroniche. Prodotti diversi commercializzati e lanciati in giro per il mondo alla ricerca della quota di mercato necessaria, come dichiarato da André Calantzopoulos, CEO di PMI, a smettere di produrre sigarette. Una ventata di innovazione tecnologica non da poco in un settore rimasto sostanzialmente identico a se stesso per secoli. Un’innovazione che parla anche italiano sia in termini di design, per quanto riguarda le sigarette elettroniche, sia dal punto di vista produttivo. Italiani, infatti, sono molti dei liquidi utilizzati nelle sigarette elettroniche e italiano è lo stick di tabacco utilizzato in IQOS. PMI ha infatti investito quasi un miliardo di euro in uno stabilimento nuovo di zecca vicino a Bologna, dove oggi gli oltre 600 lavoratori realizzano la quasi totalità degli stick esportati e venduti nel mondo.

Sul fronte dei liquidi per e-cig, invece, si è distinta in questi anni la Flavourart, l’azienda italiana di Massimiliano Mancini, Presidente di ANAFE-Confindustria. Nata come produttrice di aromi alimentari, ha saputo cogliere con tempismo l’opportunità del nascente mercato del fumo elettronico e, nel 2009, è stata la prima azienda europea a proporre liquidi da inalazione prodotti “in casa” e non provenienti dalla Cina. Questo gli ha permesso di ottenere in pochi anni un’ampia visibilità non solo in Europa ma in tutto il mondo, contribuendo a rafforzare il vaping Made in Italy, sinonimo di prodotto di eccellenza.

Se chiaramente i benefici sulla salute rappresentano il presupposto fondamentale di questi nuovi tipi di prodotti, non si può non guardare con interesse a un nuovo settore industriale che nelle intenzioni di tutti dovrà soddisfare la domanda di oltre un miliardo di fumatori in tutto il mondo. L’Italia, questa volta, può giocare un ruolo.

@R_LoMonaco