Tutti gli errori di Paolo Giordano su Israele, Hamas e Hezbollah
Diritto e libertà

Non ero prevenuto nel mettermi a leggere il lungo articolo, a firma di Paolo Giordano, pubblicato dal Corriere della Sera dell’8 ottobre. Mi ci sono messo con genuino interesse, ma devo dire che perlopiù non ci ho capito niente e che, per il resto, avrei preferito non capire.
L’argomento dell’articolo di Giordano, intitolato “Medio Oriente, la speranza scomparsa”, è la guerra di Gaza e del Libano, la guerra che Giordano dice “scaturita dall’attacco del 7 ottobre” e che io chiamo la guerra di Hamas e di Hezbollah, che è una cosa molto diversa. Salvo credere che sia solo questione nominalistica dire che la guerra sia “scaturita” dal Sabato Nero, anziché da lì “cominciata”. Ma vediamo oltre.
L’autore si intrattiene lungamente sull’auto-isolamento cui si è costretto dopo aver capito che “chi ha tentato di costruire opinioni più sfumate o mutevoli nel tempo, chi ha deciso da un certo punto in poi di non esprimersi affatto constatando la propria insufficienza, è stato schiacciato arbitrariamente contro questa o quella parete ideologica”. Denuncia, Giordano (ed è la temperie dalla quale ha ritenuto di doversi escludere: “mi sono ritratto”), la logica “o con noi o contro di noi”, la quale “ha prevalso ovunque” sfociando negli “atti anche simbolici di annientamento” di cui poi fa l’elenco. E mentre di quel che c’è prima dell’elenco, appunto, non ho capito pressoché nulla (in che senso si constata “la propria insufficienza” quando si tace - che so? - sul segretario generale dell’Onu secondo cui il 7 ottobre non viene dal nulla?), di quel che c’è da lì in poi credo di aver capito tutto abbastanza bene. E avrei preferito, ripeto, continuare a non capire.
Il primo degli “atti anche simbolici di annientamento” che Giordano mette in rassegna è costituito dalla manifestazione anti-israeliana e antisemita che inopportunamente, secondo l’autore (ma inopportunamente non perché anti-israeliana e antisemita), è stata organizzata “dopo un anno di manifestazioni sacrosante per ottenere un cessate il fuoco a Gaza”. Sacrosante? In una sinagoga milanese, mentre andava in stampa l’articolo di Paolo Giordano, Liran Berman, un israeliano che ha due fratelli minori rapiti da Hamas, diceva: “A voi tutti chiedo di cambiare terminologia: la liberazione degli ostaggi porterà il cessate il fuoco”. Chissà in quante delle manifestazioni che Paolo Giordano definisce “sacrosante” è stato chiesto a Hamas di liberare gli ostaggi affinché cessasse il fuoco. Chissà quante reclamavano il cessate il fuoco a prescindere dagli ostaggi. Chissà in quante non erano assenti gli inni alla resistenza di Hamas. Chissà quante issavano cartelli con la Stella di David trasfigurata in svastica. Chissà quante denunciavano il “genocidio”. Sacrosante, dice Giordano.
L’elenco di Giordano prosegue con “le mappe di Netanyahu in cui Gaza e la Cisgiordania non esistono”. Io (ma posso sbagliare) la mappa in cui Gaza non esiste non l’ho vista, e sulla mancanza della Cisgiordania si potrebbe dire che mancava quella come mancavano altre cose (non c’era il Mar Morto, per esempio, e allora?). Ma, come si dice, il punto non è questo. Il punto è che le dirigenze israeliane, così come gli israeliani, non vogliono la cancellazione dei palestinesi, mentre le dirigenze palestinesi, e una buona parte della società palestinese, vogliono la cancellazione degli israeliani. E direi che è sacrosanto saperlo e riconoscerlo.
Direi che è sacrosanto sapere e riconoscere che non ci sono generali e civili israeliani vogliosi di fare dieci, cento, mille 7 ottobre in Giudea e Samaria. Direi che è sacrosanto sapere e riconoscere che, al contrario, quel desiderio c’è nelle zone “occupate”. Le quali, se smettessero di essere occupate (cosa che deve succedere, ma non può succedere ora, e non “a prescindere”), genererebbero esattamente i dieci, i cento, i mille 7 ottobre che evidentemente gli israeliani debbono tollerare di poter subire in prospettiva se non vogliono pregiudicare la pace pacifista reclamata dalle sacrosante manifestazioni dal fiume al mare.
Avanti. Scrive Giordano: “Abbiamo visto che un paese che sente di combattere una guerra esistenziale non accetta alcun tipo di ammonimento da alleati, amici, potenze più potenti, corti internazionali di giustizia…”. Prego? Israele è un paese che “sente” di combattere una guerra esistenziale? Lo “sente”? E quali sarebbero gli ammonimenti di cui non si cura, mentre è così implicato in questa sua incomprensibile ossessione? Di non entrare a Rafah? Di non entrarvi, magari (Giordano fa riferimento ai processi internazionali), giacché, come diceva in una sua requisitoria un avvocato del Sud Africa, “se cade Rafah, cade Gaza?”. Quali “ammonimenti” di quali “amici”? Il tira e molla di Joe Biden, finito quando ha visto che, un minuto dopo l’inizio delle operazioni a Rafah, Hamas cominciava a mollare? O le belle trovate di un ministro di Cuneo secondo cui Israele deve tirarsi indietro perché “sta seminando odio”?
Avanti ancora. “Abbiamo visto”, scrive Giordano, “centinaia di persone accalcarsi come insetti attorno ai camion degli aiuti umanitari e poi venire falcidiate”. Evidentemente Giordano non ha visto quelli che, armati, assaltavano quei camion. E adoperare il termine “falcidiate” rinvia a una deliberazione omicida che non si adatta, se non in termini propagandistici, a un incidente sicuramente gravissimo e probabilmente determinato da colpe altrettanto gravi: ma non era il plotone di esecuzione che, come invece è stato scritto, sparava sulla gente affamata in fila per il cibo.
“Abbiamo visto”, scrive ancora Giordano, “un’operazione di omicidi a distanza condotta attraverso la manipolazione di apparecchi elettronici, su una scala così vasta che ancora oggi, quando ci ripenso, vengo assalito dall’incredulità”. Credo di capire che l’incredulità di Giordano riguardi la vastità della scala. È probabile che la vastità dell’intervento dipenda dalla vastità dei bersagli, ma mi pare che non sia questo a suscitare l’incredulità di Giordano. Né il fatto che l’operazione sia stata assai poco, cioè per nulla, indiscriminata.
Non voglio andare oltre, anche se la materia non mancherebbe. Solo l’ultima nota su quest’ultimo punto, articolato in “sineddoche” da Paolo Giordano: “l’eradicazione di Hamas… che diventa all’atto pratico la devastazione totale della Striscia” e “l’assassinio di decine di migliaia di civili”.
La devastazione di Gaza, con l’uccisione di quanti più civili, non è l’obiettivo perseguito da Israele per eradicare Hamas: è l’obiettivo perseguito da Hamas per eradicare Israele nel concorso degli altri fronti che lo assediano. Se non si capisce questo, poi si definiscono “sacrosante” le manifestazioni per il cessate il fuoco.
